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La mannaia del pm sui "soci" del clan Commisso

REGGIO CALABRIA Sono richieste pesanti quelle avanzate dal pm Antonio De Bernardo per gli imputati del procedimento “Falsa politica” che hanno optato invece per il rito abbreviato. Sono 10 gli anni…

Pubblicato il: 04/10/2013 – 17:16
La mannaia del pm sui "soci" del clan Commisso

REGGIO CALABRIA Sono richieste pesanti quelle avanzate dal pm Antonio De Bernardo per gli imputati del procedimento “Falsa politica” che hanno optato invece per il rito abbreviato. Sono 10 gli anni di carcere invocati dalla pubblica accusa per l`ex assessore provinciale di Reggio, Rocco Agrippo, medesima pena invocata per Salvatore Commisso. È di nove anni di detenzione la pena richiesta per l’ex consigliere comunale di Siderno Giuseppe Tavernese, come per Cosimo Figliomeni, nipote dell’ex sindaco di Siderno, Alessandro Figliomeni arrestato nell’ambito dell’operazione “Recupero-bene comune”. Infine sono otto gli anni di carcere invocati per Pietro Futia e Pasquale Romanello. 
Per il pm Antonio De Bernardo che ha diretto l’indagine sono tutti coinvolti in quel sistema che ha preso in ostaggio l’amministrazione pubblica di Siderno e l’ha resa schiava dei voleri del clan. Le `ndrine – ha svelato l`inchiesta della Dda reggina, che completa ma non conclude il filone investigativo sul quale sono state tessute indagini come “Il crimine”, “Recupero-bene comune” e “Locri è unita” – erano arrivate fino ai gangli della vita politica del paese della Locride.  
A determinare i destini di un’intera comunità era infatti il clan Commisso, la cui benedizione era necessaria per tentare la scalata in politica. Per questo, politici di ogni colore si presentavano con il cappello dal boss Giuseppe Commisso, “U mastru” che da dietro il bancone della sua lavanderia “Ape green” dispensava buoni consigli e ricordava le regole che nessuno poteva permettersi il lusso di infrangere. Tutte conversazioni registrate e analizzate dagli investigatori e destinate a pesare su un procedimento che si candida ad essere prima di tutto una fotografia impietosa della politica e della società della Locride e non solo.
Cosimo Cherubino – ha svelato infatti l’inchiesta – era l’uomo che i clan avevano scelto come proprio rappresentante in consiglio regionale. (0040)

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