Una professione, quella dell’onicotecnico che non ha ancora una definizione propria: un intero settore, tra l’altro composto da migliaia di lavoratori, senza una normativa. Se ne sono accorti in tanti tranne i solerti giornalisti del Corriere della Sera e del Corriere della Calabria, i quali, senza approfondire evidentemente la materia, si scagliano contro una proposta di legge volta a regolare un comparto e, quindi, l’attività di tante persone che vi operano.
Un disegno normativo la cui unica colpa è quel di dar vita ad una disciplina chiara e lampante per una professione troppo spesso svolta in nero, e, di conseguenza, in assenza di precisi parametri economici e sanitari. Questo perché l’onicotecnico non ha un proprio codice attività; non lo si può di fatto diventare perché manca un riconoscimento legale nonostante (e non serve essere acuti osservatori, cosa che tra l’altro il giornalista dovrebbe essere per antonomasia) ognuno di noi conosca almeno una donna che sfoggia unghie ben curate, “ricostruite”, o arricchite dalla cosiddetta decorazione.
Che il problema sia sentito a livello nazionale non è difficile da scoprire: le ‘profonde’ ricerche compiute con accuratezza sia dal giornalista Stella (che ha ripreso il lavoro del suo collega calabrese) sia da Bellantoni, avrebbero dovuto condurli in centinaia, e dico centinaia, di pagine che, sotto forma di forum o semplicemente di segnalazione, dibattono sull’argomento. Tra queste, solo per citare un esempio, anche la legge regionale del Lazio che ha disciplinato autonomamente quest’attività sul suo territorio, stabilendo (guarda caso!) come requisito un corso di formazione presso apposite scuole accreditate dalla stessa Regione.
Giusto per non dilungarmi, ma per avere il piacere di trasferire qualche conoscenza in più ai giornalisti, c’è anche un progetto di legge in Piemonte così come in altre regioni ed esiste un disegno di legge presentato al Senato dal titolo “Disciplina dell’attività di onicotecnico”.
A ciò si aggiunga anche l’appello per aderire all’iniziativa intrapresa da Unione Nazionale Onicotecnici, con la quale si chiede, appunto, di accelerare l’iter di una normativa (riporto testualmente) «per riconoscere e disciplinare l’attività di decorazione e applicazione unghie. Solo in questo modo sarà garantita a migliaia di persone, che già lo fanno al di fuori della legge, la possibilità di lavorare con una normativa specifica e con una preparazione adeguata che salvaguardi anche la salute degli utenti». Vi è inoltre una lettera (http://www.unionenazionaleonicotecnici.it/associazione/lettera/) che il presidente della stessa associazione, Maurizio Mengato, ha inoltrato agli allora presidente del Consiglio e del Senato per sensibilizzare sulla tematica: missiva che consiglio di leggere qualora questa mia dichiarazione non venga ritenuta, da così illuminate penne, sufficiente a scaturire la completa buona fede dell’intervento normativo presentato.
Forse, invece di guardare ad un intero panorama, è più facile rivolgere lo sguardo alla Calabria, dove tra l’altro una medesima legge è stata depositata qualche giorno dopo la mia: sarebbe gravissimo se la discriminante per questa strumentalizzazione fosse dettata dal fatto che io appartenga al genere femminile a differenza dei senatori firmatari del disegno di legge e degli altri colleghi, o probabilmente, tale accanimento è dettato solo da “appartenenze” politiche.
Chiusa tale parentesi, ribadisco che questa risposta serve solo a fornire qualche delucidazione in merito ed evidenziare come la questione sia estesa a livello nazionale e non riguardi solo la Calabria, per la quale ho ritenuto opportuno cercare di colmare un vuoto ed andare incontro a dei lavoratori che vogliono solo praticare il loro mestiere nel rispetto della legge.
Sulla mia attività di consigliere regionale, incarico che ricopro solo da aprile, sarebbe bastato, qualora si fosse dimostrata correttezza e completezza nell’informazione da dare ai lettori, interpellarmi: avrei potuto spiegare il senso della proposta ed illustrare tutti i progetti di legge in itinere come quello a tutela delle vittime di violenza di genere o la proposta a favore delle donne affette da endometriosi ed ancora quella, già al vaglio della commissione competente, sulle norme per la promozione della cittadinanza di genere e politiche di conciliazione vita-lavoro.
Ma probabilmente, in assenza di tempo per verificare l’ampiezza del dibattito, (che mi auguro si sia compreso va ben al di là di un mero fattore estetico) contattarmi avrebbe sottratto tempo prezioso alle urgenti inchieste di Bellantoni e di Stella, il quale è sempre solerte a puntare il dito contro le amministrazioni della punta dello stivale: feroci critiche di cui ho memoria sin dai tempi di assessore comunale a Reggio Calabria.
Auspico che questa nota non impegni troppo i giornalisti in questione: sarebbe imperdonabile se gli stessi, a causa del mio comunicato, dovessero distrarsi e mancare qualche importante notizia per la Calabria e per il Paese!
La replica “graffiante” della consigliera regionale, contrassegnata da un tentativo di analisi sarcastica dei fatti piuttosto malriuscito, conferma quel che già appariva lapalissiano: per l`ex assessore del Comune di Reggio la tutela degli onicotecnici è una questione prioritaria per una Calabria che dovrebbe affrontare altre emergenze. Non possiamo che prenderne atto. (p.b.)
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