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«Pd in mano ai capibastone? Barca non critica, ma fotografa»

Ha ragione Fabrizio Barca quando dice che il Partito democratico calabrese è in mano a dei «capibastone»? Secondo Rosy Bindi – in Calabria per un ciclo di conferenze dell`Associazione di formazione…

Pubblicato il: 28/06/2013 – 17:13
«Pd in mano ai capibastone? Barca non critica, ma fotografa»

Ha ragione Fabrizio Barca quando dice che il Partito democratico calabrese è in mano a dei «capibastone»? Secondo Rosy Bindi – in Calabria per un ciclo di conferenze dell`Associazione di formazione politica Giuseppe Dossetti presieduta da Paolo Palma – la frase pronunciata di recente dall`ex ministro a Roma, per quanto brutale, «più che una critica è una fotografia». Fotografia impietosa sul Pd calabrese di oggi ma anche sulla politica calabrese di ieri: «La politica, non solo in Calabria ma più in genere nel Sud, è, da sempre, legata più alle persone che ai partiti: un tempo qui non c`erano i socialisti ma i manciniani, non c`erano i democristiani ma i misasiani… È una caratteristica che, purtroppo, rappresenta anche un problema».
E oggi, come si perpetua questa pratica nel suo partito?
«Se il Pd oggi non è organizzato, essendo da troppo tempo commissariato, ecco che l`assenza viene riempita da individualismi e personalismi. Capi e capetti si autolegittimano. Invece, la politica è risolvere i problemi della società, non servirsene per perpetuare il proprio potere».
L`attuale vacatio di cui lei parla, oggi è ancora più accentuata se si pensa che, di fatto, a latitare è lo stesso commissario D`Attorre, suo collega in Parlamento: al suo posto c`è un delegato. È così che il suo partito cerca di rispondere al famoso “territorio”?
«Faccio la parlamentare per la Calabria ed è così che posso essere utile a questo territorio. Sono iscritta in Toscana e ho troppo rispetto dei Democratici calabresi per occuparmi a pieno titolo della vita del Pd locale. Certo, sarò ben lieta di dare una mano per creare qui una nuova comunità nel partito, aperta ai grandi fermenti della società calabrese».
Ciclicamente, il Pd si accorge che bisogna rinnovare. E così riparte con il giro dei circoli e col tesseramento. Ci sono davvero, secondo lei, i margini per una (ennesima) nuova fase?
«Il partito va rifatto facendo i congressi e un tesseramento ex novo, aperto e allargato. Bisogna aprire spazi effettivi. Una commissione di garanzia dovrà vigilare e assicurare che ci siano iscritti veri. Una nuova classe dirigente locale dovrà far tornare il Pd una realtà associativa».
Ha qualche idea di chi potrebbe essere un leader davvero “di rottura”?
«Io penso a una nuova comunità, non a nuove singole personalità che non risolverebbero affatto il problema. In Calabria, il centro del partito – nella mia idea – dovranno essere gli aderenti e i circoli, non i vertici».
Dal Pd calabrese qualcuno potrebbe obiettare: facile dettare la linea da Roma.
«Io non butto la croce in dosso a nessuno, fotografo una situazione proprio come ha fatto Barca».
Lei in questi giorni si trova in Calabria per parlare della figura di Giuseppe Dossetti. Stamattina all`Unical ha incontrato i giovani. Richiamarsi alle grandi figure del passato secondo lei può servire ad arginare la disaffezione nei confronti dei partiti e della politica?
«Dipende tutto dalle persone. E il voto, anche tra i giovani, è legato alla serietà degli argomenti di sui si parla. Loro sono in grado di riconoscere. A Cosenza abbiamo parlato dell`attualità di Dossetti come riformatore, proprio mentre a Roma, in questi giorni, si parla di riscrivere e stravolgere la Costituzione calcando la mano anche sulla magistratura».
In un`università è più facile trovare una platea attenta e ricettiva, ma non crede che in Calabria anche oggi il voto dei giovani sia in larga parte ceduto al “migliore offerente”? Non pensa che, finché non ci sarà la libertà più importante – quella dal bisogno –, il diritto-dovere del voto non potrà essere esercitato davvero liberamente?
«Il problema è proprio questo. E le pratiche clientelari sono l`anticamera della criminalità». (0070)

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