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DROGA HAUTE COUTURE | Il tariffario dei grossisti

REGGIO CALABRIA La chiamavano “D&G”, “dolcè”, trucco”, “dolce e gabbana” o “gold”. E sui panetti c’era addirittura stampato il nome della prestigiosa casa di moda. Ma l’oggetto delle conversazioni …

Pubblicato il: 01/10/2013 – 13:36
DROGA HAUTE COUTURE | Il tariffario dei grossisti

REGGIO CALABRIA La chiamavano “D&G”, “dolcè”, trucco”, “dolce e gabbana” o “gold”. E sui panetti c’era addirittura stampato il nome della prestigiosa casa di moda. Ma l’oggetto delle conversazioni delle 23 persone per le quali la Dda reggina ha chiesto e ottenuto la cattura non era né l’haute couture, né l’ultimo trend delle sfilate di Milano o Parigi, ma la droga. Un fiume di hashish, punteggiato di sporadiche forniture di cocaina, che ogni settimana dalla Francia arrivava nella Piana di Gioia Tauro e a Palermo, trasportato su vetture di grossa cilindrata che viaggiavano sulle autostrade nazionali, precedute da staffette che ne bonificavano il percorso, segnalando la presenza di eventuali volanti o posti di blocco.
A gestire il traffico era quello che il procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta ha definito «un gruppo particolarmente organizzato e agguerrito, che si forma e ha residenza territoriale nella Piana di Gioia Tauro, operando a metà fra lo spaccio e la grande importazione». Un gruppo pericoloso, perché in grado di rigenerarsi rapidamente anche dopo operazioni e arresti. Non si tratta – ha specificato il procuratore – di una diretta espressione dei clan locali, ma di certo «i personaggi preminenti di questa organizzazione, pur non essendo formalmente affiliati, hanno costanti e ottimi rapporti con la `ndrangheta». E anche se le indagini non hanno restituito prove del pagamento di una tangente o di una quota dei profitti ai clan, «è prassi che venga richiesta una quota dei profitti. Succede per le attività legali come per le attività illecite».
A dirigere le operazioni dalla Piana di Gioia Tauro era Girolamo Magnoli, un personaggio già noto alle forze dell’ordine per essere stato più volte lambito da precedenti operazioni antidroga nella Piana, che poteva contare sul suo omonimo ma più giovane cugino residente a Marsiglia, per gestire l’intera logistica del traffico e i rapporti con i responsabili delle forniture. Un’altra organizzazione diretta da tale «Potò, alias Budù, alias Patù non identiticato – si legge nell’ordinanza – ed i suoi intermediari»,  che aveva rapporti diretti con Magnoli jr e Jean Francois Serfati, francese di origine maghrebina identificato come uno dei vertici del gruppo che aveva eletto Marsiglia a propria base logistica.
«In Francia – ha aggiunto il procuratore capo Federico Cafiero De Raho – c’era una vera e propria base formata tanto da emigranti di origine calabrese come da francesi di origine maghrebina». Erano questi ultimi a organizzare l’arrivo della droga in Italia, dove veniva ceduta non solo al gruppo-madre, stabilmente residente nella Piana, ma anche ad altre organizzazioni operanti a Palermo e provincia, e da qui ad altri gruppi residenti in provincia di Agrigento, di Ragusa, a Roma eprovincia, a Savona e provincia, stabili acquirenti dello stupefacente, poi distribuito nei mercati di rispettiva competenza.
Ma è soprattutto con Palermo, con la famiglia mafiosa di Brancaccio – ha voluto sottolineare Prestipino – che il gruppo sembrava avere consolidati rapporti. «Si tratta di relazioni non occasionali e non nuove. Già in passato abbiamo avuto evidenze dei rapporti di interazione fra le famiglie di Brancaccio e i Piromalli-Molè prima, solo i Piromalli poi, soprattutto per quanto riguarda le armi e la droga». Rapporti che dagli anni 70 a oggi si sono evoluti e sono rimasti saldi, come testimoniato dall’operazione che oggi ha fatto scattare le manette per Giovanni Sacco e Salvatore Inzerra, considerati capi dell’articolazione palermitana.
Traffici ricostruiti grazie a «un’indagine tecnica, basata soprattutto sulle intercettazioni», ha spiegato il capo della Mobile reggina, Gennaro Semeraro, che ha sottolineato come l’organizzazione fosse in grado di importare settimanalmente «circa cento chili di hashish, venduti – a seconda della qualità – a 1400/1700 euro al chilo, mentre la cocaina veniva pagata a circa 40-45mila euro al chilo». Tutti soggetti bloccati tra la notte e le prime luci dell’alba non solo in Italia, ma anche in territorio francese. «Questa notte sono stati emessi cinque Mae, mandati di arresto a fini estradizionali – ha sottolineato il procuratore Federico Cafiero De Raho – di cui tre già eseguiti, a conferma del perfetto collegamento che siamo riusciti ad avere con la Gendarmerie francese». All’appello ne mancano solo due, ma anche per loro potrebbe essere solo questione di tempo. (0020)

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