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I clan cosentini puntano alle biomasse

COSENZA Ci sono le ragazze: bisogna farle arrivare dalla Romania e poi smistarle verso diversi locali notturni. C`è il pellet, da reperire – sempre in Romania – per poi venderlo sul mercato locale,…

Pubblicato il: 25/12/2013 – 17:11
I clan cosentini puntano alle biomasse

COSENZA Ci sono le ragazze: bisogna farle arrivare dalla Romania e poi smistarle verso diversi locali notturni. C`è il pellet, da reperire – sempre in Romania – per poi venderlo sul mercato locale, stando bene attenti alla suddivisione delle aree, ché con le sfere d`influenza mafiose non si scherza. Ci sono i derivati del petrolio – in quel caso il canale è il Perù e bisogna trovare gli intermediari adatti – e i biocombustibili, olio di palma e di colza, pure quello un mercato da esplorare. E poi c`è il business per eccellenza: le energie alternative, che attirano come mosche i clan di mezza Italia. Quelli del Cosentino non fanno eccezione: hanno mire precise sul settore delle biomasse. Sanno tutto e sanno, soprattutto, come muoversi per sfruttare tutti i canali. Da quelli politici, come al solito indispensabili, a quelli burocratici.
Quella che la Dda di Catanzaro ha avviato quasi due anni fa è un`inchiesta delicatissima, che prova il salto di qualità del clan egemone nel capoluogo bruzio. Non più soltanto estorsioni e minacce – che pure continuano senza una vera reazione nel tessuto imprenditoriale –, ma anche affari a sei zeri e prospettive “aziendali” inedite. È un quadro che i magistrati stanno ricostruendo pezzo per pezzo. A iniziare dal primo tassello del puzzle, che è tornato al suo posto: la cattura del boss latitante Ettore Lanzino. Preceduta da mesi di indagini intense, intercettazioni e pedinamenti che hanno portato gli investigatori nel covo del capoclan e sulle tracce dei suoi luogotenenti più fidati. Uno in particolare, che si muove per tutta la Calabria (e oltre), in quello che sembra un tour pensato per affinare sinergie e stringere nuovi patti.
Da Rocca di Neto, dove è stato visto insieme a personaggi controllati «più volte in compagnia di pregiudicati del Crotonese», a Nicotera Marina, dove l`emissario del clan cosentino ha «effettuato una sosta nei pressi del domicilio di Pantaleone Mancuso, detto “Luni scarpuni”, personaggio di spicco dell`omonima cosca». I carabinieri lo hanno seguito fino a Gioia Tauro: lì si è incontrato con un uomo legato alla cosca Crucitti di Reggio Calabria. E il giorno successivo all`incontro con esponenti della criminalità vibonese, c`è un altro appuntamento importante: nel pieno centro di Cosenza arrivano due catanesi. Persone che gli investigatori ritengono appartenenti a Cosa nostra.
Le visite di cortesia, però, non finiscono qui. Il braccio imprenditoriale della cosca Lanzino ha solidi appoggi anche in Alto Adige, dove le cimici dell`Antimafia ne seguono gli spostamenti, passo dopo passo. A Bolzano, secondo gli inquirenti, l`uomo «ha una serie di contatti finalizzati all`ingresso in Italia di ragazze straniere da impiegare successivamente in locali notturni» e ha anche un altro scopo imprenditoriale: «Sta effettuando ricerche di mercato per l`affitto di un magazzino dove stoccherà grossi quantitativi di pellet». Queste ricerche lo mettono in contatto con un uomo ritenuto vicino alla cosca Acri di Rossano. I due clan cercano di stringere un patto per entrare in un business molto ghiotto per le cosche di tutta la Calabria. Ma è soltanto il primo passo: lo scopo del clan Lanzino è quello di mettersi in un affare ancora più grosso.
Per farlo serve ancora una volta cambiare livello. E la cosca sembra avere gli strumenti necessari per farlo. Una serie di telefonate captate dagli investigatori e all`esame dei magistrati proverebbe che la missione è stata iniziata e ha ottime possibilità di arrivare al traguardo. La solita “zona grigia” avrebbe svolto una funzione essenziale per cercare di chiudere il cerchio tra mafia, burocrazia e politica. Il clan ha un uomo delegato alle energie alternative. E quest`uomo ha rapporti molto stretti e frequenti con un imprenditore della provincia di Cosenza. Che ha, a sua volta, addentellati con la politica e addirittura con il ministero dell`Ambiente. O, almeno, così riferisce nelle conversazioni che alimentano le informative dei carabinieri sulla cattura di Ettore Lanzino. Sono conversazioni nelle quali emerge l`assoluto e pressante interesse della cosca nei confronti dei progetti per la realizzazione di diverse centrali a biomasse in Calabria. Dialoghi nei quali l`imprenditore dice chiaramente di poter attivare contatti decisivi con i vertici della Regione Calabria e i piani alti della burocrazia romana. È a questi livelli (quelli dei Palazzi romani) che si fa riferimento quando si parla di una «terza persona» che pare pronta a scendere in campo per sistemare le pratiche. Si tratta di un`intercessione che potrebbe schiudere le porte per un finanziamento mostruoso, «dell`importo – si legge nell`informativa – di oltre 150 milioni di euro, concernente la costruzione  di alcuni impianti fotovoltaici e altre forme di energia rinnovabile, nonché per la creazione di un consorzio atto alla gestione di vaste aree boschive ubicate nella provincia di Cosenza». È a questo affare che il braccio destro di Lanzino è interessato: aree demaniali (o private) da gestire per alimentare le centrali, un consorzio da costruire assieme a imprenditori privati, operai da impiegare. Soldi – tantissimi – e consenso per alimentare l`epica del clan, che non rinuncia a pensare in grande anche mentre il suo capo è costretto alla latitanza. Per telefono si immagina già quali potranno essere i terreni destinati allo stoccaggio del materiale destinato al bruciatore. Si seguono gli sviluppi dei progetti e si esulta quando arriva la notizia che «partono tutti e cinque». Ci si organizza per scegliere chi si occuperà della manutenzione delle macchine. E intanto si aspetta che la «terza persona» si liberi dai suoi impegni per dedicarsi alle attività programmate dagli amici calabresi. L`imprenditore, tassello essenziale di questo mosaico, «riferisce che i soldi dal ministero ci sono», poi spiega che sono «150 milioni di euro da distribuire sul fotovoltaico e sugli impianti». Dice che il suo contatto «è rappresentante sia del ministero che della Comunità europea in materia di ambiente». Millanta, per compiacere l`uomo di fiducia del boss, oppure ha davvero in mano le carte che dice di poter giocare? Se è vero, si tratta di assi pesantissimi: «Riferisce che domani chiamerà tale Zoccali per iniziare le pratiche inerenti le adesioni al consorzio» e dice «che andranno sia da Scopelliti sia dall`assessore Trematerra per far avere al consorzio terreni demaniali». Si punta molto in alto: al direttore generale della Presidenza della giunta regionale, al governatore e al titolare della delega all`Agricoltura. La meta di ogni discorso “imprenditoriale” è sempre quella: la politica. Che spesso ignora cosa si muove dietro imprenditori presentabili e disposti a cimentarsi in investimenti a molti zeri.
Su altri versanti, questo strano sodalizio cerca anche appoggi finanziari, evidenzia che «gli americani avevano dato conferma» e che «quelli di Genova erano pronti a partire». Riferimenti troppo generici perché le annotazioni degli investigatori possano chiarirli, ma il significato complessivo non sfugge: il business è roba grossa, servono partner importanti e nasce la necessità di cercare spalle robuste. Ma senza perdere troppo tempo, perché il clan ha fretta di chiudere e pensa a gestire questioni che poco hanno a che fare con l`alta finanza ma sono ugualmente importanti per far partire i progetti delle centrali. I terreni, per esempio: che sarebbero localizzati – secondo quello che risulta dalle intercettazioni – ad Acri, dove anche il Comune dovrà essere “avvertito”, per gli interventi su questioni urbanistiche che sono necessarie quanto quelle economiche. Il livello di dettaglio, con il passare del tempo, aumenta: si parla di sopralluoghi sui terreni e dei disegni dei progetti per le centrali. Ma i tempi, per l`emissario di Lanzino, vanno accelerati, perché «non possono più fare brutte figure con la gente»: lui, tra l`altro, ha «già parlato con il Genio civile», mentre «il Comune di Acri è già stato avvisato». Non ci so
no rassicurazioni che tengano: il clan è molto determinato a entrare nel ramo della produzione di energia e pretende che si faccia in fretta. Che siano centrali a biomasse o pannelli fotovoltaici conta poco: l`importante è accedere ai finanziamenti nazionali e comunitari, trovare sinergie, gestire i progetti. E diversificare gli investimenti. Il percorso della cosca imprenditrice somiglia a quello di qualunque azienda in espansione. È soltanto più naif e confuso. Le chiacchierate telefoniche passano dalle “banali” intimidazioni a chi “sgarra” all`investimento in fondi immobiliari. Gli interessi spaziano dalla ricerca di «canali che trattano il commercio dei derivati del petrolio» alla speranza di un «incontro per l`acquisto di un impianto fotovoltaico da 60 megawatt». Si chiudono trattative per la vendita di alcune partite di pellet in Romania e si inaugurano contatti con aziende sudamericane. Import ed export procedono di pari passo con le attività classiche della malavita organizzata. Certe bacinelle consentono di guardare a ogni tipo di mercato. È in questo approccio glocal che la mafia prospera, navigando a vele spiegate nel mare della crisi che uccide le aziende oneste. (0020)

(Questo servizio è stato pubblicato sul numero 130 del Corriere della Calabria)

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