Ultimo aggiornamento alle 20:26
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

I cento anni di Federico Caffè. Il mistero della scomparsa e la leggenda della Certosa di Serra

«Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l`assillo dei riequilibri contabili». Mai come adesso, in tempi di pare…

Pubblicato il: 06/01/2014 – 11:14
I cento anni di Federico Caffè. Il mistero della scomparsa e la leggenda della Certosa di Serra

«Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l`assillo dei riequilibri contabili». Mai come adesso, in tempi di pareggi di bilancio, spread e debito pubblico questa frase del grande economista keynesiano Federico Caffè sembra appropriata e attuale. Nato a Pescara il 6 gennaio 1914, all’età 73 anni, la notte tra il 14 e il 15 aprile del 1987, l’allora docente  fuori ruolo di Politica economica e finanziaria all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” esce dalla sua casa paterna per non farvi più ritorno. Inghiottito dal nulla. Al centenario della sua nascita ancora la sua misteriosa scomparsa è avvolta da ipotesi più o meno credibili, tra le quali una sua (poco probabile) conversione alla vita monastica e, tanto per cambiare, ancora una volta la scelta sarebbe ricaduta sul monastero Certosino di Serra San Bruno. Anni prima un’altra “sparizione eccellente” aveva riportato agli onori della cronaca la Certosa bruniana, quella del fisico siciliano Ettore Majorana. Di lui aveva scritto Leonardo Sciascia, il grande scrittore siciliano di cui Caffè possedeva tutte le opere, una delle quali  – proprio “Il caso Majorana” – scomparsa dalla sua libreria proprio assieme a lui. Un caso o la trama “hitchcockiana” che lega due delle personalità più eminenti della nostra repubblica? Ermanno Rea, nel suo volume “L’ultima lezione”, afferma di aver trovato una “pista sicura” che possa fare luce sulla vicenda nella conversazione avvenuta con Padre Jesus Torres, il quale così risponde al giornalista che, in merito alla sparizione di Caffè, gli chiede di indicargli i nomi di monasteri dove è possibile praticare l’eremitismo: «Vada a Fonte Avellana. Oppure a Serra San Bruno dove sorge la prima certosa italiana e dove vive una comunità dalle regole molto severe, vada a Serra San Bruno. Non se ne pentirà!». Forse, proprio come Majorana, che si pensa abbia fatto perdere le proprie tracce perché aveva intuito quale cattivo uso dell’energia atomica l’uomo avrebbe fatto, anche Federico Caffè decide di concludere la sua vita fuori da una società che aveva imboccato una strada di politica economica pericolosissima, che avrebbe portato a drammi sociali quali quelli attuali. Scrive l’economista: «Nessun male sociale può superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettività umane».
La Certosa rimane sempre e comunque meta veritiera o fantasiosa di moltissime personalità. Cinquecento anni prima Giovanni Boccaccio – riporta Sharo Gambino – scrive, amareggiato dalla povertà in cui verteva, al suo compagno di brigata Niccolò da Monfalcone, e «…da costui diventato abate cistercense della Certosa di Santo Stefano in Calabria aveva ricevuto l’invito di seguirlo in viaggio di ritorno all’eremo, dove avrebbe potuto dargli vita più facile. Ma l’abate ripartì insalutato ospite senza informarlo e l’autore del Decamerone, il 13 febbraio 1371, gli inviò una lettera di rimproveri e rimpianto per quello che gli aveva inutilmente prospettato».  Da Boccaccio all’arcivescovo dello Zambia Emmanuel Milingo, all’ex governatore del Lazio  Piero Marrazzo. Un mistero senza fine in quei luoghi rimasti come li ha voluti San Bruno, dove c’è spazio solo per la preghiera, nella clausura, nel silenzio e nella penitenza. Scrive San Bruno a Rodolfo il Verde, provosto di Reims: «Qui, infatti, agli uomini forti è consentito raccogliersi quanto desiderano e restare con se stessi, coltivare assiduamente i germogli delle virtù e nutrirsi, felicemente, dei frutti del paradiso. Qui si conquista quell`occhio il cui sereno sguardo ferisce d`amore lo Sposo, e per mezzo della cui trasparenza e purezza si vede Dio. Qui si pratica un ozio laborioso e si riposa in un`azione quieta. Qui, per la fatica del combattimento, Dio dona ai suoi atleti la ricompensa desiderata, cioè la pace che il mondo ignora, e la gioia nello Spirito Santo».

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x