Merita ben altra attenzione il recentissimo rapporto della Banca d’Italia sulla Calabria, per definire in tempo nuove strategie non solo per lo sviluppo, ma per stroncare l’espansione della mafia.
La coesione sociale è oggi ad alto rischio specie nella nostra terra: nel corso del 2012 la fase recessiva si è acuita e il suo Pil (Prodotto interno lordo) è diminuito del 3%, in misura superiore a quello del Mezzogiorno e dell’Italia; l’occupazione è diminuita in pochi anni di ben 36.000 unità, in percentuale più che nel resto d’Italia.
Per la prima volta è diminuito il credito anche alle famiglie, ma i tassi d’interesse applicati alle imprese sono aumentati mentre la stessa qualità del credito è peggiorata.
Nella crisi, il calo dei consumi anche alimentari delle famiglie, assieme alla flessione netta dei redditi delle famiglie, rischia di pregiudicare anche i livelli minimi di civiltà in tante zone della regione, che, come da tempo documenta la Svimez, in pochi anni ha perso oltre 100 mila abitanti.
Va combattuta innanzi tutto di più l’evasione che è concorrenza sleale e ostacola la crescita, come ha ricordato ancora ieri in Parlamento il presidente della Corte dei Conti.
E poi c’è da modificare radicalmente il ruolo delle banche nel sostegno allo sviluppo.
Se in Calabria sono cresciute tanto le sofferenze bancarie e nel 2012 sono state aperte ben 280 procedure fallimentari ci vogliono interventi drastici e correzioni profonde.
La Banca d’Italia, di cui apprezziamo la rigorosa analisi della crisi calabrese, non può limitarsi a evidenziare l’eccessiva prudenza degli istituti a concedere il credito. Proprio il professore Masciandaro nella sua relazione ha autorevolmente ricordato che «in un contesto stagnante, i più propensi al rischio sono quelli che violano le norme».
La cautela prudenziale di alcune banche quindi se trascinata rischierebbe di diventare oggettiva agevolazione della diffusione di capitali mafiosi a sostegno della imprese sane in Calabria e in Italia.
Facendo giustizia dei facili miti del leghismo nordista, proprio nella conferenza di ieri è stato ricordato che la crisi colpisce la Calabria, ma non risparmia affatto la più ricca Lombardia, e che la mafia tanto forte nel Sud è riuscita a penetrare ancor di più nelle regioni più ricche del Paese.
Si richiede pertanto una iniziativa di lotta incessante sociale, civile, culturale ed istituzionale per sconfiggere la mafia e per delineare scenari condivisi dove anche le imprese calabresi possano essere pienamente coinvolte i percorsi di sviluppo trasparenti.
Il caso emblematico e fortemente contradittorio dello “sviluppo a singhiozzo” del grande porto di Gioia Tauro, (non a caso valorizzato dal Rapporto Banca d’Italia) sollecita la Calabria a ripensare la propria funzione come area di cerniera con l’altra sponda del Mediterraneo, per favorire la cooperazione scientifica ed economica con altri paesi, le esportazioni e lo sviluppo dell’attività all’estero delle imprese e l`attrazione degli investimenti. L’esperienza personale illustrata ieri da Rossi, presidente dell`associazione degli industriali dimostra che anche qui da noi è possibile cominciare a innovare.
C’è bisogno subito del massimo sostegno dello Stato, e di un salto di qualità anche della politica e dei partiti.
* Dirigente Pd Calabria
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