Le due sponde del Tevere non sono mai state così vicine. A fare da “ponte” è il commercialista Paolo Oliverio gestore degli appalti nel sud Italia dell’ordine religioso dei Camilliani ma anche uomo di fiducia per politici e uomini delle istituzioni. I suoi contatti, però, si sarebbero spinti ben oltre. Oliverio, romano di 48 anni, avrebbe riciclato anche fiumi di denaro della ‘ndrangheta calabrese. Custode di segreti inconfessabili, il nome del fiscalista capitolino era comparso negli ultimi scandali giudiziari. A lui, infatti, erano intestati alcuni bonifici effettuati dall’ex consigliere della Regione Lazio Maruccio (calabrese di origine). Ancor prima era stato sfiorato dalle inchieste sulla P3 e sul business eolico in Sardegna. Mai, però, le Procure erano riuscite ad accertare eventuali sue responsabilità. Almeno fino al novembre scorso quando è stato arrestato con l’accusa di sequestro di persona. Oliverio, insieme all’ex superiore generale dell’ordine dei Camilliani, Renato Salvatore e a due appartenenti alla Finanza, avrebbe impedito, con la scusa di un finto interrogatorio, a due confratelli dell’ordine religioso di partecipare alle votazioni per il nuovo superiore. Al clic delle manette ai suoi polsi una crepa si è aperta nel muro che fino a oggi aveva celato la complessa rete di amici e affari messa in piedi dal commercialista. Lui stesso nel giorno dell’arresto aveva commentato: “Viene giù l’Italia”. E ora che le indagini del pm della Procura di Roma, Giuseppe Cascini, raggiungono i primi risultati quelle parole suonano come una sinistra premonizione. La conferma arriva dall’ordinanza con cui il gip Paola della Monica ha respinto la richiesta di scarcerazione per Oliverio. «Le esigenze cautelari permangono immutate, in ragione sia di quanto va emergendo dall’assunzione di sommarie informazioni sia di quanto va emergendo dall’esame della documentazione, anche informatica, sequestrata. Si profilano, infatti attività di gestione di società, rapporti con l’amministrazione finanziaria, rapporti con persone del mondo dello spettacolo, che paiono prevedere il ricorso a pratiche quali la captazione non autorizzata di conversazioni, l’estorsione, l’intervento su procedure di controllo». Le parole del giudice si basano sui primi riscontri effettuati sul materiale sequestrato a Oliverio. Decine di file che la guardia di finanza sta esaminando con meticolosa attenzione, il gip ne cita soltanto tre, che bastano per lasciare pesanti ombre sull’attività del commercialista. Come quello indicato con il numero 000455. E’ denominato “cell.spy 334”: «Un documento in cui viene descritta la procedura per l’installazione di un software denominato “spyphone” su un cellulare Nokia, utile per procedere ad attività di intercettazione di comunicazioni». Ma c’è di più. Un altro file ha l’inquietante nome “estorsione F.N.”. Sembra quasi il “pizzino” scritto da un boss: «Attenzione F. state marciando male tu, Paolo Oliverio, R. e ancora l’amico avvocato R. e suo cognato lestofante. Se chiudete verifiche della Gdf illegalmente, e volete guadagnare solo voi state sbagliando. F. la tua vita è in pericolo se volete continuare i lavori in tranquillità e stare sereni dovete pagare 150.000 euro al mese. Per il pagamento riceverete istruzioni tramite la I.T.R. di cui l’amministratore è Paolo». L’ultimo documento che compare nell’ordinanza del gip romano riguarda Sabina Beganovic, l’attrice di origini tedesche conosciuta come “ape regina” vicina all’ex premier Silvio Berlusconi. Tra le carte sequestra a Oliverio c’è anche «un documento che riporta un apparente visto turistico rilasciato alla stessa Beganovic». Vaticano, politica, mondo dell’imprenditoria e dello spettacolo e criminalità calabrese, il caso Oliverio promette nuovi clamorosi sviluppi. Lo stesso pm nel fornire parere contrario alla scarcerazione del commercialista avverte che il quadro è «ben più ampio e allarmante». (0080)
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