VIBO VALENTIA La polizia sapeva con anni di anticipo il luogo in cui era stato sepolto Antonio Maiolo, ucciso nel 1998. A riferirlo è stato il collaboratore di giustizia Enzo Taverniti nel corso del processo a 26 imputati coinvolti nell`inchiesta chiamata “Luce nei boschi”. Nel corso del processo il collaboratore di giustizia, rispondendo ad una domanda dell`avvocato Giovanni Marafioti, ha affermato di essere andato, nel 2003, nei pressi del luogo in cui era sepolto il cadavere insieme ad un ispettore e cinque agenti del commissariato di Serra San Bruno. La polizia, quindi, secondo il pentito sapeva con almeno 6 anni di anticipo la località nella quale era stato seppellito il cadavere di Antonio Maiolo, assassinato da Antonio D`Amico di Piscopio (a sua volta assassinato il 2 giugno 2005, ndr) e da Vincenzo Loielo, del quale era molto amico. «Fu lui – ha detto il pentito – a dirmi dell`uccisione dopo aver avuto dissidi col cognato, aggiungendo che l`avevano sotterrato in una zona boscosa nella quale poi mi portò. La fossa era stata scavata da tempo». E fu lo stesso Taverniti a fare ritrovare il cadavere una volta iniziata la collaborazione con la giustizia. «Fui io – ha aggiunto – a far trovare il corpo di Antonio Maiolo il 12 settembre del 2009. Ma poco dopo il sopralluogo parlai con i poliziotti, dicendo che gli avrei fatto vedere il posto ma che il corpo non doveva essere toccato fino a quando non lo avessi deciso io. E il cadavere rimase lì per anni, fino a quando non fu trovato nel 2009, all`inizio della mia collaborazione». E proprio su questa nuova circostanza i difensori, sintentizzate nell`intervento dell`avvocato Giovanni Marafioti, avevano evidenziato come non vi sia stata alcuna relazione di servizio, aggiungendo che nei verbali di interrogatorio questa circostanza non viene menzionata.
(Ansa)
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