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Diamo i numeri

Mesi fa, lo ricordiamo, abbiamo fornito i dati per il censimento generale della popolazione. Routine decennale, senza grandi sconvolgimenti, anche sul piano statistico. Numeri che lascia(va)no il t…

Pubblicato il: 17/07/2013 – 15:49
Diamo i numeri

Mesi fa, lo ricordiamo, abbiamo fornito i dati per il censimento generale della popolazione. Routine decennale, senza grandi sconvolgimenti, anche sul piano statistico. Numeri che lascia(va)no il tempo che trova(va)no. Questa volta, no. A differenza di dieci anni fa gli uffici preposti e l’Istat ci hanno detto che la Calabria del 2011, rispetto a dieci anni fa, è sempre meno popolata. Giovani e meno giovani hanno ripreso la via dell’emigrazione più o meno come negli anni ’60, con l’aggravante che allora i figli nascevano, c’erano finanche famiglie numerose, mentre oggi a farla da padrona è la bassa natalità. E c’è di più. Mentre i calabresi raggiungono la Svizzera, la Germania e l’Olanda -se non le lontane Americhe-  arrivano in Calabria migliaia di extracomunitari. Vasi comunicanti: chi esce, chi entra! E a guardare in giro per le strade di comuni grandi e piccoli, si ha l’impressione che gli stranieri superino i calabresi emigrati. Secondo l’Istat, però, non è così. Nonostante in dieci anni la popolazione straniera si sia triplicata, i calabresi che raggiungono Milano o Brescia o Torino, sono di più. Certo degli emigrati sappiamo di cosa si occupano qui da noi, sappiano un pò meno quel che fanno i calabresi che lasciano la regione. Fatto è che non superiamo i due milioni di residenti, come era avvenuto nel 2001. Siamo il 2,6 per cento in meno. E se fino al 1991, dall’anno dell’unità d’Italia, siamo andati aumentando complessivamente, nel 2011 abbiamo ingranato la marcia indietro.  Anziché passeggiare, fare i bagni, consumare le suole delle scarpe  nelle varie piazze, i nostri corregionali, si sono fatti il segno della Croce, e, chiudendo gli occhi in lacrime, hanno sbattuto il portone di casa e sono partiti alla ventura. Vibo e Cosenza sono state le province a maggior alto indice di “abbandono”, mentre  Catanzaro e Reggio non sono state da meno. Solo Crotone, l’ex capitale industriale calabrese, resiste, pur facendosi, ogni mattina che Dio manda, il segno della Croce, davanti alla ex, per sempre, zona industriale. Una zona che, al solo passare davanti, ti fa  commuovere, anche per aver assistito al grido di dolore di maestranze ed operai ( ed ai fuochi di protesta) di qualche anno fa. Allora finanche l’arcivescovo mons. Giuseppe Agostino ha tentato in tutti i modi di scongiurare quella crisi che, ancora, è sotto gli occhi di tutti, con gli “scheletri industriali” rimasti lì ad imperitura memoria.
Siamo, dunque, esattamente 1.959.050 unità. Cambiamo -volenti o nolenti- faccia, diventando -il che non guasta- sempre più cosmopoliti e multietnici. La presenza di lavoratori stagionali o “mordi e fuggi”, legati ai periodi di maggiore attività, influenza il nostro scandire del tempo, anche perché non sono irrilevanti quanti hanno deciso e decidono rimanere, avendo scoperto l’importanza di vivere, soprattutto, in piccoli centri, dove tutti si ambientano e si conoscono. E se prima le case in fitto erano destinate solo ad uomini, adesso, invece, le abitazioni vengono “vissute” da intere famiglie “stranger”. Secondo l’Istat, addirittura, i maschi sono di meno rispetto alle donne: ottanta su cento! Nessuno di loro, comunque, sta con le mani in mano: gli uomini, si adattano a qualsiasi lavoro, le donne non si lamentano di fare lavori umili,  visto che le “nostre” non li fanno più.    
Se la provincia di Cosenza detiene il primato della presenza di cittadini stranieri, con un incremento del 364 per cento, in termini assoluti, è quella di Reggio, la provincia più cosmopolita. Lo scettro per cittadinanza allargata, e non da ora, va al piccolo centro di Gizzeria con 134 stranieri su mille censiti, poi Roghudi con 120 e Candidoni con 95.
Dal censimento son venute altre spigolature degne di nota, stranieri a parte. Il comune -che è anche capoluogo di provincia, in attesa di diventare città metropolitana- più popolato è quello di Reggio, con 180.817 residenti. I comuni più piccoli sono cinque. Staiti, nel reggino, ha solo 279 abitanti. Il comune con maggiore densità di popolazione -anch’esso capoluogo di provincia- è Cosenza con 1.866 abitanti per km quadrato. Quello meno densamente popolato è Castroregio con 8 abitanti per kmq. E visto che ad emigrare -e non poteva essere diversamente- sono i giovani in cerca di lavoro, il Comune con il maggior indice di anzianità è Carpanzano, con un indice di vecchiaia dell’857 per cento. Quello più giovane è Ionadi con l’indice del 44 per cento. Altilia registra il maggior numero di maschi:116 uomini su 100 donne. Iacurso, invece, ha 76 uomini su 100 donne. A Terravecchia, strano ma vero, c’è un solo straniero per mille abitanti.
Che dire? Al quadro dell’Istat non si può aggiungere nulla. Sono politici ed amministratori, come sempre e com’è giusto, a dover intervenire.  Se, come dicevano gli inglesi “the future is in the past”, in questo caso, il futuro è nel prevedere, oggi, come fare in modo che si ripopolino i comuni, che la Calabria non aggiunga povertà a povertà, che la regione che diede il nome all’Italia non finisca con l’essere una RSA, una residenza per anziani.
Come ho scritto nel libro “I diari di mio padre 1938-1946” editore Pellegrini, il paese non può essere destinato a morire. “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che, anche quando non ci sei, resta ad aspettarti”. C’è qualcuno che può smentire Cesare Pavese?

* Giornalista

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