È un quadro – nella migliore delle ipotesi – sconfortante della politica locale quello che è emerso dall’udienza odierna del processo Fallara, il procedimento che prende il nome dalla dirigente del settore Bilancio del Comune di Reggio Calabria morta suicida nel dicembre 2011, lasciando dietro di sé una voragine nei conti comunali dai contorni ancora non definiti, ma che alla città è già costata un durissimo piano di rientro. A sfilare oggi di fronte al Tribunale presieduto da Olga Tarzia – chiamato a giudicare le responsabilità penali dell`attuale presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, all’epoca sindaco della città, e dei revisori dei conti Carmelo Stracuzzi, Domenico D`Amico e Ruggero Alessandro De Medici – sono stati i protagonisti politici di quella stagione in cui il Modello Reggio imperversava anche grazie alle funamboliche prodezze contabili della Fallara. Eppure nessuno sembra essersi accorto di nulla.
Di fronte ai giudici sfilano in ordine l’ex assessore comunale alle Attività produttive, Candeloro Imbalzano, quello alle Politiche sociali, Tilde Minasi, il neosenatore Giovanni Bilardi, l’ex assessore esterno ai Beni culturali e grandi eventi, Francesca Antonia Freno, l’ex responsabile del Turismo, Vincenzo Sidari, l’ex assessore al Patrimonio edilizio, Michele Raso, quello ai Lavori pubblici, Francesco Sarica, l’ex titolare della delega all’Urbanistica, Demetrio Porcino, e persino Rocco La Scala, ex assessore al Bilancio, nonché capo della Fallara, poi passato – su sua espressa richiesta, afferma – «a una delega più tranquilla come la Cultura».
Nomi noti del centrodestra reggino, tutti all’epoca titolari di deleghe diverse e oggi nella maggior parte dei casi catapultati in posti di responsabilità nella pubblica amministrazione, ma soprattutto accomunati da una testimonianza fotocopia: fino al 2010, tutto andava bene, nessuno aveva avuto il benché minimo sentore degli artifici contabili grazie ai quali – hanno accertato i periti – la Fallara ha drogato i bilanci, tanto meno delle sontuose autoliquidazioni che la potentissima burocrate si è elargita dal 2008 al 2010 per aver assunto la difesa dell’Ente di fronte alla commissione tributaria.
Nonostante «l’armonica collegialità» che a detta dei protagonisti caratterizzava l’agire dell’amministrazione Scopelliti, nessuno – affermano quasi in coro – avrebbe potuto immaginare che quella funzionaria dal «carattere difficile» ma «tecnicamente preparatissima» avesse creato quella voragine nei conti comunali. Del resto, hanno ripetuto tutti in forma più o meno identica, in sede di elaborazione di bilancio preventivo, agli assessori spettava solo il compito di individuare gli obiettivi politici e – insieme ai dirigenti di settore – le previsioni di spesa, poi girate alla dirigente del settore Bilancio, Orsola Fallara, cui spettava il compito di convogliarle in uno schema che poi avrebbe spiegato tecnicamente in Giunta, mentre all’assessore competente sarebbe toccato sostenerlo sul piano politico.
Nessuno – neanche l’ex titolare del Bilancio, sostiene Rocco La Scala di fronte al Tribunale – avrebbe potuto accorgersi di irregolarità o artifici. «Mi sembrava che la Fallara conoscesse il suo lavoro – dice La Scala, di professione medico di base ma titolare di una delega al Bilancio – non ho mai avuto alcuna percezione di illeciti. C’è stato un periodo in cui si vociferava di problemi, ma lei mi disse che c’erano ritardi nei trasferimenti da Roma». Una giustificazione che sembra essere andata bene a tutta la Giunta dell’epoca, più o meno a conoscenza di non meglio specificati «problemi di liquidità», ma a quanto pare collegialmente ammaliata dalle giustificazioni della Fallara, ritenute più solide dei puntigliosi rilievi di carattere tecnico che l’opposizione non ha mancato di presentare in sede di discussione di bilancio in consiglio comunale.
Rilievi, dice l’ex assessore al Patrimonio edilizio «solo di natura politica. C’erano consiglieri particolarmente battaglieri come Naccari, ma la sua foga è comprensibile, perché alle elezioni era stato sconfitto». E se le denunce dell’opposizione non sembravano scalfire la granitica fede della Giunta in quella dirigente, anche le manifestazioni sempre più frequenti di lavoratori senza stipendio e creditori inviperiti sembravano essere passate inosservate agli occhi dei massimi responsabili politici cittadini dell’epoca. «I nostri concittadini erano soddisfatti delle amministrazioni 2002-2010», afferma orgoglioso il neo senatore Bilardi.
Ma come gli assessori dell’epoca sono concordi nel difendere a spada tratta il modello Reggio, allo stesso modo sembrano compatti nell’unanime condanna di Giuseppe Raffa, riottoso traghettatore prescelto all’indomani dell’elezione di Scopelliti in Regione. Variamente accusato dai testimoni che si avvicendano sul banco di «modi accentratori, poca capacità di dialogo e di condividere le scelte», Raffa – cui toccherà l’onere di gestire l’esplosione dello scandalo delle autoliquidazioni della Fallara prima, e del bilancio vistosamente taroccato poi – non aveva scelto una linea di continuità con la vecchia amministrazione. E questo non sembra essere andato giù ai fedelissimi dell’allora sindaco. Fatta eccezione per il giovane assessore Demetrio Porcino, che in quella «estate 2010, particolare in termini di dialettica politica» deciderà di aderire formalmente all’Udc e sostenere Raffa anche nelle settimane di fronda da parte dei colleghi di Giunta, oggi in aula come in passato, hanno difeso quel “modello Reggio” diventato biglietto da visita di Scopelliti.
Anche lui – dicono – non avrebbe potuto accorgersi di nulla. Né degli artifici di bilancio, né dei sontuosi mandati di pagamento in proprio favore che la Fallara emetteva e il sindaco firmava. E ci penserà l’ex segretaria dell’allora primo cittadino, Fiorilisa Panella a spiegare perché. «Le delibere arrivavano dall’Avvocatura civica e dalla Ragioneria già compilate. Noi aspettavamo che se ne accumulassero 40-50- 60 poi le portavamo al sindaco già predisposte per la firma», scandisce compita l’ex segretaria, mentre il senatore D’Ascola e l’avvocato Aldo Labate, difensori di Scopelliti, annuiscono soddisfatti per una testimonianza filata liscia come l’olio. O almeno così sembrava, fin quando su richiesta di precisazione della presidente Tarzia, la Panella non si lascia scappare: «Adesso lavoro al gruppo Pdl in Regione e anche le mie tre colleghe della segreteria lavorano con me». Un curioso fenomeno di “trasmigrazione” che già in passato la presidente Tarzia non si è lasciata sfuggire.
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