«Nella duplice qualità di genitore e di meridionale, prima che di parlamentare, registro i dati da “bollettino di guerra” che vengono periodicamente comunicati ai media riguardo alla disoccupazione italiana, meridionale e, tra di essi, calabrese, da parte degli organi istituzionali e degli istituti di rilevazione, persuadendoci che essi concorrono a creare un clima di sfiducia sia tra chi ha perso il lavoro, ed appartiene spesso alla fascia di difficile ricollocazione degli over 50, sia tra chi, i giovani, con il lavoro non ha avuto ancora la fortuna di “farne la conoscenza”, oppure si trova a viverlo nella galassia del precariato». Lo afferma in una nota il senatore di Grande Sud, Giovanni Bilardi.
«E se il Meridione e la Calabria – aggiunge – sono sempre stati fornitori e apportatori di maggiori risorse di lavoro al Nord creando una valvola di sfogo per le aree del sud, oggi con la crisi economica, anche questo aspetto è cambiato determinando l`aumento, in Calabria, così come in altre regioni dell`Italia meridionale, del numero di giovani, di meno giovani, di espulsi dal mondo del lavoro, che rinunciano alla ricerca frustrante di un`occupazione che ovunque non c`è».
«Già dai primordi programmatici del governo Letta – prosegue Bilardi – Grande Sud ha evidenziato con forza l`ordinaria emergenza occupazionale del Paese e, segnatamente, del Mezzogiorno. Oggi Grande Sud si considera impegnato a sostenere interventi per l`occupazione che abbiano come indirizzo precipuo e peculiare i disoccupati, anziché le imprese e la pubblica amministrazione come avvenuto da qualche decennio fino ai giorni nostri. Ciò nella consapevolezza che si debba invertire la rotta, in alveo di ricerca di processi a sollievo della disoccupazione, tralasciando di programmare provvidenze per i datori di lavoro (siano essi pubblici o privati) e attivandosi, invece, per programmare provvidenze per i cittadini in cerca di lavoro. Su tale determinazione vogliamo confrontarci, in Parlamento e coi cittadini, nella consapevolezza che in tema di lavoro (e di diritti) troppo si è concesso al privato e al pubblico con risultati che, fatto salvo lo scenario economico e finanziario intercontinentale, in Italia non hanno determinato quelle aspettative e quei volani auspicati». (0080)
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