Dalila Nesci ha depositato alla Camera una lunga interrogazione sui rifiuti in Calabria, concepita con Federica Dieni e Paolo Parentela, suoi colleghi parlamentari Cinque Stelle della stessa regione. In tutto sono sessantuno i deputati grillini che stavolta hanno firmato, a sostegno della Calabria, pur eletti altrove, come su altre urgenze: legalità, lavoro e tutela rispetto ai crimini bancari. «Il tema dei rifiuti è bollente in Calabria, una bomba», precisa Nesci, che ammonisce sul «pericolo di controllo mafioso dei relativi servizi».
Nell’atto di sindacato ispettivo, si chiede dove siano finiti i soldi dell’emergenza rifiuti, nel complesso oltre un miliardo di euro, «con cui – tuona Nesci – è stato risolto nulla, a partire dalla raccolta differenziata, indispensabile e agli atti obbligatoria».
«TORNARE ALL`EMERGENZA»
I passaggi riepilogati sono molti. Alcuni fondamentali. Come quello del 31 ottobre 2007, con il quale il prefetto Salvatore Montanaro chiedeva di mettere in moto la macchina per rientrare nella gestione ordinaria. È stato “ascoltato” quasi sei anni dopo, con un sistema ancora in piena emergenza, nel quale l`uscita dell`ultimo commissario delegato non è coincisa con un periodo di «affiancamento e subentro del dipartimento regionale Politiche dell`ambiente». I parlamentari del M5S chiedono «se risultino agli atti i motivi per cui non si è verificato questo affiancamento» e invocano l`intervento del governo. In due ambiti: la previsione di «fondi, impegni e programmi speciali per la risoluzione dell`emergenza rifiuti, così come avvenuto per la Campania» e la presa d`atto dello «stato d`emergenza», da dichiarare perché il settore passi di nuovo «sotto il diretto controllo della Presidenza del Consiglio».
Un ritorno alla gestione governativa che, evidentemente, i firmatari dell`atto ritengono indispensabile, per ripristinare condizioni dignitose per i servizi e controlli più accurati sulle spese e l`affidamento degli incarichi.
UN BUCO NERO DA PIÙ DI UN MILIARDO
C`è, poi, una storia che arriva dal passato e serve a capire come sia stato possibile, per l`emergenza rifiuti, fagocitare oltre un milione di euro senza approdare a risultati visibili. È il caso del secondo termovalorizzatore calabrese, la cui realizzazione era stata affidata alla Tec e non è mai avvenuta. Un inghippo burocratico trasferito sul piano contabile. Un lodo arbitrale il cui importo era stato fissato a 38 milioni di euro. La Tec si era detta disponibile ad accordarsi per 21 milioni. Cifra ritenuta congrua sia dal dipartimento della Protezione civile che dall`Avvocatura dello Stato di Catanzaro. Nonostante tutto, l`accordo saltò e la Presidenza del Consiglio fu condannata a pagare 68,5 milioni di euro. Un iter che rappresenta bene il buco nero dei rifiuti, davanti al quale, oggi, i Cinquestelle chiedono chiarezza («risultano agli atti i motivi per cui il commissario delegato, prefetto Salvatore Montanaro, non provvide all`accettazione dell`accordo?»). I parlamentari vogliono sapere «se risulti agli atti quali siano con esattezza le destinazioni dei fondi utilizzati dall`ufficio del commissario delegato, il cui ammontare supera con abbondanza il miliardo di euro per l`intero periodo di emergenza, senza che la raccolta differenziata sia stata avviata secondo quanto a suo tempo espressamente previsto». E chiedono come mai siano stati conferiti incarichi nel settore dei rifiuti «figura – per esempio il prefetto a riposo Goffredo Sottile per la gestione della discarica di Malagrotta (Roma) – che di fatto non hanno concluso con risoluzione il loro mandato per l`emergenza nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani in Calabria».
«SOLO TRE INTERROGAZIONI DAL 2010»
Tante domande mai poste finora, visto che, «dal 2010 ad oggi risultano solo tre interrogazioni di consiglieri regionali sul tema dei rifiuti in Calabria, peraltro su questioni singole e locali e non sui tanti problemi derivanti dall`emergenza, il che, in rapporto a quanto già esposto, può suscitare nei calabresi ulteriore preoccupazione, oltre a incredulità».
L’interrogazione è un dossier impietoso «sull’inganno nei confronti dei cittadini», rimarca Nesci, che aggiunge: «I sedici anni di emergenza rifiuti hanno prodotto dodici commissari, un miliardo e quattrocento milioni di euro e dubbi, esborsi non contestati, inquinamento spaventoso e l’idea diffusa di una pubblica amministrazione ingorda».
Nesci, Dieni e Parentela segnano un altro passo: a commento denunciano il trasferimento di risorse umane dall’ufficio del commissario al dipartimento Ambiente della Regione Calabria, «con ulteriore aggravio di costi e il paradosso di un organico – dicono – che include chi partecipò al fallimento dell’emergenza». (0020)
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