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Mano pesante contro le cosche di Scilla

REGGIO CALABRIA È una vera e propria stangata quella che il gup Minniti ha inflitto agli uomini delle cosche di Scilla, accogliendo in pieno la richiesta del pm Ferracane che per loro aveva invocat…

Pubblicato il: 09/10/2013 – 19:12
Mano pesante contro le cosche di Scilla

REGGIO CALABRIA È una vera e propria stangata quella che il gup Minniti ha inflitto agli uomini delle cosche di Scilla, accogliendo in pieno la richiesta del pm Ferracane che per loro aveva invocato mano pesante e nessuna attenuante. E a nulla sono valse le proteste – decisamente fuori tempo massimo – di Francesco Nasone, considerato elemento di vertice del clan, che poco prima della lettura del dispositivo ha chiesto e ottenuto di rendere dichiarazioni spontanee, durante le quali ha proclamato la sua innocenza – definendosi un onesto lavoratore che non ha avuto la possibilità di difendersi  – e revocato su due i piedi i suoi legali. Dopo pochi minuti di camera di consiglio, il gup ha dato lettura di un dispositivo che, nonostante la riduzione di un terzo della pena connaturata al rito abbreviato,  si rivela pesante per i 19 imputati. Diciotto anni di reclusione sono stati inflitti a Francesco Nasone, solo due in meno di quanto chiesto dal pm Ferracane, mentre è di 16 anni di reclusione la condanna inflitta al capoclan Virgilio Giuseppe Nasone e ad Arturo Burzomato, per i quali eran stati chiesti 18 anni di carcere. Per decisione del gup, dovrà passare invece 14 anni e quattro mesi dietro le sbarre Pietro Puntorieri,  mentre è di 14 anni la pena inflitta a Giuseppe Fulco e Matteo Gaietti. A dodici anni e sei mesi è stato condannato Carmelo Calabrese,  a 12 anni Rocco e Domenico Nasone (cl.69). Più ridotta la pena rimediata dall’omonimo ma più giovane Domenico Nasone (cl. 83) che insieme ad Antonino Nasone è stato condannato a 10 anni e otto mesi di reclusione. Ma vengono punite severamente anche le donne del clan Nasone-Gaietti, come Annunziatina Fulco, sorella di Giuseppe e “postina” del clan o Gioia Virgilia Grazia Nasone, madre di Giuseppe Nasone, accusata di essere il vero e proprio elemento di raccordo tra il figlio recluso e i vertici della consorteria. Per entrambe il gup ha disposto una condanna a sei anni, mentre per Maria Benedetto, fidanzata di uno degli uomini della famiglia e accusata solo di aver falsamente attestato di esserne convivente, il gup ha disposto una condanna a sei mesi, con pena sospesa.
Dure condanne infine sono arrivate anche per Francesco Spanò, rappresentante sindacale della Federazione italiana costruzioni e affini della Cisl,  Giuseppe Piccolo, responsabile della sicurezza sui cantieri e il caposquadra, Francesco Alampi, caposquadra – secondo l’accusa – impegnati nei cantieri più a riscuotere il pizzo per conto del clan che a tutelare l’interesse e la sicurezza dei lavoratori e per questo condannati a sette anni e quattro mesi di reclusione. Un successo rotondo per il pm Rosario Ferracane che a istruito l’inchiesta e sostenuto l’accusa in dibattimento.
A far partire le indagini che oggi hanno portato a severe condanne  la colonna vertebrale della storica cosca di Scilla che imponeva il proprio dominio anche sui lotti della Salerno-Reggio Calabria che ne attraversano il territorio, la denuncia di un imprenditore siciliano, vincitore dell`appalto per l`ammodernamento di un piccolo lotto della statale 18. La segnalazione dell`uomo, che ha immediatamente riferito alle autorità il tentativo di estorsione subìto, ha fatto partire le indagini che hanno condotto gli inquirenti a svelare il sistema di taglieggiamento sistematico imposto dal clan. Un’indagine condotta – hanno denunciato nel corso delle indagini gli inquirenti e ha ricordato anche in sede di requisitoria Ferracane – in splendida solitudine. Nonostante lotto per lotto, metro per metro, le `ndrine si siano spartite l`autostrada, piccoli e grandi imprenditori – nella migliore delle ipotesi – hanno preferito il silenzio alla denuncia delle estorsioni subìte.

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