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Omicidio del boss Vallelunga, un ergastolo e complessivi 42 anni di carcere

Solo Angelo Misiti pagherà con l’ergastolo per gli omicidi ricostruiti dall’operazione Faida dei Boschi, l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dal pm Sara Ombra che ha s…

Pubblicato il: 07/01/2014 – 22:42
Omicidio del boss Vallelunga, un ergastolo e complessivi 42 anni di carcere

Solo Angelo Misiti pagherà con l’ergastolo per gli omicidi ricostruiti dall’operazione Faida dei Boschi, l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dal pm Sara Ombra che ha svelato le dinamiche occulte del conflitto che ha visto fronteggiarsi negli ultimi anni le ndrine dell`Alto Jonio reggino e ha insanguinato i comuni di Stilo, Caulonia, Riace, Monasterace e Stignano. Al termine del primo grado dell’abbreviato, il gup Antonino Laganà ha infatti respinto la richiesta di condanna all’ergastolo invocata per Luigi Vallelonga e Cosimo Franzè, entrambi condannati a  8 anni di carcere. È invece di sei anni e otto mesi la condanna inflitta a Domenico Ruga, in luogo dei dieci anni invocati dall’accusa. Medesima pena era stata chiesta per Bruno Vallelonga, condannato invece a 6 anni 4 mesi, e per Renato Comito, che dovrà passare sei anni dietro le sbarre. È andata meglio a Vincenzo Franzè, cui sono stati inflitto quattro anni e otto mesi di reclusione a fronte degli otto anni invocati, mentre incassa un’assoluzione Piero Vallelonga. Due anni di reclusione sono stati inflitti infine al pentito  Michael Panajia, giovanissimo killer originario di Sant`Ilario, indicato dal collaboratore di giustizia Antonino Belnome come l`altro killer che insieme a lui ha eseguito l`omicidio di Carmelo Novella, boss calabrese trapiantato in Lombardia e che lì aveva iniziato a coltivare sogni autonomisti. Che gli sono costati la vita. Una “sentenza” puntualmente eseguita il 14 luglio 2008 a San Vittore Olona, in provincia di Milano, ma che ha avuto strascichi anche in Calabria. A pagare per il progetto autonomistico di Novella è stato anche Damiano Vallelunga, il “boss dei viperari” ucciso a Riace il 27 luglio del 2009, colpevole di non aver preso sufficientemente le distanze dal boss scissionista. Un delitto la cui responsabilità è stata all`epoca attribuita a Giovanni Vallelonga, cugino del boss dei viperari ma che nei suoi confronti provava un odio profondo, per essere strumentalmente utilizzato per dare il via ad una escalation di omicidi, agguati e tentati omicidi nella zona dello Stilaro, la provincia Jonica collocata a cavallo fra le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro tradizionalmente controllata dal triumvirato formato Cosimo Giuseppe Leuzzi, Vincenzo Gallace e dal defunto Andrea Ruga. Un progetto dal duplice obiettivo: eliminare l`influente e pesante presenza del “boss dei viperari” Damiano Vallelunga addossando ad altri la responsabilità del delitto e scatenare la vendetta della famiglia di Serra San Bruno contro quella dei Vallelonga, al fine di decimarli completamente, sbarazzandosi del tutto, con un colpo solo, di entrambe le famiglie di mafia che esercitavano il controllo sui boschi di quel territorio. Una “tragedia” – hanno ricostruito gli inquirenti – che in realtà nascondeva l`esigenza di riassetto degli equilibri tra le cosche per la spartizione dei milionari appalti relativi non sono alla filiera del legno, ma anche opere pubbliche e il business dell`energia eolica. (0070)

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