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«Armi spuntate contro i clan»

REGGIO CALABRIA Quando, alla fine di oltre due ore di incontro, il procuratore aggiunto della Dda Nicola Gratteri tira il fiato e si presta a firmare copie su copie del libro scritto con Antonio Ni…

Pubblicato il: 23/05/2013 – 12:28
«Armi spuntate contro i clan»

REGGIO CALABRIA Quando, alla fine di oltre due ore di incontro, il procuratore aggiunto della Dda Nicola Gratteri tira il fiato e si presta a firmare copie su copie del libro scritto con Antonio Nicaso, mentre a decine si accalcano per passargliene una sotto il naso, ha quasi difficoltà a trovare le parole. «È un segnale, tanta gente, tanti giovani alla Mediterranea fino alle nove per parlare di `ndrangheta, questo è un segnale importante».
Pur reduce da affollatissime presentazioni in tutta Italia e nella sua Calabria, Gratteri probabilmente non si aspettava un’accoglienza del genere all’università che lo vede impegnato anche nella veste di professore – o meglio, dicono alcuni suoi studenti ed ex studenti – di educatore. «È stato lui – dice  un ragazzo, nascosto in fondo alla sala – a farmi capire davvero quanto devastante sia stata la `ndrangheta per il quotidiano di tutti noi e di questa terra. È lui un eroe della mia terra».
Parole che se ascoltate dal diretto interessato, forse metterebbero in imbarazzo l’aggiunto della Dda reggina che in carnet, forse più di tutti, vanta condanne e arresti illustri, ma è solito dribblare facili elogi. Soprattutto quelli di prammatica. Tanto meno è uomo uso a cullarsi sugli allori di quanto già fatto.
Al contrario, anche la presentazione della sua ultima fatica – “Dire e non dire. I dieci comandamenti della `Ndrangheta nelle parole degli affiliati”, scritta a quattro mani con Antonio Nicaso – è occasione per denunciare quanto ci sia ancora da fare.  Se è vero che la `ndrangheta è un’industria milionaria con fatturati da capogiro, che muove milioni attraverso i continenti con la stessa semplicità con cui un cittadino normale attraversa le strade della propria città, quello delle `ndrine è e rimane – spiega Gratteri –  un impero basato sul consenso.
«State attenti che quando voi sparate alle serrande, alle macchine, quando voi terrorizzate il popolo, il popolo vi abbandona!», diceva un capobastone di Locri intercettato nell’ambito dell’inchiesta Primavera nel 1998 e che Nicola Gratteri ha ricordato ora di fronte a una platea gremita e attenta, svelando uno se non il principale punto di forza e di debolezza insieme delle `ndrine: la loro capacità di creare consenso anche grazie ad un’immensa liquidità che con oculatezza sanno come e quando distribuire.
Una strategia che nonostante  molte cose siano cambiate da quel summit del 1969 a Montalto in cui venne sancito che «non esiste una `ndrangheta di Ntoni Macrì e una di Mico Tripodo», rimane intatto il nucleo di regole che sta alla base di quella `ndrangheta moderna che a quella riunione ha avuto il suo battesimo ufficiale. Per gli affiliati la `ndrangheta è «la più bella cosa perché ha le più belle regole» dice in proposito Antonio Nicaso cui è affidato il compito di spiegare come questo sistema criminale abbia ancora la testa ben piantata in Calabria, ma abbia ormai esteso i propri tentacoli in tutto il mondo.
«Le `ndrine – aggiunge Nicaso – sono un virus che contamina le economie e le società in cui si radica, grazie anche – se non soprattutto –  a quelle insospettabili contiguità con la politica e l`imprenditoria che hanno fatto della `ndrangheta una multinazionale del crimine». «Un impero contro cui le Procure italiane – tuona Gratteri – hanno le armi spuntate perché in Europa non esiste una comune legislazione antimafia, tanto meno la `ndrangheta è una priorità per Bruxelles». E al di là dei confini dell’Ue – dove più di un latitante ha trovato riparo in Paesi che non prevedono l’estradizione per reati di mafia perché il crimine associato non è riconosciuto come reato  – la situazione è se possibile peggiore.
«Se le strutture istituzionali sovranazionali non sono neanche in grado di imporre alle multinazionali dell’informatica l’obbligo di fornire agli inquirenti le chiavi di decriptazione dei programmi che permettono agli `ndranghetisti  di comunicare indisturbati allora vuol dire che gli interessi economici prevalgono su quelli di sicurezza». Un atteggiamento miope che contraddistingue anche la lotta al narcotraffico, sottolinea l’aggiunto della Dda reggina, per il quale «l’Onu non è scesa dal trentesimo piano per parlare con i cocaleros, ma ha preferito mettere i soldi nelle mani di un’amministrazione in larga parte corrotta. I contadini non li hanno mai neanche visti quei soldi. Ma il problema è che se la Colombia producesse granoturco, forse metterebbe in crisi i granai del Texas». Un’allusione sottile alle politiche internazionali di contrasto ai narcos in America Latina – troppo spesso legate alle esigenze politiche ed economiche degli ingombranti vicini –  che il procuratore Gratteri lascia cadere con tutta l’autorità di chi ha costruito fra le più importanti indagini in materia, smantellando cartelli in grado di gestire la spedizione a ciclo continuo di interi container di stupefacenti. Ma soprattutto, un’allusione che Gratteri può fare con la lucida autorità di chi ha compreso che la vera lotta al narcotraffico e alla `ndrangheta che lo governa, si fa nelle scuole e nelle piazze, mettendo a nudo il vero volto delle `ndrine di fronte a chi potrebbe rimanerne affascinato.
Una linea di pensiero che sembra condividere con il procuratore capo Federico Cafiero de Raho, anche lui ospite alla Mediterranea, che auspica: «Dobbiamo essere educatori, non insegnanti» per sconfiggere il «primo vero nemico della Calabria, che è la `ndrangheta». A poco più di un mese dal suo arrivo, confortato dalle prime risposte – forse inaspettate – che la città ha saputo dare fino ad oggi, il procuratore capo non nasconde la vastità del problema: «La `ndrangheta è riuscita ad accumulare la forza che ha oggi perché molti sono stati indifferenti. Sarebbe stato facile sconfiggerla se non ci fossero state l’economia e la politica a darle forza». Due fronti su cui il nuovo procuratore sembra voler puntare nel prossimo futuro e con idee ben precise su come procedere: «Le banche sono un  canale importantissimo per l’economia mafiosa. È lì che grandi somme di danaro spariscono ma dobbiamo dotarci di strumenti idonei per poter intervenire». Strumenti nuovi con confrontarsi con un fenomeno antico, ma consapevoli di un dato: «Lo Stato siamo noi e lo Stato ha bisogno del contributo di tutti noi». (0010)

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