COSENZA «Gli atti aziendali appena approvati in materia di sanità sono illegittimi perché in contrasto con le linee guida emerse dal tavolo Massicci», dice Carlo Guccione attaccando frontalmente la gestione della sanità calabrese in mano a Scopelliti. Il tema dell’incontro doveva essere la cardiochirurgia a Cosenza, ma subito il dibattito assume una prospettiva più ampia, affrontando il piano di rientro, «che non ha funzionato, infatti ne serve una riprogrammazione e questo, assieme alla proroga del commissariamento della sanità calabrese, certificano il fallimento della gestione di Scopelliti», aggiunge Demetrio Naccari Carlizzi. Ma c’è di più oltre le critiche di carattere puramente economico sulla capacità di coniugare risparmi di risorse e qualità dei servizi. C’è pure una critica che è specificatamente politica, infatti «il commissariamento non implica poteri legislativi, che restano saldamente nelle mani del consiglio regionale, mentre Scopelliti decide da solo». Così, dentro l’assemblea regionale le opposizioni cercheranno di riprendersi questo ruolo mercoledì dieci luglio, nel corso di un consiglio destinato appunto ad affrontare i nodi della sanità. Ma dalle carte portate dai due consiglieri del Pd esce una delibera del 2009, firmata dall’allora governatore Loiero. C’è scritto che la giunta prevedeva la nascita di cardiochirurgia a Cosenza, con tanto di bandi di concorso per cinque specialisti. Poi arrivò il piano di rientro e soprattutto Scopelliti vinse le elezioni e quel reparto così importante a Cosenza non giunse mai. Eppure secondo le linee guida ci vorrebbe un reparto di cardiochirurgia ogni novecentomila abitanti, e la provincia di Cosenza è tra quelle calabresi la più grande e popolosa. Nonostante ciò di cardiochirurgia qui non ce n’è e nemmeno ne sono previste, mentre a Catanzaro ce ne sono due e una a Reggio, «con attrezzature di assoluta avanguardia, ma inutilizzate perché il reparto non è aperto, con costi di circa centomila euro al mese», spiegano i due consiglieri democratici, per i quali pare abbastanza chiaro che l’idea di sanità che ha in mente il governatore Scopelliti è deciso in virtù di logiche lobbistiche e territoriali. Ma non basta, i due consiglieri svelano la distanza che c’è pure tra quanto decretato dalla giunta e la realtà che si vive sui territori. Per esempio sempre nella provincia di Cosenza erano per decreto previsti 730 posti per degenze “acute”, distribuiti tra i poli ospedalieri di Castrovillari, Paola-Cetraro-Corigliano- Rossano, «mentre nella realtà ne sono operativi meno della metà», svela Guccione, che racconta che durante una sua visita al pronto soccorso di Rossano, ha trovato una signora che era in estenuante attesa di un posto letto. La chiusura dei presidi ospedalieri posti sul confine tra le regioni inoltre ha comportato l’emigrazione sanitaria verso gli ospedali pugliesi e lucani. Questo fenomeno ha decisamente inficiato il presunto risparmio venuto dal taglio effettuato sul numero delle strutture ospedaliere, vanificando il rientro e gravando sulle difficoltà delle popolazioni. Pure per questo nel corso del prossimo consiglieo regionale, il Pd avanzerà uan sua idea di sanità, anche per dare il senso «di una forza politica che si prepara a riprendere il governo della Regione».
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