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Delitto e castigo

Se è necessario, non esitare a vendere tua madre per conquistare il potere. Quando avrai il potere, scoprirai che ci sono parecchi modi per ricomprarla. Saranno in tantissimi a credere che tale aff…

Pubblicato il: 17/07/2013 – 16:06
Delitto e castigo

Se è necessario, non esitare a vendere tua madre per conquistare il potere. Quando avrai il potere, scoprirai che ci sono parecchi modi per ricomprarla. Saranno in tantissimi a credere che tale affermazione appartenga a qualche maggiorente della politica nostrana in vena di consigli a qualche suo “discepolo”. Non è così, seppure sono in molti, tra questi, a mettere in pratica una tale metodologia sia sul piano didattico che in termini di vita propria. Magari, la mamma no! Ma tutto il resto: certamente! Tale angosciante detto rappresenta un antico proverbio africano. Un “insegnamento” di moda tra gli Ashanti che costituì uno dei più importanti gruppi etnici del Ghana centrale, ove ancora oggi il loro essere insieme viene considerato come una “monarchia” sottostatale riconosciuta dalla costituzione della omonima Repubblica. La sensazione che provoca una tale similitudine è di sconforto, oltre che di forte sdegno, tanto da fare impallidire persino i novelli filomacchiavellici. Eppure è tanto di moda nel Paese. È appena sufficiente vedere in televisione, per chi ha ancora il coraggio e la voglia di assistere alle sue trasmissioni, le faccende hard di Arcore, con Ruby a fare da interprete autentica, per capire come siamo ridotti. Tutti corrono ovunque, disposti a qualsiasi “performance” pur di conquistare un attimo di riflettore sul viso (ad essere buoni). L’esercizio del potere, nelle sue diverse dimensioni, affascina oggi più di quanto lo abbia fatto in passato. Sono diminuite le alternative per conseguire l’autosufficienza economica. È di moda il successo senza impegnarsi in un lavoro ordinario, attraverso il quale comprare una casa con i risparmi, spesso di una vita, assistiti dalla contrazione di mutui, oramai di durata secolare. È di moda soprattutto tra i giovani e belli, abbronzati e domiciliati nelle palestre, a prescindere dalla loro capacità di mettere insieme correttamente due numeri oppure tre condizionali. Tutto questo garantisce i cacciatori (prioritariamente quelli che amano cacciare di frodo) e rende perdenti le prede più di quanto lo siano per definizione (principalmente quelle immature e stupide). Così facendo chi conta di più, in forza di una politica sporca che regala potere contrattuale ai furbi a prescindere dalle loro capacità reali, si improvvisa taumaturgo dei guai del territorio e della povertà delle famiglie. Non solo, si propone “talent scout” per le bellezze più esibizioniste e per gli esemplari più ambiziosi. Il gioco è fatto! C’è chi perde, e lo fa in silenzio senza propagandare la propria sconfitta. C’è chi vince e che fa di tutto per dimostrare il proprio divenuto io. Con questo incrementa la forza contrattuale del suo “mentore”. Insomma, c’è una bella schifezza in giro, esemplificativa di una cultura giovanile che sta scivolando a valle senza scampo, perché incentivata dai mascalzoni che nella politica e dintorni trovano facile residenza. Non si contano i perdenti. Così come non si conteranno i disillusi, a rischio di psicofarmaci all’ingrosso. Per intanto, i genitori migliori rimangono ignari di tutto oppure sono in pena. I peggiori diventano complici, affascinati dalle future millantate fortune dei propri figli. È uno dei danni peggiori della attuale politica che approfitta della disoccupazione che c’è per vendere ciò che non ci sarà mai: il lavoro (che una volta si apostrofava con l’aggettivo di “degno” !) Poi ci si meraviglia dei successi di Grillo e dei crescenti dissensi nelle piazze! È la politica dei nuovi di zecca che deve sfondare. Quella senza i burocrati dei partiti (che poi riescono a perdere le elezioni miseramente anche quando hanno il vento in poppa e gli altri sono azzoppati! ). Quella priva degli imperatori che fanno della ciarla televisiva e delle debolezze degli italiani le loro armi migliori. Ben vengano i giovani. E non solo anagrafici. Ci sono, infatti, tante new entry che sanno delle vecchie muffe che hanno infettato il Paese per un ventennio, supponendo che lo stesso fosse immune ovvero migliorasse. No, quello è il gorgonzola! Il Paese è fatto di gente per bene cui tocca, prima o poi, reagire per non morire. È  successo, quindi, che i padri e le madri, prima di lasciare i figli esposti a ciò che c’era e che c’è ancora oggi, hanno reagito elettoralmente, seppure non organizzati per l’occasione. È il prezzo del pericolo di fame ove il pane sono i diritti sociali a rischio di esigibilità e il companatico è l’immoralità che domina ovunque. E non è finita qui!
Quanto alla Calabria, va girata come un calzino. Ma non come quello “minacciato” sino ad ora,  che invece di rigirarlo ha fatto di tutto per rintracciare la parte più fetida da erigere a simbolo del governo della spesa pubblica. D’altronde, neppure i tentativi di migliorare qualcosa sono rintracciabili. Il marciume è “superstitizzato”, per dirla alla Crozza in imitazione di Maroni. Anzi, si è ingigantito. I provvedimenti assunti dalla Regione e da alcune aziende della salute sono portati ad esempio nel Paese. Sono in tanti che leggendoli ridono. Gli affezionati alla nostra terra: piangono per come siamo trattati. I diritti di cittadinanza? Calpestati. Le raccomandazioni? Si moltiplicano in progressione geometrica. I favoriti, spesso senza arte né parte? Sberleffano i titolati messi da parte. I servizi fondamentali e le prestazioni essenziali? Sono in pochi a conoscerne l’esistenza. Insomma, c’è in atto una guerra che non fa prigionieri. Uccide la Costituzione.

* Docente Unical

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