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ARSENALE | Le armi siriane a Gioia Un porto senza «proteste»

Qualcuno informi il governatore della Calabria del fatto che mentre lui svolazza per pianificare il suo personale futuro politico tra Catanzaro, Roma e Bruxelles, nelle segrete stanze del “governo …

Pubblicato il: 14/01/2014 – 16:27
ARSENALE | Le armi siriane a Gioia Un porto senza «proteste»

Qualcuno informi il governatore della Calabria del fatto che mentre lui svolazza per pianificare il suo personale futuro politico tra Catanzaro, Roma e Bruxelles, nelle segrete stanze del “governo amico” il suo amicone ministro dell`interno Angelino Alfano insieme al premier Enrichetto Letta ed alla ministra degli esteri Emma Bonino, sta decidendo in quale porto italiano far attraccare due navi danesi che arrivano dalla Siria cariche di trecentocinquanta tonnellate di armi chimiche da smaltire a cura della marina militare americana.
La decisione dovrà essere comunicata alle autorità americane entro domani e quindi dovrà essere adottata entro oggi. La scelta è ristretta, secondo fonti governative, tra Gioia Tauro e Augusta ma nelle ultime ore Gioia Tauro avrebbe “vinto” questa non certo ambita gara perché nei report dei servizi segreti si annoterebbe che Gioia Tauro si presenta come la scelta «meno problematica» perché trattasi di «un importante terminal container nelle mani dei tedeschi della Gtp, che può contare sulle alte profondità dei fondali a ridosso del canale di Sicilia. Non c’è, come a Brindisi ed Augusta, una base militare nei pressi, ma la localizzazione tutto sommato isolata della “città della Piana” garantirebbe discrezione e poche tensioni e proteste».
Proprio così: siamo isolati e garantiamo «discrezione» e «poche tensioni e proteste». Il silenzio del nostro distratto governatore ne è la più eloquente conferma. Specialmente se rapportato alla letteraccia che il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, ha spedito al duo Letta-Alfano non appena, il 10 gennaio scorso, un informatissimo articolo apparso su La Stampa a firma del suo inviato a New York, dava notizia che il 7 gennaio erano salpate dalla Siria due navi danesi con a bordo le 350 tonnellate di bombe chimiche consegnate dai siriani. Aggiungeva che le due navi avrebbero dovuto fare tappa in un porto italiano per qui passare il loro carico alla marina militare americana incaricata della distruzione. Indicava quattro porti possibili: Gioia Tauro, Brindisi, Augusta e Cagliari. «Noi rigettiamo l’ipotesi di Cagliari con rabbia e choc, e la combatteremo in ogni maniera possibile», scriveva Cappellacci. Il nostro Scopelliti, invece, contattato dall`Agi si limitava a balbettare: «Non hanno ricevuto dalle autorità di governo alcuna comunicazione, ragion per cui l`arrivo in Calabria delle sostanze chimiche dismesse dall`esercito siriano è al momento soltanto un`ipotesi». Tutto qui.
Fino all’ultimo bisognerà attendere per capire in quale punto le armi chimiche siriane arriveranno nel nostro Paese. In ogni caso l’operazione è tra le più delicate mai eseguite. D’altronde un disastro chimico in un mare chiuso come il Mediterraneo potrebbe portare a conseguenze apocalittiche. Damasco, anche se in ritardo, sta trasferendo le sue armi nel porto di Latakia, dove una parte è già stata caricata su una nave danese. Questa nave le trasferirà nel porto dove verranno caricate sulla Cape Ray, l’unità americana attrezzata a distruggerle con l’idrolisi. Gli Stati Uniti non possono prelevare direttamente le armi nel porto siriano, per ovvie ragioni diplomatiche, e quindi effettuare il transito in sicurezza è diventata una delle priorità più importanti per la Organization for the prohibition of chemical weapons, che gestisce l’intera operazione.
Nel silenzio dei politici calabresi è il Wall Street Journal ad affrontare la situazione con un pezzo pubblicato ieri e intitolato “Local opposition in Italy risks delaying syrian arsenal destruction”, cioè le resistenze locali in Italia rischiano di ritardare la distruzione dell’arsenale siriano.
Il Wsj cita in particolare il no di Brindisi, e la lettera del governatore della Sardegna Ugo Cappellacci. Nulla registra sul fronte calabrese perché nulla c`è da registrare. Conclude rassicurando che «nonostante queste resistenze, Roma è determinata ad andare avanti: giovedì il rappresentante della Opcw sarà in Parlamento per partecipare ad una audizione, e in quella occasione il ministro degli Esteri Bonino conta di annunciare il nome del porto».
Così, mentre il nostro governatore si dedica alla caccia ai fantasmi ed alle interviste di adulatori che abusivamente esercitano la professione giornalistica, la Calabria si ritrova al centro di uno scenario di guerra a motivo delle operazioni di smaltimento dell’arsenale militare siriano nella disponibilità del dittatore Bashir Al Assad. Un’operazione militare senza precedenti che si terrà nel bacino del Mediterraneo.
Ma dove saranno smaltite le armi siriane? La scelta è caduta sull’Italia dopo i rifiuti da parte di diversi paesi dell’area Nato. Ha rifiutato dapprima la Francia di Hollande, poi la Danimarca – che sarà comunque coinvolta con alcune navi nell’operazione – ed infine, lo scorso novembre, anche l’Albania ha detto no agli Stati Uniti dopo che manifestazioni di protesta si erano svolte a Tirana dove centinaia di giovani si erano radunati sotto l’ufficio del premier Edi Rama. Dal Pentagono è quindi partita una richiesta al nostro governo che ha risposto positivamente.
Le operazioni sono già iniziate. Il governo danese ha commissionato alle navi Taiko ed Ark Futura, quest’ultima di proprietà della danese Dfds Seaways, il viaggio dal porto siriano di Latakia da dove sono partite il 7 gennaio. Il convoglio dovrà arrivare in una località segreta in Italia dove le armi verranno trasbordate sulla Cape Ray, il super cargo della marina militare americana. La nave è partita dal porto di Portsmouth in Virginia. A scortare i cargo con le armi, alcune navi militari di Cina, Danimarca, Norvegia e Russia. Su una di queste, la fregata danese Hnoms Helge Ingstand, erano imbarcati alcuni giornalisti internazionali che due giorni fa sono stati fatti scendere improvvisamente come testimoniato su twitter dall’inviata della Bbc Anna Holligan.
Dalla capitaneria di porto italiana tengono le bocche cucite: il nome del porto italiano che ospiterà il passaggio di carico sulla Cape Ray resta segreto fino all’ultimo ed è probabile che la marina militare americana informi le autorità italiane solo poche ore prima dell’arrivo delle navi, il tempo necessario per allertare i rimorchiatori e il personale di terra. Le navi Taiko ed Ark Futura sono state autorizzate a viaggiare con il sistema Ais – ovvero una sorta di Gps globale che segnala la posizione dello scafo in ogni momento – disattivato. L’ultima posizione conosciuta delle navi è proprio all’entrata del porto di Latakia in Siria. Così come la Cape Ray su cui recentemente è stato installato il sistema di idrolisi – Field Deployable Hydrolysis System – che gli consente di disinnescare le armi chimiche siriane. La Cape Ray è stata costruita nel 1977 dai cantieri giapponesi della Kawasaki Heavy Industries per conto della Saudi Arabia’s National Ship con il nome di Mv Seaspeed Asia. Nel 1993 questo gigante di 197 metri è stato acquistato dal Dipartimento della marina militare Usa che ne ha cambiato il nome in Cape Ray e l’ha destinata ad uso militare.
Di tutto questo qualcuno si faccia carico di informare Peppe Scopelliti… anzi lasci stare. Tanto Peppe resta il più fedele dei nostri utenti, sarà tra i primi a leggerci e a sapere… grazie al suo Ipad nel quale, ironia della terminologia informatica, ci ha dovuto collocare tra… “i preferiti”. (0040)

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