Ultimo aggiornamento alle 12:09
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

Stragi e larghe intese

Forse per la prima volta, l`anniversario della strage di via d`Amelio è stato ricordato senza la presenza di esponenti del governo, del parlamento, dello Stato. È sicuramente il segno dei tempi. Il…

Pubblicato il: 07/08/2013 – 16:15
Stragi e larghe intese

Forse per la prima volta, l`anniversario della strage di via d`Amelio è stato ricordato senza la presenza di esponenti del governo, del parlamento, dello Stato. È sicuramente il segno dei tempi. Il nuovo corso, quello delle larghe intese, ha ridotto le stragi del 1992 ad un episodio lontano della storia, senza riferimenti al presente, dimenticando che l`Italia di oggi, con i suoi problemi, i suoi governi, le sue mafie, la sua crisi morale, politica, economica, è figlia diretta di quel convulso periodo di mutamenti profondi, di colpi di stato striscianti, di tentativi di secessione proclamati, di crisi dei partiti tradizionali e di nascita di altri, funzionali al nuovo corso della politica, lanciato verso la seconda repubblica. Gli storici avranno motivo di approfondire gli aspetti più oscuri di quegli anni, visto che le indagini giudiziarie non riescono ad andare oltre il livello delle responsabilità degli esecutori e dei loro mandanti diretti, per lo sbarramento opposto da chi sa e non vuole che si sappiano i motivi, i personaggi, gli interessi, che stanno dietro quei tragici avvenimenti. Di sicuro sappiamo che, quanto meno con riferimento all’omicidio Borsellino, uomini ai vertici delle strutture investigative siciliane, comprese quelle giudiziarie, hanno costruito i primi e accettato i secondi, una pista investigativa falsa, costruita sulla base di collaborazioni artefatte, con attività di riscontro a loro volta distorte  e inquinate. È questo il crimine, altrettanto grave della strage, consumato ai danni di Paolo Borsellino, ma quelle deviazioni trovano ancora oggi prosecuzione, con ostacoli di vario genere frapposti ai magistrati che a Palermo e Caltanissetta cercano di accertare le reali responsabilità di quelle stragi, a qualunque livello esse si trovino. Collateralmente, per fare qualcosa che si possa spacciare per  antimafia, si partecipa ad iniziative definite di “lotta alla mafia”, possibilmente su di un palco, in una calda serata estiva, con giornalisti pronti a sottolineare l’impegno dei relatori, il coraggio delle parole, la partecipazione della “gente”. Scambiano, alcuni in buona fede, la partecipazione ad incontri nei quali si parla di mafia (senza fare nomi, naturalmente) con la lotta alla mafia, quella vera o almeno ad un suo accettabile equivalente, scambiano piccole riforme di aggiustamento di codice penale e di procedura penale come manovre decisive per ridurre la mafia sul lastrico. In cambio si ricevono premi, fiori, altre utilità, pubblicità e largo consenso politico e associativo  ed è quanto basta. Il pensiero non può che andare a quanto scriveva Peppino Di Lello (uno dei giudici istruttori di Palermo che componeva il pool antimafia, negli anni ’80, insieme a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta, quest’ultimo poi sostituito da Giacomo Conte) nel bel libro, “Giudici”, pubblicato nel 1994 da Sellerio. «I giudici da sempre hanno mostrato una grande scaltrezza nel riconoscere in teoria la pericolosità della mafia per le sue connessioni con il potere politico ed economico e, nel momento di passare alle prassi giudiziarie, nel perseguire costantemente la sola ala militare dell’alleanza, tenendo fuori dal loro campo d’azione l’altro corno del problema: i molti fallimenti della giurisdizione si possono senz’altro spiegare con la funzionalità di queste prassi alla strategia della rilegittimazione continua del potere legale». Da ciò, continua Di Lello, il tentativo del “sistema” mafioso di “scaricare gli elementi del suo esercito diventati troppo ingombranti e troppo scopertamente illegali in relazione alle situazioni contingenti”, insieme “all’isolamento e alla demonizzazione di singoli personaggi, politici, magistrati o altri, trovatisi in condizione di nuocere alla sua immagine a ai suoi aggiornati interessi” (Pagine 11 e 12 del libro citato). Di Lello conosceva assai bene l’ambiente giudiziario di Palermo e dunque sapeva perfettamente di cosa parlava; i suoi non erano riferimenti astratti e generici, tutt’altro. Oggi, la sua  lucida analisi può essere riferita alla situazione di altri territori d’Italia, ma è con riferimento a quella reggina e calabrese che essa risulta attuale e perfettamente corrispondente alla realtà. E non certo a caso. Nella nostra regione si sono pienamente consumate ambedue le alternative: quella della “potatura periodica” dei rami militari dell’organizzazione mafiosa per toglierle, almeno nel breve periodo, eccessiva visibilità (condizione che non si addice alle società per loro natura “occulte”), insieme a  quella dell’oscuramento e della demonizzazione dei magistrati che hanno inciso nel vivo degli interessi politici e dei livelli di congiunzione degli interessi del sistema, di provenienza mafiosa, massonica, politica ed eversiva. Queste sono le cause profonde di tante vicende che passano dal Csm, queste le spiegazioni alle fortune di pochi e all’oscuramento di altri. L’interfaccia “civile” è costituito dalle cosiddette “associazioni antimafia”, di cui qualcuno auspica la fusione per essere, ancora più facilmente di quanto avvenga tuttora, essere omologate al potere politico, in un abbraccio mortale che non teme di sfidare l’ossimoro più clamoroso (ossimoro è l’accostamento di due termini che si contraddicono a vicenda), quale quello di antimafia e potere politico in Calabria.

* Magistrato

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x