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"Crimine", i clan rischiano mezzo secolo di carcere

Hanno scelto di usare anche slide e mappe interattive – che una dopo l’altra hanno concretamente mostrato al Tribunale la presenza capillare della `ndrangheta in Calabria, in Italia e nel mondo – i…

Pubblicato il: 26/06/2013 – 18:49
"Crimine", i clan rischiano mezzo secolo di carcere

Hanno scelto di usare anche slide e mappe interattive – che una dopo l’altra hanno concretamente mostrato al Tribunale la presenza capillare della `ndrangheta in Calabria, in Italia e nel mondo – i pm Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò, per sostenere le durissime richieste di pena invocate a carico dei 43 imputati del processo Crimine. Al termine di una requisitoria lunga due giorni, durante la quale – Paese per Paese, regione per regione, città per città-  hanno illustrato in dettaglio i locali di `ndrangheta, le loro relazioni e i loro affari, i sostituti della Dda di Reggio Calabria, hanno chiesto al collegio, presieduto dal giudice Alfredo Sicuro, con a latere Cosenza e Sergi, condanne per un totale di 476 anni di carcere, con pene variabili da 26 anni e 8 mesi a 2 anni e 2 mesi.
E sono durissime le richieste di condanna invocate a carico dei presunti capi delle diverse locali. La più alta è quella che la pubblica accusa invoca per Domenico Gangemi, da condannare per i pm De Bernardo e Musarò a 26 anni e 8 mesi, seguita a ruota dai 26 anni di carcere chiesti per  Rocco Bruno Tassone e Mario Giuseppe Stelitano. Sono 22 invece gli anni di carcere invocati invece per Francesco Bonarrigo, Antonio Cuppari, Francesco Gattuso e Giuseppe Antonio Primerano, mentre per la pubblica accusa dovrebbe scontare “solo” 21 anni dietro le sbarre Giuseppe Giampaolo.
È di vent’anni di reclusione la pena richiesta anche per l’ultraottantenne Antonio Commisso, mentre un anno di meno per i pm della Dda reggina dovrebbero passare dietro le sbarre Giuseppe Bruzzese, Giuseppe Chiera e Antonio Figliomeni (classe `49). Per Vittorio Barranca e Ernesto Mazzaferro, la pubblica accusa ha chiesto invece una condanna a 18 anni di reclusione.
Sedici anni e 8 mesi di reclusione sono stati chiesti per Domenico Rocco Cento, mentre è di 16 anni la pena chiesta dalla pubblica accusa per Giuseppe Siviglia. Per i pm è invece da condannare a 15 anni Antonio Futia (classe `58), mente va meglio a Carmelo Ferraro e Roberto Commisso, per i quali sono stati chiesti 13 anni di reclusione. Di 12 anni di carcere è invece la pena invocata da De Bernardo e Musarò per Giuseppe Velonà, Antonio Angelo Cianciaruso, Michele Fiorillo e Francesco Marzano. Per  Salvatore Pepè, la pubblica accusa ha invece chiesto una condanna a 10 anni, mentre è di 6 anni e 6 mesi quella chiesta per Rocco Agostino.
Pene minori sono state invocate infine per Anna Maria Agostino, Franca Agostino, Francesco Agostino e Giuseppe Caccia, tutti da condannare a 4 anni e 2 mesi ciascuno, così come per Giuseppe Capasso, Michele Capasso, Guido Cillo, Vincenzo Fleres, Vincenzo Nunnari e Nicola Perrotta. All’indirizzo di Marzia Mazzaferro, arriva invece la richiesta di pena più lieve, 2 anni e 2 mesi.
Per la pubblica accusa sono tutti a vari titolo parte integrante di quella `ndrangheta – dice in sede di requisitoria il pm Musarò – <>.  Ed anche i locali più lontani, come quelli canadesi, ha spiegato in aula il pm De Bernardo, in linea di continuità con quanto accertato dall’indagine Siderno Group, devono fare riferimento alla casa madre, saldamente piantata in Calabria. <>. Dall`1 luglio, toccherà alle difese tentare di smontare la ricostruzione dei pm, che nel frattempo vedono anche il filone del processo che si svolge in abbreviato – e già arrivato in appello – avvicinarsi alla conclusione.  (0080)

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