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Detenuto muore, i familiari: non è stato curato

REGGIO CALABRIA Malato di tumore e non curato. È quanto denunciano i familiari di Antonino Vadalà, 61 anni, morto il 16 ottobre scorso all`ospedale Pellegrini di Napoli. Stava finendo di scontare u…

Pubblicato il: 20/10/2013 – 11:43
Detenuto muore, i familiari: non è stato curato

REGGIO CALABRIA Malato di tumore e non curato. È quanto denunciano i familiari di Antonino Vadalà, 61 anni, morto il 16 ottobre scorso all`ospedale Pellegrini di Napoli. Stava finendo di scontare una condanna a sette anni di carcere per associazione mafiosa, dopo essere stato giudicato nel processo scaturito dall`operazione “Bellu lavuru“ che fece luce sulle infiltrazioni della `ndrangheta negli appalti sulla Ss 106. I familiari hanno presentato una denuncia querela alla Procura di Napoli denunciando che, nonostante le condizioni di salute, il congiunto non è stato curato. La salma è stata sequestrata e probabilmente in questa settimana verrà conferito l`incarico per l`autopsia. Ad agosto, Vadalà si era sentito male nel carcere di Melfi e gli era stato diagnosticato un neurinoma acustico, ovvero una neoplasia vicino al cervelletto. Trasferito all`ospedale San Carlo, gli era stata prescritta la radioterapia. L`avvocato Francesco Floccari, che assiste la famiglia, aveva inoltrato istanza al Tribunale di Sorveglianza chiedendo il rinvio dell`esecuzione della pena e in via subordinata la concessione degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in una struttura altamente specializzata che era già stata individuata dai familiari.
Dopo quasi due settimane, il magistrato ha pero` rigettato l`istanza motivandola col fatto che un altro istituto a Rionero in Vulture dove il detenuto era stato ricoverato (e i famigliari lamentano di non essere stati avvertiti) era in grado di applicare un`altra tecnica di cura. Nel decreto, tuttavia, non ha disposto il ricovero bensì il rientro del malato nel carcere di Melfi. Le sue condizioni si sono aggravate nel tempo, a causa anche di una polmonite che lo ha debilitato ulteriormente. Considerando che in quell`istituto penitenziario non era possibile curarlo, è stato trasferito al carcere di Secondigliano ma anche lì le difficoltà erano oggettive, non trattandosi di una struttura sanitaria. Il 25 settembre l`avvocato Floccari ha inoltrato una nuova istanza facendo presente che la situazione era grave e finalmente il 3 ottobre il magistrato di sorveglianza ha accolto la richiesta. Ma ormai la situazione era talmente grave che non e` stato possibile notificargli l`atto. Antonino Vadalà nel frattempo era stato ricoverato nel reparto di rianimazione prima all`ospedale Cardarelli di Napoli e poi al Pellegrini. Lì è deceduto il 16 ottobre. Il figlio Carmelo Vadalà, pure lui detenuto perché coinvolto nella stessa operazione di polizia e condannato a sei anni e sei mesi di carcere, aveva chiesto di poter incontrare il padre in via eccezionale considerato che stava male. Il permesso non gli fu dato perché, raccontano i familiari, l`amministrazione competente aveva giustificato l`insussistenza di imminente pericolo di vita. I congiunti di Antonino Vadalà hanno sporto denuncia querela «perché anche se lui era colpevole, stava scontando la sua condanna. Sarebbe uscito tra pochi mesi. Ma qui sono stati calpestati i diritti umani e speriamo che non debba capitare più a nessuno». (0090)

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