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Cosca Lo Giudice, pene riformate in Appello

REGGIO CALABRIA È una riforma profonda, sostanziale quella che la Corte d’appello presieduta dal giudice Iside Russo, con Massimo Gullino relatore e Francesco Petrone a latere, ha disposto della se…

Pubblicato il: 30/10/2013 – 20:40
Cosca Lo Giudice, pene riformate in Appello

REGGIO CALABRIA È una riforma profonda, sostanziale quella che la Corte d’appello presieduta dal giudice Iside Russo, con Massimo Gullino relatore e Francesco Petrone a latere, ha disposto della sentenza del procedimento abbreviato contro la cosca Lo Giudice. Fatta eccezione per l’ormai irreperibile ex collaboratore Antonino Lo Giudice – la cui pena è passata dai dieci anni rimediati in primo grado ai 9 disposti dai giudici dell’appello – e per il cugino, anche lui pentito, Consolato Villani – la cui condanna passa da 9 a 8 anni di reclusione – la Corte ha stabilito riduzioni sostanziali per tutti gli imputati dell’abbreviato, ma soprattutto la clamorosa assoluzione di Consolato Romolo, proprietario dell’armeria in cui, per la pubblica accusa, sarebbe stato occultato l’arsenale dei Lo Giudice e per questo condannato a 8 anni in primo grado. Un’accusa infondata per il giudici di secondo grado che lo hanno assolto per non aver commesso il fatto, disponendo per lui l’immediata scarcerazione.
Ma questa non è l’unica decisione in netta controtendenza rispetto alla precedente determinazione del gup. Torna in libertà anche la compagna di Luciano Lo Giudice, Madalina Turcanu. Esclusa l’aggravante mafiosa e riqualificato il concorso esterno in semplice assistenza agli associati, per la donna – condannata in primo grado a sette anni e quattro mesi – i giudici della Corte d’appello hanno stabilito una condanna a 2 anni e duemila euro di multa con pena sospesa. Deve essere immediatamente liberato se non detenuto per altra causa anche Giuseppe Perricone, la cui pena passa dai cinque anni rimediati in primo grado, ai 2 anni e 4 mesi disposti dai giudici dell’Appello. Non sarà immediatamente scarcerato ma incassa una sostanziale riduzione di pena anche Paolo Sesto Cortese, condannato in Appello a 3 anni di reclusione, più di due in meno rispetto ai 5 anni e 4 mesi disposti dal gup. Infine cade l’aggravante del riciclaggio di proventi di attività mafiosa anche per Domenico Gangemi, accusato di essere l’armiere dei Lo Giudice. Per lui, la condanna passa dai dieci anni del primo grado, agli 8 disposti dai giudici dell’Appello.
Adesso toccherà attendere il deposito delle motivazioni per comprendere cosa abbia indotto la Corte d’appello a riformare profondamente buona parte delle pene disposte dal gup, ma soprattutto se sulla decisione dei giudici abbia pesato anche quanto rivelato dal Nano nel primo memoriale che si è lasciato alle spalle, dopo essersi allontanato dal sito protetto nel giugno scorso. Un documento che contiene affermazioni che attengono direttamente alcune delle accuse alla base del procedimento che si è svolto in abbreviato, su istanza dell’avvocato Nardo acquisito come prova sopravvenuta dalla Corte d’appello, che aveva disposto contestualmente una riapertura dell’istruttoria. «Le armi acquistate in Austria (e che la Ronchi mi informò che forse mi stavo sbagliando sulla provenienza, suggerendomi che tali armi erano state acquistate a Reggio Emilia) – sottolineava il Nano in quelle carte – all’acquisto di tali armi non era presente mio fratello Luciano, né servivano a me, ma erano armi detenute legalmente come ho sempre detto, l’unico proprietario era Antonio Cortese perché era appassionato di caccia». Ma Lo Giudice spiegava anche: «È vero che ci sono stati tanti passaggi, ma è vero anche che il suocero di mio fratello Luciano era possessore di porto e detenzione di armi, anche lui cacciatore, non è vero che tali armi potessero servire ad un’eventuale guerra, questa affermazione sostenuta in dibattimento è stata solo una mia bugia». (0090)

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