LOCRI Diciassette anni di carcere complessivi per i tre imputati coinvolti nel rito ordinario del processo “Reale 4”, scaturito da un’inchiesta della Procura distrettuale di Reggio Calabria. Il sostituto procuratore Giovanni Musarò, in mattinata, aveva chiesto 10 anni e due mesi di reclusione per il boss Giuseppe Pelle. L’imputato dovrà scontare 8. Quattro anni e sei mesi sono stati inflitti a sua moglie Marianna Barbaro, accusata di aver aiutato il marito ad ottenere certificati medici. E altri quattro anni e mezzo la corte li ha inflitti ad Antonio Pelle, il figlio del boss.
Alla donna veniva contestata una telefonata del marzo 2010, con una richiesta di intervento al Pronto soccorso, accompagnata alla descrizione di una sintomatologia inesistente. Secondo l`accusa, Marianna Barbaro in quell`occasione ha consapevolmente fornito un «contributo partecipativo materiale» alla messa in scena dei finti malesseri del coniuge, per favorirne la scarcerazione. Una messinscena alla quale avrebbe partecipato anche il figlio.
Il capoclan di San Luca riusciva, secondo l`accusa, a evitare la detenzione grazie alle perizie di due medici compiacenti. Sarebbero Francesco Moro, del Pronto soccorso di Locri, e Guglielmo Quartucci, proprietario di una clinica nel Cosentino. I sanitari sono stati condannati in abbreviato. Nella requisitoria del pm, sono tornate le rivelazioni del pentito Samuele Lovato. Quando è stato interrogato, nel 2010, dei il collaboratore di giustizia ed ex affiliato al clan di Sibari ha accusato altri camici bianchi e descritto un sistema che aiutava i boss a sfuggire alle pene inflitte loro dai tribunali, simulando gravi forme di depressione incompatibili con la detenzione. (0020)
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