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I numeri del Censis certificano il nostro fallimento

Qualche settimana fa, nel silenzio assordante della classe dirigente politica calabrese, avevo cercato di aprire un riflessione sulla tragica descrizione che veniva fuori dal rapporto Censis “La cr…

Pubblicato il: 26/05/2013 – 16:03
I numeri del Censis certificano il nostro fallimento

Qualche settimana fa, nel silenzio assordante della classe dirigente politica calabrese, avevo cercato di aprire un riflessione sulla tragica descrizione che veniva fuori dal rapporto Censis “La crisi sociale nel Mezzogiorno”. In quelle mie considerazioni, frutto di una attenta analisi dei numeri, emergevano, naturalmente, le nostra responsabilità e i nostri fallimenti. I numeri, purtroppo anche se noiosi , hanno il “difetto” di non mentire. Sono, infatti, i dati reali che attestano le condizioni socio economiche di ogni realtà noi politici spesso, al posto di fare i conti con i numeri… preferiamo le parole, le leggere sfumature, le tante parole dietro cui è sempre possibile nascondersi. ?In Calabria, poi, abbiamo il gusto della retorica, del linguaggio forbito, dell’inutile chiacchiera, della politica urlata e non meditata. Tutto ciò naturalmente non lascia immune il Pd. ?Anzi, mentre discutiamo di congresso si, congresso no, congresso forse – l’Istat con il suo Rapporto annuale ci richiama alla realtà, scrollandoci dal nostro torpore. E la situazione delineata dall’Istat è più drammatica di quella riassunta dal Censis. Il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, ha sintetizzato, con efficacia: «Il rapporto annuale dell’Istat rappresenta la fotografia di quanto il Mezzogiorno soffra in un Paese che soffre». Soffre l’Italia e soffre la Calabria. Sei milioni di persone sono senza lavoro e nel Mezzogiorno la disoccupazione è più del doppio che nel resto del Paese. Nelle nostre regioni, un giovane su tre, né studia e né ricerca un lavoro, i cosiddetti Net, giovani sfiduciati e demoralizzati, senza nemmeno la speranza di un futuro migliore. Due famiglia su tre tagliano sul cibo, in gran parte nel Sud e il reddito disponibile è ai livelli di vent’anni fa. ?Il disagio sociale aumenta celermente. L’insoddisfazione dei cittadini verso la politica e le istituzioni pubbliche è a livelli altissimi. ?Sempre il ministro dice: «Occorre affrontare con misure rapide e incisive questa situazione… e rilanciare il tema del Mezzogiorno al centro dell’agenda politica nell’interesse di tutto Paese». ?Belle parole, ma bisogna fare presto. Da troppo tempo a Roma si discute, forse inutilmente. Ecco perché è necessario che il governo Letta? intervenga al più presto attraverso un piano straordinario per il lavoro per i giovani disoccupati finalizzato alla manutenzione e la salvaguardia del territorio. Se non vogIiamo più assistere a situazioni come quella degli scavi di Sibari, alle tante alluvioni che anno dopo anno hanno reso sempre più fragile il territorio e alla distruzione del nostro ricco patrimonio boschivo, dobbiamo fare presto e bene. Cosi come bisogna pensare di attivare alcuni strumenti come il credito d`imposta,e sopratutto partire con la sperimentazione del reddito minimo garantito. È da un po` di mesi che insisto su tale misura. ?Il reddito minimo garantito, ad oggi, rappresenta l’unica misura in grado di contrastare la marginalità e favorire la cittadinanza attiva, sottraendo tanti giovani e bisognosi alla precarietà ed alla diffusa ricattabilità, soprattutto nel Sud. So che l`applicazione di una simile misura, non solo fa discutere, ma è difficile applicarla per la mancanza di risorse finanziarie. Per questo si potrebbe partire dalla Calabria, attraverso l`utilizzo di fondi europei e nazionali, per verificarne il funzionamento e validità. Se non dovessimo fare, almeno questo, credo che il mezzogiorno e la Calabria rischierebbero non solo l`emarginazione, ma una rivolta sociale dagli esiti imprevedibili.

* Vicepresidente Provincia Cosenza

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