MILANO «Non esiste un movente, è stato un raptus, purtroppo lei mi aveva fatto soffrire e minacciava di non farmi più vedere mia figlia e questa minaccia mi ha fatto impazzire». Così Carlo Cosco, ex compagno di Lea Garofalo, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio per la sentenza d`appello, ha provato ancora, con dichiarazioni spontanee, ad escludere la premeditazione. Cosco ha anche spiegato che fu lui, dopo la sentenza di primo grado, a chiedere al pentito Carmine Venturino di confessare.
In primo grado sono stati inflitti sei ergastoli. L`accusa, invece, nel processo di secondo grado ha chiesto la conferma di tre ergastoli, tra cui quello a Carlo Cosco, l`ex compagno della donna, e due assoluzioni. Chiesti invece 27 anni per il pentito che ha fatto ritrovare i pochi resti del cadavere. I sei imputati del processo d`appello per l`omicidio di Lea Garofalo, dopo la sentenza di primo grado, si sono messi «d`accordo tra loro per contenere i danni e quella mazzata di sei ergastoli che era arrivata». Lo ha sostenuto oggi, nel corso delle repliche in aula, l`avvocato Roberto D`Ippolito, legale della madre e della sorella di Lea. Anche il sostituto pg Marcello Tatangelo nel suo intervento di stamani ha parlato della possibile «intesa comune tra gli imputati», di cui però «non ho prova certa».
COSCO AI GIUDICI: LEA MI HA FATTO IMPAZZIRE
«Ci tengo a sottolineare – ha detto Cosco davanti ai giudici della Corte d`Assise d`appello – che chiesi io a Venturino, dopo la sentenza, di assumersi la responsabilità, perché lui era l`unico testimone quando io la uccisi in preda a un raptus». Carmine Venturino, lo scorso luglio, iniziò a collaborare con gli inquirenti e fece ritrovare i resti di Lea Garofalo. Tuttavia, secondo Cosco, in quei verbali «lui ha inventato tante cose». Secondo la versione del pentito, infatti, che, tra l`altro, scagiona due imputati (Giuseppe Cosco e Massimo Sabatino), l`ex compagno la strangolò, dopo aver pianificato più volte l`omicidio, assieme al fratello Vito e poi lo stesso pentito e Rosario Curcio fecero sparire il corpo, bruciandolo. Carlo Cosco, invece, sostiene, in sostanza, che la uccise a pugni, senza alcun aiuto da parte del fratello Vito, e sbattendole la testa per terra per un raptus. «Purtroppo mia figlia – ha aggiunto oggi Cosco – non ha più sua madre e non sopporto l`idea che debba essere protetta da me, la amo tanto e non smetterò mai di pregare per avere il suo perdono».
Denise Garofalo, 21 anni, è parte civile nel processo contro il padre e vive sotto protezione dopo che ha aiutato gli inquirenti nelle indagini. Oggi, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio, hanno reso dichiarazioni spontanee anche Massimo Sabatino per negare, in sostanza, che Lea doveva essere uccisa già prima, nel maggio 2009, a Campobasso e Carmine Venturino per ribadire la partecipazione all`omicidio da parte di Vito Cosco. In questo “quadro” mutato rispetto al primo grado, soprattutto dopo le dichiarazioni del pentito, il sostituto pg Marcello Tatangelo ha chiesto solo la conferma di tre dei sei ergastoli del primo grado (per Carlo Cosco, Vito Cosco e Rosario Curcio). Chieste invece le assoluzioni per Massimo Sabatino e Giuseppe Cosco e 27 anni per Venturino. «Sarà una decisione difficile la vostra – ha affermato il pm rivolto ai giudici – ma sono certo che sarà la decisione giusta». La parola ora passa ai giudici di secondo grado (0050)
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