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Orrore nel centro di Catanzaro «Sei la schiava mia e degli altri tre»

CATANZARO «Ormai sei la schiava mia e degli altri tre». Dietro questa frase si nasconde l`inferno in cui è stata costretta a vivere una donna catanzarese, segregata in casa per mesi, costretta a su…

Pubblicato il: 13/12/2013 – 11:08

CATANZARO «Ormai sei la schiava mia e degli altri tre». Dietro questa frase si nasconde l`inferno in cui è stata costretta a vivere una donna catanzarese, segregata in casa per mesi, costretta a subire ogni genere di violenza, in pratica ridotta in schiavitù. È questo il quadro che emerge dalle indagini della squadra mobile di Catanzaro che ha arrestato tre persone mentre una quarta è stata sottoposta all`obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. I tre arrestati sono Nicola Cappellano, di 48 anni; Gianluca e Rinaldo Berlingieri, rispettivamente di 35 e 40 anni. All`obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria è stato sottoposto Ivan Contino, di 29 anni, che deve rispondere di un`ipotesi di furto. Ai quattro è stata notificata una ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Pietro Scuteri, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Saverio Vertuccio.
Una vicenda atroce che si sarebbe protratta per mesi in un appartamento situato nel centro del capoluogo calabrese, un ambiente di pochi metri quadrati dove vivevano i quattro figli della donna e i cinque figli del compagno, Nicola Cappellano. Proprio le condizioni di uno dei minori aveva spinto i servizi sociali del Comune a tenere sotto osservazione quel nucleo familiare. Ed è proprio davanti alle assistenti sociali che per la prima volta la vittima delle violenze riesce a rompere quel muro di silenzio di cui era prigioniera. Immediatamente la richiesta di aiuto della donna veniva inoltrata alla questura. Già dal primo interrogatorio agli inquirenti viene fornito un quadro della drammatica situazione di cui era vittima, una quotidianità fatta di soprusi, limitazioni e violenze. Pochi mesi dopo l`inizio della convivenza con Cappellano per la donna comincia una drammatica spirale di brutale violenza. «Una mattina dello scorso febbraio – si legge in uno dei primi verbali della vittima – mi trovavo sola in casa quando bussavano alla porta tre uomini che non conoscevo. Alla mia domanda su chi cercassero, uno di loro mi rispose che erano amici di Nicola, aggiungendo che questi gli aveva garantito che ero molto brava, senza dire altro. A questo punto nonostante la mia contrarietà, quello di loro che diceva di chiamarsi Gianluca mi afferrava per la gola e mi scaraventava sul divano. Contemporaneamente gli altri, per vincere la mia resistenza, mi afferravano uno da un polso mentre l`altro, il ragazzo più giovane, mi palpeggiava. Nonostante mi opponessi i tre mi strappavano il pigiama poi Gianluca mi afferrava dai capelli mentre l`altro mi teneva le gambe bloccandomi». Il racconto della donna prosegue descrivendo minuziosamente lo stupro. Succederà altre due volte. Pochi giorni dopo l`ultima violenza la donna sarà costretta ad andare al pronto soccorso per dei forti dolori addominali. Alla dottoressa che la visita, però, nasconde la verità. Ma gli agenti della Mobile sono riusciti a recuperare il referto e a raccogliere le dichiarazioni del medico che la visitò.  
Quando la donna non era costretta ad avere rapporti sessuali veniva comunque tenuta segregata in casa, anche il telefono cellulare le era stato sottratto dal suo aguzzino. Cappellano sarebbe arrivato a minacciarla di spararle nelle gambe qualora fosse uscita di casa da sola. La stessa madre era oggetto di minacce. Secondo il gip, la donna sarebbe stata «maltratta e umiliata, trasformata in merce di scambio, offerta come strumento a soddisfare i bassi istinti dei clienti».
La testimonianza della vittima ha portato la polizia a contestare a Cappellano e Contino anche il reato di furto. I particolari delle indagini sono stati resi noti dal questore di Catanzaro Guido Marino, e dal capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti.  «La vittima di questa vicenda – ha detto il questore – è stata sottoposta a violenze inaudite, torture fisiche e psicologiche. Il nostro auspicio è che altre vittime di casi come questi abbiano il coraggio di denunciare».Il capo della mobile ha evidenziato che la vicenda è maturata in un «tessuto sociale degradato. La donna era usata come un oggetto di proprietà».

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