Ultimo aggiornamento alle 18:05
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

“Cosa mia”, inflitti oltre 400 anni di carcere

PALMI È una conferma rotonda dell’impianto accusatorio costruito dai pm Roberto Di Palma e Giovanni Musarò la sentenza con cui la Corte d’Assise di Palmi ha condannato 42 imputati del processo “Cos…

Pubblicato il: 30/07/2013 – 11:10
“Cosa mia”, inflitti oltre 400 anni di carcere

PALMI È una conferma rotonda dell’impianto accusatorio costruito dai pm Roberto Di Palma e Giovanni Musarò la sentenza con cui la Corte d’Assise di Palmi ha condannato 42 imputati del processo “Cosa Mia”, il procedimento scaturito dall’inchiesta che ha svelato le infiltrazioni dei clan Gallico-Bruzzise-Morgante e Sciglitano nei lavori dell’A3. Solo in quattro si salvano dalla mannaia del presidente Silvia Capone, che – accogliendo le richieste dell’accusa  – ha inflitto oltre 400 anni di carcere ai 42 imputati, condannati a pene che vanno dai due anni all’ergastolo.

GLI ERGASTOLI  La massima pena è stata inflitta a Domenico Gallico, Giuseppe Gallico, Salvatore Morgante, Carmine Demetrio Santaiti, ma anche a Lucia Giuseppa Morgante, la settantenne che dal carcere portava all’esterno gli ordini di morte durante la faida tra i Gallico ed i Bruzzise, che tra il 1980 ed il 1988 ha portato alla morte di 52 persone. Delitti che i pm Di Palma e Musarò sono in larga parte riusciti a ricostruire nei lunghi anni di indagine sui clan di Palmi e Seminara, confluiti poi nell’inchiesta “Cosa mia”, che ha cristallizzato in una monumentale richiesta di misura cautelare, quindi in un altrettanto impegnativo procedimento, le attività tanto imprenditoriali come meramente criminali delle ndrine Gallico-Morgante-Sgrò-Sciglitano di Palmi, e i Bruzzise-Parrello del “locale” di Barritteri e Seminara. Una fotografia fedele, che ha inchiodato capi e gregari dei clan, condannati oggi a pene pesantissime.

LE ALTRE CONDANNE Dovrà passare 25 anni dietro le sbarre Giuseppe Bruzzise, mentre a Teresa Gallico la Corte ha inflitto una condanna a 22 anni e 9 mesi di reclusione. Per Rocco Gallico sono invece   21 gli anni di reclusione da scontare, mentre per Carmelo Bruzzise la pena inflitta è di 20 anni di reclusione. I giudici di Palmi hanno inoltre punito  Antonino Gallico con 19 anni e 6 mesi di carcere, Filippo Morgante, condannato a 18 anni e 6 mesi e  Antonino Ciappina, che dietro le sbarre ci dovrà passare 18 anni. Diciassette anni di reclusione sono stati inflitti inoltre a, Domenico Sciglitano,  16 ad Antonio Bruzzise, 15 a Carmelo Sciglitano. Ancora, è di 14 anni e 9 mesi la condanna inflitta a Francesco Cutrì, mentre sei mesi in meno dietro le sbarre dovrà passare  Maria Carmela Surace, condannata  a 14 anni e 3 mesi. Rimediano una condanna a 14 anni  Vincenzo Bruzzise e Matteo Gramuglia, mentre per Antonio Costantino il Tribunale ha disposto una condanna a 13 anni e 6 mesi. È di 12 anni e 9 mesi, la pena inflitta invece a Carmine Gaglioti, mentre sono 12 gli anni di carcere che dovranno scontare Mariangela Gaglioti, Vincenzo Sciglitano  e Antonino Costa. Rimediano 10 anni di carcere  Diego Rao e Alfredo Morabito, mentre è una pena a 9 anni di carcere che dovranno scontare  Vincenza Surace, Giovanni Bruzzise, Vincenzo Oliverio e Carmela Carbone. È infine di 7 anni e sei mesi la pena inflitta a Vincenzo Cambareri, sei mesi in meno dietro le sbarre dovranno passare Elena e fortunata Bruzzise, mentre per Pasquale Galimi e Roberto Caratozzolo, la Corte ha disposto una condanna rispettivamente  a 5 anni e 6 mesi e a 5 anni. Pene minori vanno a Giuseppe Papasergi, condannato  a 3 anni e 6 mesi, Pasquale Mattiani, condannato  a 3 anni e a  Fortunato Princi, Antonino Giovanni Campagna, Vincenzo Campagna e Maria Ditto, tutti sanzionati con una pena a due anni di reclusione. Solo quattro le assoluzioni, Vincenzo Gramuglia, Rocco Salvatore Gaglioti, Antonio Cilona e Vincenzo Galimi, contro le quali – si mormorà già in Procura – i pm faranno sicuramente appello.

SUCCESSO DELLA PROCURA  Ma per la pubblica accusa, la sentenza emessa dalla Corte presideduta da Silvia Capone, è già un risultato straordinario che conferma il lungo lavoro di indagine, avviato nel 2005 dal pm Roberto di Palme, affiancato dal sostituto procuratore Giovanni Musarò a partire dal 2008. Un lavoro certosino che ha svelato che i cantieri per i lavori di ammodernamento della A3 continuavano ad essere stretti nella morsa delle organizzazioni criminali, che imponevano una tangente del 3% sugli appalti quale corrispettivo per la “sicurezza”. Una tassa che i clan imponevano con un rosario di furti e danneggiamenti e le grandi imprese accettavano – e probabilmente accettano – di pagare senza troppi problemi. Un’ipotesi accusatoria alla base di diversi procedimenti e che oggi incassa la quarta conferma. Prima del procedimento “Cosa Mia”, il regime di terrore imposto dai clan sui cantieri e l’atteggiamento – nella migliore delle ipotesi – accondiscendente delle grandi imprese che lo subiscono, ere stato confermato dalle sentenze del processo Arca, tanto con rito abbreviato, come in ordinario, e dall’abbreviato del procedimento Cosa Mia, che nel gennaio scorso ha portato alla condanna di altre 22 persone.

TRASMISSIONE DEGLI ATTI PER UN INGEGNERE DI “CONDOTTE” Un messaggio chiaro anche per professionisti e tecnici delle grandi imprese – come Impregilo e Condotte – chiamati a lavorare in Calabria e troppo spesso – ipotizza la Procura – disponibili a recepire i desiderata dei clan. Un’ipotesi che anche il Tribunale ha voluto valorizzare, disponendo l’immediata trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica in relazione alla deposizione dell’ingegnere di Condotte, Giancarlo Sales, la cui versione su un’estorsione subita dalla ditta e per la quale il responsabile ha ricevuto una sonora condanna, è stata ritenuta palesemente inattendibile. Medesimo provvedimento è stato adottato inoltre per Gaetano Marelli, Luca Lagrotteria, Antonio Schirato e Antonio Scibilia, mentre sarà la Dda di Reggio Calabria a dover valutare gli atti riguardanti Giuseppe Gallico in merito all`omicidio di Salvatore Gullo e Carmelo Ditto. (0080)

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x