REGGIO CALABRIA Le ragioni dell’autonomia, del decentramento e della sussidiarietà da un lato e quelle dello Stato dall’altro. A rappresentarle, rispettivamente, al seminario promosso ieri dal consiglio regionale della Calabria, il professore Antonio Spadaro, autorevole accademico (ordinario di diritto costituzionale e pubblico comparato presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria) e Saverio Lo Russo, (direttore generale del dipartimento Affari regionali ed Autonomie di Palazzo Chigi), uomo-chiave nell’attività di verifica della legislazione regionale sia sotto il profilo della legittimità costituzionale che di quello della compatibilità con la normativa statale e comunitaria.
Angolazioni diverse, opinioni a tratti di segno opposto, ma più spesso convergenti sulle questioni più importanti nell’assetto delle relazioni tra Stato e autonomie territoriali in un momento storico che registra «nuove spinte centralistiche ed un acceso dibattito sul ruolo e sulle funzioni delle Regioni».
Interessanti gli argomenti di riflessione al seminario coordinato dal capoufficio stampa del Consiglio Romano Pitaro, che ha visto grande partecipazione e suscitato interesse da parte dei dirigenti e degli altri dipendenti di Palazzo Campanella. Oltre ai relatori, hanno partecipato al dibattito – dopo l’introduzione del presidente del consiglio regionale Francesco Talarico – i consiglieri Aurelio Chizzoniti, Antonio Scalzo e Giuseppe Giordano. Presenti il segretario generale Nicola Lopez e il capo di Gabinetto Pasquale Crupi.
Il presidente Talarico ha detto che «il potere legislativo in capo alle Regioni è il potere che ci consente di organizzare il nostro futuro rispondendo meglio alle peculiarità del territorio e alle attese della comunità. Negli ultimi tempi si è lavorato in direzione di un maggiore virtuosismo legislativo grazie anche ad un maggiore confronto, all’impegno dell’ufficio legislativo che ha garantito oggettività ed imparzialità nell’esame e nella valutazione dei testi ed all’eliminazione della possibilità di presentare emendamenti dell’ultima ora che non consentivano un controllo complessivo sui provvedimenti. Siamo dunque riusciti a ribaltare un triste primato. Abbiamo lavorato allo snellimento della legislazione regionale anche attraverso l’abrogazione di oltre 400 leggi, con l’impegno, tra l’altro, di redigere testi unici per materia che speriamo di ultimare entro fine legislatura. I cittadini devono essere messi nelle condizioni di conoscere la normativa regionale che va pertanto adeguatamente divulgata. Occasioni di studio e di approfondimento come quella odierna consentono a tutti di crescere e di irrobustire il senso di appartenenza alle Istituzioni, facendo crescere, per tale via, la Regione e la Calabria».
Riduzione della produzione normativa, miglioramento della qualità della legislazione, istituzione di organismi che valutino la qualità, la fattibilità e la sostenibilità finanziaria delle leggi: questi i passaggi sui quali c’è stata ampia condivisione al seminario dal titolo “L’esame di legittimità costituzionale della legislazione regionale e delle Province autonome ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione”.
Di certo, c’è da fare i conti con «una riforma incompleta, fatta male e che non ha visto l’emanazione delle norme attuative».
Per il professore Spadaro «per molto tempo, la storia delle controversie Stato-Regioni è stata una storia di due contendenti – più che intelligenti e ragionevoli – maldestri e furbastri, perché pronti a “ritagliarsi” spazi talora imprevedibili attraverso vari sotterfugi, secondo la logica di una competizione quasi infantile. Da ultimo, si è consolidata una diffusa prassi di “mediazione”, anzi di “contrattazione” fra governo e Regioni, sul delicatissimo terreno della produzione legislativa regionale, quando una delle principali novità della riforma del Titolo V è stata invece proprio quella di cancellare il ricorso preventivo dello Stato sulle leggi regionali, con ciò riconoscendosi finalmente la piena ed effettiva autonomia politica delle Regioni. I disegni di legge regionale (e le stesse leggi regionali) sono atti “delle Regioni”, espressione cioè di autentica autonomia politica delle stesse. Ora, invece, sia pure per un fine nobile, si è instaurata una prassi che ritorna al contestatissimo modello di ‘contrattazione preventiva’, in cui le Regioni finiscono col piegarsi ai voleri del governo».
Per Spadaro «bisogna creare, ove non esistano ancora (come in Calabria), organi di garanzia endo-regionali, le cosiddette Consulte statutarie, che – nella veste di organi tecnici della Regione, autorevoli e indipendenti – controllino in via preventiva le leggi, ed in genere gli atti regionali, impedendone la promulgazione se illegittimi, perché in contrasto con lo Statuto, con la Costituzione e con le fonti comunitarie. È solo attraverso l’attività di questi organi – se funzionassero di più e meglio – che vedrebbe ridotto il contenzioso presso la Corte costituzionale».
Il punto di vista del governo è stato offerto da Saverio Lo Russo, tra l’altro, curatore del volume “La Giurisprudenza della Corte Costituzionale nei giudizi promossi dal governo ai sensi dell’art. 127 della Costituzione – anni 2009-2012”. Anche per Lo Russo, che ricopre un ruolo chiave nell’attività di armonizzazione delle leggi regionali con le leggi nazionali, nonché nella prevenzione del possibile conflitto di competenze fra diverse Regioni, «le carenze del nuovo Titolo V e la sua mancata integrazione da parte del sistema politico nazionale hanno prodotto molti problemi per la stessa Corte Costituzionale».
«Oggi, tuttavia, ritengo – ha spiegato – che le ragioni della nuova ondata di ricorsi proposti in via principale innanzi al giudice delle leggi vadano ricercate altrove e, in particolare, nelle misure di stabilizzazione finanziaria che lo Stato ha adottato per fronteggiare la recente crisi economica e che poco (e male) sono state ‘digerite’ dalle Regioni e dalle Provincie autonome. Tutto questo trova conferma nella circostanza che a partire dall’anno 2009, gran parte del contenzioso costituzionale che ci occupa è stato promosso, dallo Stato (ma anche dalle Regioni e dalle Province autonome) per violazione dei principi in materia di coordinamento della finanza pubblica e, comunque, della competenza statale in materia finanziaria/tributaria. A questo proposito i parametri costituzionali più frequentemente violati sono stati l’articolo 117, terzo comma, l’articolo 117, secondo comma, lettera e) e l’articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Al secondo posto troviamo i ricorsi promossi dal Governo per violazione della competenza statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (violazione dell’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione); quindi le questioni di legittimità costituzionale sollevate per violazione della competenza statale in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lett. 1) della Costituzione) quelle sollevate per contrasto con i principi comunitari e statali in materia di tutela della concorrenza e del libero mercato (violazione dell’articolo 117, comma 1 e dell’articolo 117, comma 2, lettera e della Costituzione) ed infine i ricorsi promossi per lesione dei principi statali in materia sanitaria (articolo 117, terzo comma, della Costituzione)». (0030)
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