La Calabria non ha premiato il Pdl

“Il giorno dopo” è, da sempre, quello dell’analisi che torna indietro, riassume, semplifica i punti incerti, conferma le scelte e chiarisce i dubbi. “Il giorno dopo” delle ultime elezioni però non ha, purtroppo, bisogno di particolari interpretazioni, è il giorno della chiara sconfitta del Pdl che, diviso anche al suo interno, come le ultime vicende cosentine dimostrano, carico di lotte intestine, esce a brandelli un po` dovunque. I risultati elettorali registrano infatti due fenomeni distinti, ma perfettamente paralleli, l’altissimo tasso di astensione,  (a Roma ha votato solo il 45,48% degli elettori ed in Italia il 48,57) e la sconfitta totale dei candidati del Pdl, una sconfitta netta ed inequivocabile che impone una riflessione profonda, sincera, volendo anche drammatica, per la chiusura di un ciclo che certamente ha risentito del generale clima di scontento, ma che lascia comunque l’amaro in bocca, per la chiusura definitiva di quello che avrebbe potuto essere un laboratorio politico ed amministrativo capace di creare un vero modello di governo territoriale, un avamposto di buone idee in grado di contaminare anche altre esperienze.
Le elezioni politiche, hanno consegnato all’Italia un pareggio, regalandole il governo delle larghe intese (dove la presenza della “destra” è comunque numericamente debole), le amministrative invece, accompagnano semplicemente un feretro, quello del Pdl, un partito che non si è saputo rinnovare, che, come la matrigna di Biancaneve, ha voluto continuare a guardarsi allo specchio, vedendo sempre e solo se stesso, senza mai riuscire ad integrare le varie componenti e coscienze politiche che avevano contribuito alla sua costituzione.
Il risultato elettorale rappresenta dunque l’emblema dello scontento generale, e la Calabria, non ancora del tutto “rossa” come la vicina Sicilia, esprime comunque un sentimento di delusione nei confronti di un partito solo apparentemente vincente e lo dimostra il tentativo di appropriarsi di risultati, come quelli di Corigliano ed Acri, che sicuramente non gli appartengono direttamente. Per vincere le elezioni amministrative insomma i proclami servono a poco, occorrono idee precise su cosa fare per rispondere alle aspettative dei cittadini, è necessaria una chiara visione ideale della politica e della società, indispensabile un rapporto organico e strutturale con l’elettorato. A distanza di poco più di diciotto anni dalla “foto di Fiuggi” il sogno immortalato si è scolorito con la foto. Oggi non si tratta di imbastire processi, bisogna invece capire come ricostruire, ripartire, come trovare aria e luce, come infondere fiducia a chi, anziché gestire l’eredità di un successo politico è costretto a destreggiarsi per non soffocare sotto le macerie del crollo della Destra. Fratelli d’Italia, nato a cavallo di questo tempo immerso in una crisi strutturale oltre che di valori, è una compagine organizzata, che cerca di diventare elettoralmente consistente e che vuole essere cantiere, ma anche trincea e poi punto di raccordo, per non crescere ed invecchiare guardando quello che accade sul palcoscenico della politica italiana. Un partito forse carico di storiche responsabilità, ma alieno da nostalgie, che vuole riemergere anche attraverso idee fresche e forze giovani e, utilizzando volontà e competenze, anche se ancora con poche cariche elettive, vuole darsi  un’organizzazione che non si basi solo sugli eletti, come da modello Pdl, ma che si articoli profondamente sui territori, costruendo dal basso, dalla partecipazione, dal confronto e dal dialogo, il futuro del paese.

*Coordinatore regionale Fratelli d`Italia