REGGIO CALABRIA «Questa giustizia insulta l’Italia intera offendendo l’intelligenza di un bambino». Questa è la sintesi di un corposo dossier già rimesso al Csm, al procuratore generale presso la Corte Suprema di Cassazione e che lunedì sarà partecipato ai vertici della magistratura inquirente e giudicante reggina.
L’attacco frontale prende le mosse dalla recente scarcerazione del consigliere regionale sospeso Antonio Rappoccio preceduta «dal parere favorevolmente espresso “a sezioni unite” da due magistrati costituti in “sub-Procura” all’interno di quella coordinata dal neo procuratore, il dottor Federico Cafiero De Raho» ove, evidentemente, è stato mortificato qualsivoglia rapporto gerarchico.
In particolare, l’esposto sottolinea la circostanza «che i magistrati Sferlazza e Musolino dopo aver subìto l’avocazione delle indagini da parte della Procura generale erano letteralmente “spariti”, anche dalle udienze dibattimentali alle quali ha egregiamente partecipato la dottoressa Anna Arena, che però non ha espresso il parere “incriminato” che invece è stato formulato dai “redivivi” ad hoc magistrati avocati». Con riferimento al Tribunale ordinario che «asetticamente e fideisticamente ha recepito l’input della sub-Procura», Chizzoniti, incalza richiamando «la reticente distorsiva, perfida e compiacente motivazione che annienta tutte le permanenti esigenze cautelari conclamate dal Tribunale della Libertà appena in data 25/02/2013 con espresso riferimento ai numerosissimi testi, della pubblica e privata accusa, nessuno dei quali è stato escusso».
«Se poi si pensa che – prosegue Chizzoniti – dei predetti testi è stato esaminato e controesaminato soltanto il sottoscritto denunciante allora viene da pensare che “la necessità di acquisire genuinamente in giudizio le dichiarazioni testimoniali che potrebbero risultare concretamente destinatari di pressioni da parte dell’imputato” il Tribunale della Libertà la volesse riferire soltanto al teste Chizzoniti…». Anche perché, ricorda Chizzoniti, «lo stesso Tdl non ha mancato di rimarcare che l’imputato “ha infatti dimostrato, con riguardo alla pubblicazione di un articolo di un quotidiano locale di intervenire costantemente, nel corso del tempo, per bloccare l’emersione della verità e l’esistenza del gruppo associativo…”».
Chizzoniti si chiede cosa è cambiato «dal 25 febbraio ad oggi? Assolutamente nulla. Ciò nonostante restituzione in libertà senza obblighi che pur non sono stati risparmiati alla signora Sandra Lonardo in Mastella quando alla stessa, soltanto perché ha partecipato, secondo un rito politico ultraconsolidato, alle trattative per la lottizzazione selvaggia delle aziende sanitarie campane, è stato imposto il divieto di dimora in Campania di cui all’art. 283 co. 1 c.p.p., precludendole l’esercizio delle funzioni di presidente del Consiglio della Regione cara al dottor Cafiero. Ne deriva che la “Badogliata” ordinata dalla magistratura introdotta dal senatore Renato Meduri, da sempre uomo onesto, coraggioso e spericolatamente libero, sarebbe tutt’altro che surreale anche con riferimento al livoroso capriccio che ha alimentato la consumazioni di vendette nei confronti dei magistrati della Procura generale e del sottoscritto soltanto perché è stata avvertita la sensibilità e il dovere di scrivere una scomoda verità di fronte alla quale in molti fino ad oggi si sono girati dall’altra parte».
Particolarmente sarcastica è la considerazione di Chizzoniti, con riferimento a quella che definisce «iniqua ed irresponsabile motivazione, che oltre a sconcertare l’attonita opinione pubblica richiama comportamenti da commedia dell’arte. Laddove, per il Tribunale la sospensione di Rappoccio dal partito di appartenenza ne avrebbe sterilizzato qualsivoglia possibilità di reiterazione di una sfilza interminabile di gravissimi reati, consumati anche ai danni della Regione Calabria. Già costituita parte civile nei confronti del predetto che da giorno 25 luglio andante quale consigliere regionale diventerà parte civile contro se stesso!».
«Per il Tribunale, quindi – prosegue il consigliere regionale – è esclusa la possibilità che il partito, non dovendo acquisire il parere del duo Sferlazza-Musolino e tanto meno quello di un eccentrico Tribunale, revochi – motu proprio – la sospensione, escludendo, altresì, che il reintegrando consigliere possa anche cambiare partito o mettersi in proprio fondandone un altro. Stesse considerazioni valgono per la chiusura della segreteria politica nel cui contesto né la tenebrosa Procura tanto meno il brioso Tribunale hanno tenuto conto dell’esistenza in Regione della struttura del gruppo consiliare di appartenenza e dello staff personale cui ogni consigliere ha pienamente diritto».
Nell’analisi di Chizzoniti «risulta inconfutabile, quindi, che, Procura e Tribunale sul terreno delle esigenze cautelari considerino più importanti e decisive la sospensione da un partito e la chiusura di una segreteria politica (entrambi in qualsiasi momento riattivabili), rispetto all’esercizio delle funzioni di consigliere regionale, con annessi e connessi. Alle quali, Procura e Tribunale, hanno restituito scientemente e cinicamente il predetto imputato sempre di più plurimiracolato da una magistratura che fa di tutto per farsi male da sola. Anche per questo versante si esalta la più stravagante e grottesca delle motivazioni che ha impegnato il generoso collegio giudicante nell’invenzione di uno strano, opaco, insolito concetto delinquenziale, statico ed oggettivo, assurdamente perimetrato esclusivamente attorno al “locus commissi delicti” (segretaria politica e partito), mentre il TdL, soltanto in data 25/02/2013, aveva sostenuto l’esatto contrario in ordine alla rete di complicità – relata refero – “costruita grazie anche alle funzioni politiche svolte dal marzo 2010 ad oggi”. Sic transit gloria mundi!».
Chizzoniti richiama l’attenzione del Csm e dei vertici nazionali della magistratura anche «sull’assoluto disinteresse della Procura in ordine alle diverse intimidazioni subite (anomalo furto dell’autovettura, scardinamento della porta dello studio, imbrattamento di un’altra autovettura all’interno del garage, minacce di morte, ecc.) tutte a conoscenza della Procura della Repubblica che neanche, sotto questo aspetto, ha ritenuto di attestarsi su una posizione di doverosa quanto responsabile prudenza. Quindi, mentre l’Ufficio inquirente – conclude Chizzoniti – coordinato dal reggente Sferlazza, richiede ed ottiene misure cautelari personali nell’anno 2013 per taluni dipendenti comunali accusati di assenteismo per episodi risalenti al 2011, Rappoccio è libero di… ricominciare. Ancora una volta tutelato e protetto da una Giustizia ingiusta, stravagante, inossidabile e immortale che nulla fa per essere credibile». (0020)
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