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Il sogno di Cissoko in fuga dalla Guinea

RENDE «Ciò che ci spinge a venire in Europa è un sogno». Aboubakar Cissoko, in fuga dalla Guinea, pronuncia queste parole che a dispetto dell’apparenza sono del tutto prive di retorica e le dice a …

Pubblicato il: 08/10/2013 – 19:24
Il sogno di Cissoko in fuga dalla Guinea

RENDE «Ciò che ci spinge a venire in Europa è un sogno». Aboubakar Cissoko, in fuga dalla Guinea, pronuncia queste parole che a dispetto dell’apparenza sono del tutto prive di retorica e le dice a un’aula gremita di studenti dell’Unical, venuti per assistere alla prima lezione di un corso sui diritti dei migranti, organizzato dalla professoressa Donatella Loprieno, da sempre impegnata sullo scivoloso fronte delle normative che nel nostro Paese tutelano – poco – chi arriva dai luoghi della disperazione. Con un tempismo non calcolato, eppure capace di rendere questo incontro drammaticamente attuale, a poche ore dalla tragedia di Lampedusa, la testimonianza del giovane Cissoko scuote l’animo e offende la ragione, perché lui stesso ha attraversato la rotta della morte, quella lungo la quale in troppi si sono perduti nel cercare scampo da guerre e dittature. Lui può raccontare la sua storia, che è quella collettiva di migliaia di altri disperati, perché lo Stato gli ha riconosciuto il diritto ad avere un permesso di soggiorno di tre anni, proprio per via delle torture e delle persecuzioni subite nel suo Paese. Per questo è diventato la voce e la viva testimonianza di una moltitudine cui è stato tolto tutto e, più di ogni altra cosa, la dignità di esseri umani. Raramente si può rendere viva una lezione come ha fatto la voce di Cissoko, che ha narrato l’impropria detenzione nei campi dove i migranti vengono raccolti in attesa che il loro destino si compia. I Centri di accoglienza, i Centri di identificazione ed espulsione, autentici gironi di un moderno inferno, che malgrado siano spesso a pochissima distanza da noi restano spesso sconosciuti o ignorati. A portarli alla luce resta il lavoro inesausto dei non pochi volontari che si prendono cura di queste vite spezzate. La fatica di battersi contro una burocrazia sorda e di districarsi tra mille codici è stata raccontata da Enza Papa, le cui giornate sono costruite sullo sforzo di restituire ai migranti quei diritti e quella speranza che sono di consueto calpestati. A catturare magneticamente la già alta attenzione degli studenti è poi giunto un documentario, realizzato da Cristina Mantis e girato all’interno di uno degli alberghi usati per accogliere i migranti, durante la recente emergenza nord Africa. In quella occasione molte strutture turistiche in disuso o fallite sono state elette a ricovero, con grande soddisfazione di imprenditori dell’emergenza che hanno accumulato parecchio denaro. «Complessivamente l’emergenza Nord Africa è costata un milione e trecento mila euro», racconta Enza Papa, svelando come queste strutture si siano rivelate non diversi da luoghi di detenzione, pure se le persone accolte non si fossero macchiate di alcun crimine. Gli interventi e le immagini del documentario raccontano il fallimento di quel progetto di accoglienza, isolando, marginalizzando e facendo precipitare i migranti nell’abisso dell’invisibilità sociale. Quel modo di affrontare il flusso migratorio dai paese arabi incendiati dalle guerre resta l’esempio più efficace per descrivere i modi con i quali la “fortezza Europa” si difende. E dentro questa trincea trovare il giusto riconoscimento dello status di rifugiato umanitario risulta molto difficile, perché «gli stessi governi che dovrebbero in Europa riconoscere questo status, sono quelli che fanno ottimi affari con le dittature dalle quali i migranti tentano di scappare».  E il modo migliore per capire certe spietate dinamiche è quello di mettere a nudo gli interessi economici occidentali nei paesi dai quali si scappa. (0090)

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