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Estorsione: 16 anni per Gioacchino Campolo

Sentenza pesantissima per Gioacchino Campolo: la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni inflitta al “re dei videopoker” per un episodio di estorsione aggravata dalle modalità mafio…

Pubblicato il: 25/10/2013 – 16:06
Estorsione: 16 anni per Gioacchino Campolo

Sentenza pesantissima per Gioacchino Campolo: la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni inflitta al “re dei videopoker” per un episodio di estorsione aggravata dalle modalità mafiose nei confronti di alcuni propri dipendenti. Passa indenne al vaglio degli ermellini il quadro accusatorio che vuole Campolo non solo responsabile di aver imposto ai titolari di due esercizi commerciali i videopoker della ditta Are di sua proprietà, ma anche di aver costretto i propri dipendenti a percepire uno stipendio inferiore a quanto realmente dichiarato.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Campolo sarebbe divenuto il re dei videopoker anche grazie all’appoggio di noti esponenti dei clan. Grazie a Mario Audino, boss di San Giovannello, avrebbe infatti costretto Vincenzo Morabito a togliere dal proprio bar-pasticceria-tavola calda, il ”Ritrovo Morabito”, gli apparecchi da gioco forniti dalla ditta Et&T di Domenico Putortì, sostituendoli con quelli della ditta Are.
Allo stesso modo, è con l’ausilio di Andrea Zindato, ritenuto capo della omonima cosca operante nel quartiere Modena di Reggio Calabria, avrebbe imposto a Carlo e Santina Giuffrè, titolari di un “Punto Snai” proprio nel quartiere del boss, di sostituire gli apparecchi da gioco forniti dalla ditta ”Calabra Giochi srl” del gruppo imprenditoriale Cedro di Gioia Tauro con quelli della ditta Are. Circostanze valorizzate dai giudici anche nel decreto di confisca dell’immenso patrimonio di Campolo, nel quale i giudici sottolineano: «Mentre la Ditta ET&T era costretta a ritirare i propri apparecchi da gioco, Polimeni Giuseppe a chiudere la propria attività di noleggio di videogiochi ed a trasferirsi a Roma, la Calabra Giochi Srl ugualmente a portar via le proprie macchinette, Campolo e la Ditta Are, senza battute di arresto, espandevano i propri confini nello specifico settore di mercato, arrivando sino alla Piana di Gioia Tauro (peraltro, come visto, sempre attraverso la conclusione di affari illeciti con soggetti contigui alla `ndrangheta, quali Princi Antonino, genero di Rugolo Domenico, reggente della omonima cosca operante su Rizziconi, Delianuova ed altri territori della Piana di GioiaTauro)».
a. c.

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