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Il riscatto passa dal "gammune"

Tradizione, recupero del passato, attenzione per il territorio con un occhio rivolto al futuro. Il valore aggiunto che può risollevare le sorti della nostra regione potrebbe passare da questi ingre…

Pubblicato il: 25/08/2013 – 11:07
Il riscatto passa dal "gammune"

Tradizione, recupero del passato, attenzione per il territorio con un occhio rivolto al futuro. Il valore aggiunto che può risollevare le sorti della nostra regione potrebbe passare da questi ingredienti. Ne sono convinti tre piccoli produttori di salumi del Cosentino che si sono associati tra loro per lanciare un prodotto che, diversamente, si sarebbe per sempre perso: il gammune di Belmonte.
Una politica dei piccoli passi, quella scelta dagli imprenditori, che ha consentito di recuperare la tradizionale produzione di questo insaccato e rilanciarlo sul mercato estero, tanto da divenire uno dei prodotti più apprezzati dell`ultima edizione del “Salone internazionale del gusto e Terra madre” andato in scena nel centro fiere di Torino.
Così il “culatello del Sud” – come alcuni esperti dell`enogastronomia di qualità hanno definito il gammune – potrebbe ora divenire una delle vere sfide economiche per il futuro della nostra regione. Con il rilancio dell`intera filiera produttiva del suino nero di Calabria.

IL CULATELLO DEL SUD
L`insaccato, le cui origini si legano alle tradizioni norcine dell`800 calabrese, è nato a Belmonte Calabro. In questa località del Tirreno cosentino il gammune – salume ottenuto dalla parte interna della coscia del suino, ricoperta da peperone dolce e insaccato nell`intestino del maiale – veniva prodotto soprattutto dalle famiglie meno abbienti attraverso la trasformazione delle carni del “nero” di Calabria. Questa specie di maiale, appartenente all`antica razza discendente dal suino nero casertano, garantiva al salume un sapore unico del genere. Ma negli anni questa tradizionale preparazione del salume ha ceduto il passo per far posto all`utilizzo di carni meno pregiate. Così per produrre il “gammune” – che deve il suo nome al termine dialettale con cui si indica la gamba, appunto “gamma”, secondo alcuni derivante dall`iberico jamòn – dagli anni 50 in poi le famiglie hanno preferito maiali rosa di stazza più grossa come il large white o il landrace, che garantivano una resa quantitativa superiore e, conseguentemente, maggiore redditività. Una scelta che però aveva deprezziato la qualità e soprattutto il gusto del salume belmontese. Da qui l`idea di recuperare quella tradizione puntando proprio sull`allevamento e la trasformazione dei maiali neri di Calabria che, nel frattempo, si erano quasi del tutto estinti. E soprattutto la nascita di un presidio slow food che garantisse, sostenendola, l`intera catena di produzione dell`insaccato. Un iter che per la sua complessità – sia in termini di lavorazione che per la stagionatura – e per i tempi di recupero dell`investimento aveva necessità di una tutela maggiore. Seguendo la tradizionale concia il salume, infatti, per stagionare – ogni pezzo pesa tra i due e tre chili e mezzo – ha la necessità di rimanere nelle cantine per almeno sedici mesi.
Un passaggio che è arrivato solo due mesi addietro quando il gammune di Belmonte è ufficialmente entrato a far parte dei presidi slow food italiani. Un risultato che ha permesso, appunto, all`insaccato calabrese di partecipare da protagonista a Torino e di far conoscere questo salume al mercato internazionale di qualità.

IL VALORE AGGIUNTO DEL “NERO” DI CALABRIA
Dietro il progetto di rilancio del “gammune” c`è soprattutto il connubio tra i produttori dell`antico insaccato belmontese e il Consorzio “Nero di Calabria”. Quest`ultimo – che entro l`anno dovrebbe divenire anch`esso un nuovo presidio Slow food – raccoglie 15 allevatori di suino nero. La peculiarità assicurata dall`allevamento nel Consorzio è dovuta alla circostanza che gli animali vivono allo stato brado nei boschi, cibandosi prevalentemente di prodotti “no Ogm” e, negli ultimi due mesi di vita del maiale, di castagne, ceci e ghiande.
Proprio grazie alla fornitura delle carni provenienti da questo Consorzio il “gammune di Belmonte” acquisisce quel particolare gusto che aveva in origine. E a garanzia dello standard di qualità il disciplinare per la produzione dell`insaccato fa esplicito riferimento all`utilizzo esclusivo di queste carni. Un aspetto, dunque, che permetterà la crescita dell`intera filiera. «Noi – afferma il presidente del Consorzio “Nero di Calabria”, Franco Simone – stiamo portando avanti un progetto iniziato 5 anni addietro che ha accomunato all`inizio 4 allevatori di maiali neri. Oggi possiamo contare su oltre 4mila capi disseminati per l`intera Calabria». Ma il progetto del Consorzio è più ambizioso e mira al raddoppio dei suini in due anni. «Stiamo divenendo come una sorta di incubatore d`impresa – dice Simone –. Noi offriamo il metodo di lavoro e alcuni Comuni stanno mettendo a disposizione terreni e persone che intendono investire in questa filiera». L`iniziativa più interessante illustrata dal presidente del “Nero di Calabria” è in cantiere a Cerchiara. «È nata una collaborazione con un gruppo di giovani  – racconta – interessati a far nascere un prosciuttificio diffuso: una rete di piccoli produttori che lavorino le nostre carni creando una quantità sufficiente a tenere il mercato». Ma è il “gammune” che al momento sta ottenendo maggiori consensi: «le richieste sono state tante da portare alla macellazione di 20 animali a settimana». Un risultato che ha dell`incredibile vista la giovane età dell`idea. «Il progetto – spiega Mario Arlia, referente dei produttori del presidio “gammune di Belmonte” – è partito operativamente dallo scorso anno ed è nato dall`intuizione di recuperare il metodo tradizionale di lavorazione dello storico insaccato dei nostri luoghi utilizzando la carne del suino nero di Calabria. Grazie all`incontro fortuito con il coordinatore area ambiente di “Slow Food Italia”, Silvio Greco, questa idea si è tramutata in una vera e propria iniziativa imprenditoriale». E i risultati sono già incoraggianti. «Abbiamo già avuto – dice Arlia – molte richieste da parte di distributori e ristoratori di alta gamma anche Oscar Farinetti, patron della catena “Eataly” si è dimostrato particolarmente interessato al “gammune” e se le intenzioni si tramuteranno in ordinativi per il nostro prodotto si aprono le porte della grande distribuzione di qualità». Il sogno accarezzato da Arlia che è anche produttore di gammune oltre che allevatore di suini neri è quello di «ripetere il successo dello “joselito”. La produzione di questo prosciutto ha invertito le sorti di una delle zone più povere della Spagna». Ne è convinto anche lo stesso Silvio Greco. «Sono occasioni come queste – sostiene l`esponente nazionale di Slow food Italy – che vanno colte appieno per creare le condizioni di vero sviluppo del territorio. Il recupero di una tradizione come quella della produzione del “gammune” ha ricadute anche turistiche. Noi come  Fondazione promuoviamo a livello internazionale le località che sono sede di presidi enogastronomici e, dove queste iniziative sono state adeguatamente supportate hanno prodotto benefici notevoli per l`intera economia locale».

(Il servizio è stato pubblicato sul numero 74 del Corriere della Calabria uscito il 15 novembre del 2012)

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