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Molotov alla Procura generale di Reggio Di Landro: «Bisogna capire chi lo manda e le motivazioni»

REGGIO CALABRRIA «Quello di ieri sera rimane un evento gravissimo e il fatto che sia stato commesso da un balordo ne accentua la gravità e non la attenua, perché vuol dire che per chiunque la Procu…

Pubblicato il: 29/10/2013 – 14:35
Molotov alla Procura generale di Reggio Di Landro: «Bisogna capire chi lo manda e le motivazioni»

REGGIO CALABRRIA «Quello di ieri sera rimane un evento gravissimo e il fatto che sia stato commesso da un balordo ne accentua la gravità e non la attenua, perché vuol dire che per chiunque la Procura generale è un obiettivo». È furioso e indignato il procuratore generale Salvatore Di Landro. Ma a fargli saltare i nervi non è stata solo quella bottiglia incendiaria che lunedì notte è stata lasciata davanti al portone della Procura generale – profanato per l’ennesima volta dopo l’attentato del 3 gennaio 2010 – ma soprattutto le reazioni di chi ha tentato di ridimensionare la gravità del gesto. «Balordo o non balordo, non importa – tuona Di Landro – sempre chi spara o chi agisce è un killer senza importanza, o un semplice esecutore. Bisogna capire chi è che lo manda e quali sono le sue reali motivazioni». Un ragionamento elementare per il procuratore generale che si dice «indignato perché un assunto tanto semplice non entra nelle menti fine dei nostri referenti istituzionali».
Stando alla ricostruzione fornita dalla Questura all’esito di un’indagine lampo, è un ventiduenne reggino incensurato, Eros Benito De Francesco, la persona che questa notte ha lasciato una bottiglia incendiaria di fronte al portone della Procura generale di Reggio Calabria. A conferma delle indiscrezioni che già in tarda serata circolavano in ambienti investigativi, nel giro di poche ore gli investigatori sarebbero stati in grado di identificarlo anche grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza.
I video di lunedì notte mostrano infatti un giovane con capelli corti e scuri, indossante un maglioncino a manica lunga di colore grigio, jeans e scarpe chiare che – nonostante la jeep dei militari stazionasse a non più di dieci passi dal portone – si avvicina al portone, posiziona la bottiglia incendiaria nell’androne della struttura, quindi si allontana indisturbato, alle spalle dei militari in servizio di vigilanza armata. Non è ancora chiaro cosa abbia spinto il ventiduenne a lasciare, davanti al portone della sede dei più importanti uffici giudiziari della città, una bottiglia di succo di frutta piena di cherosene e un accendino.
Secondo alcune indiscrezioni, il suo gesto potrebbe essere letto come una forma di protesta in seguito all’arresto del padre, fermato qualche tempo fa per aver dato alle fiamme dei cassonetti dei rifiuti, ma si tratta di una versione che non convincerebbe i più. Anche perché, alcuni elementi non riescono a trovare ancora una collocazione nel quadro accusatorio, a partire dalla domanda rimasta senza risposta anche dopo il tre gennaio: perché si decide di colpire proprio la Procura generale? E ancora: il cherosene non è un prodotto facilmente reperibile in commercio, come avrebbe fatto De Francesco a procurarselo? La sua individuazione e l’immediato arresto – si afferma dalla Questura – sono avvenute grazie alla «comparazione dei dati acquisiti dall’analisi della telefonata anonima giunta sul 113 con le immagini riprese dalle telecamere e altri elementi emersi nel corso delle indagini».  Elementi che è lo stesso procuratore capo Federico Cafiero De Raho a confermare al Corriere della Calabria: «Attorno alle 20.20 è arrivata una telefonata alla centrale operativa che avvertiva che tale Eros Benito De Francesco stava piazzando o stava per piazzare un ordigno al Tribunale, venti minuti dopo è stata collocata la bottiglia incendiaria».
Subito dopo la telefonata sarebbero scattati i controlli – con esito negativo - presso il Palazzo di Giustizia, mentre solo un’ora dopo sarebbe arrivata la segnalazione dai militari in servizio presso piazza Castello. Visionate le telecamere di sorveglianza, consegnato un volto a quel nome già in possesso degli investigatori, gli uomini della Mobile si sarebbero precipitati in via Enotria, all’indirizzo di De Francesco, che – stando alla ricostruzione – si sarebbe rifugiato a casa dopo aver piazzato la bottiglia incendiaria. Contro di lui la Procura ha emesso un fermo che adesso dovrà essere convalidato dal gip, ma intanto gli uomini della Mobile sono al lavoro per chiarire i punti ancora oscuri, come l’identità del telefonista. Si tratta dello stesso De Francesco o una seconda persona? Un elemento fondamentale per verificare l’eventuale presenza di un mandante che abbia potuto indurre il giovane a compiere questo gesto eclatante. Un filone di indagine che lo stesso procuratore generale Di Landro sembra con forza suggerire, sottolineando come quella bottiglia piena di liquido infiammabile non può che essere considerata un segnale chiaro e una sfida manifesta, che qualcuno ha voluto lanciare, incurante anche del presidio permanente dei militari disposto dopo l’attentato del 3 gennaio 2010. Più cauto il procuratore capo della Dda Cafiero De Raho: «C’è stato un fermo che deve essere convalidato, stiamo ancora lavorando, ma è ancora troppo presto per fare qualsiasi valutazione. (0050)

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