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Muore il consigliere Musy Era stato ferito a Torino nel 2012

TORINO È morto Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino ferito in un agguato nel marzo del 2012. Colpito da alcuni proiettili di pistola sotto la sua abitazione, da allora era entrato in com…

Pubblicato il: 23/10/2013 – 10:32
Muore il consigliere Musy  Era stato ferito a Torino nel 2012

TORINO È morto Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino ferito in un agguato nel marzo del 2012. Colpito da alcuni proiettili di pistola sotto la sua abitazione, da allora era entrato in coma e non si era più ripreso. La morte di Musy, che da mesi si trovava in una clinica di lungodegenza a Santena (Torino), è stata confermata da fonti della questura di Torino. Musy, nel 2011 candidato sindaco di Torino per il Terzo polo, era stato ferito il 21 marzo 2012 sotto la sua abitazione, in via Barbaroux, da un uomo che indossava un casco da motociclista. Lascia la moglie, Angelica Corporandi d`Auvare e le quattro figlie di 13, 11, 9 e 3 anni. Per quell`agguato è in carcere dallo scorso 29 gennaio Francesco Furchì, faccendiere di origini calabresi che secondo le indagine della squadra mobile e della procura di Torino agì animato da rancori personali.
Proprio oggi, in Tribunale a Torino, era prevista la sua deposizione nel processo che lo vede imputato con l`accusa di tentato omicidio. L`udienza però è stata chiusa e rinviata al prossimo sabato, quando verrà conferito l`incarico per l`autopsia sul corpo di Alberto Musy. L`esame servirà a stabilire l`esatto legame tra l`agguato e la sua morte.
Un lungo silenzio: è stata questa la reazione di Francesco Furchì quando questa mattina gli è stata portata la notizia della morte di Alberto Musy. Furchì è stato descritto da chi ha avuto occasione di parlargli come “sconcertato”. Ai suoi interlocutori si è limitato a dire, dopo un lungo silenzio, le parole «e ora?». Furchì è atteso questa mattina in tribunale, a Torino, alla ripresa del processo in cui è imputato di tentato omicidio.
«Adesso l`imputazione per Francesco Furchì dovrà cambiare: da tentato omicidio a omicidio volontario premeditato. Un reato punito con l`ergastolo». È quanto ha detto Gianpaolo Zancan, avvocato di parte civile per i familiari di Alberto Musy. Zancan non ha rilasciato altre dichiarazioni.
«Più che dirvi che sono dispiaciuto non posso dire altro». Lo ha detto Francesco Furchì ai giornalisti che lo hanno avvicinato nell`aula in cui è in corso l`udienza del processo per l`agguato ad Alberto Musy. Furchì, attorniato dagli agenti di polizia penitenziaria, ha poi allontanato i cronisti dicendo «non posso dirvi altro».
È stata un`insufficienza respiratoria a portare alla morte, ieri sera alle 22 nella clinica “Anni azzurri” di Santena, Alberto Musy. Lo ha detto in tribunale Antonio De Tanti, il direttore del centro medico di Fontanellato (Parma) in cui Musy fu ricoverato dal giugno del 2012 al febbraio di quest`anno. De Tanti ha testimoniato brevemente all`apertura dell`udienza del processo.

I RANCORI DI FURCHÌ L`aggressore gli sparò contro sei colpi di pistola, per ucciderlo. E se Alberto Musy, avvocato, docente di diritto e consigliere comunale del Terzo polo, non è morto nell`agguato che gli è stato teso la mattina del 21 marzo 2012, nel cortile del palazzo in cui abitava, lo deve probabilmente al caso. Ricoverato all`ospedale Molinette e sottoposto a un intervento chirurgico durato diverse ore, è rimasto in coma per 19 lunghissimi mesi, fino alla morte che lo ha colto nelle scorse ore. L`agguato in via Barbaroux, nel centro di Torino, dove Musy viveva con la moglie, Angelica Corporandi d`Auvare, e le 4 figlie. Un uomo, casco integrale da motociclista in testa e lungo impermeabile addosso, aspettò che il consigliere comunale rientrasse a casa, dopo aver portato le bambine a scuola, e gli esplose contro sei proiettili calibro 38. Ferito a un braccio, alle spalle e alle scapole, Musy riportò un voluminoso ematoma nella parte destra del cranio. «È stato un uomo di 40 anni…», sono le ultime parole rivolte a un vicino di casa da Musy prima di entrare in coma. La notizia dell`agguato scuote gli ambienti politici e culturali di Torino, e non solo, mentre le indagini della polizia non escludono nessuna pista, anche quella del terrorismo. «È un episodio inquietante, indaghiamo a tutto campo», disse l`allora capo della polizia, Antonio Manganelli. Con il passare delle settimane, però, la pista politica perde consistenza. Per dieci mesi, gli uomini della squadra mobile e della scientifica lavorano senza sosta, coordinati dal procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, in quella che definirà un`indagine «mastodontica, gigantesca, lunga, paziente, faticosa, analitica». A tirare le fila di questo lavoro, Aldo Faraoni, ex questore di Torino. Per il poliziotto investigatore, morto lo scorso aprile per un male incurabile, sarà l`ultima indagine. La svolta lo scorso gennaio, quando viene fermato Francesco Furchì, 50 anni, origini calabresi, un «faccendiere dall`indole violenta e vendicativa», come lo descrive il pm Roberto Furlan, che nutriva un rancore profondo verso quell`avvocato cattolico prestato alla politica per essersi permesso, addirittura per tre volte, di non assecondare le sue ambizioni. La prima: l`avvocato si rifiutò di raccomandare Biagio Andò, figlio dell`ex ministro Salvo Andò, alla nomina di professore associato all`Università di Palermo. La seconda: quando Musy si candidò nel 2011 a sindaco di Torino per il Terzo polo, voleva avere un posto di rilievo in una lista collegata (Alleanza per la città), ma non lo ottenne e raccolse 57 voti. La terza: Furchì desiderava trovare degli investitori che lo aiutassero a rilevare Arenaways, società che tentava di allestire una rete di trasporto ferroviario privata e Musy non lo appoggiò. Era troppo. «Arenaways era l`affare della sua vita», dice Furlan. «Non sono stato io, sono innocente», ha più volte sostenuto Furchì nel corso del processo a suo carico. Questa mattina, ha accolto la notizia della morte di Musy con un lungo silenzio. Poi, alle persone che erano con lui in attesa dell`udienza in cui doveva parlare, mentre il legale della famiglia Musy chiedeva per lui l`ergastolo, un interrogativo inquietante: «Adesso cosa succederà?». (0040)

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