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Porta a Porta (ri)scopre Rosarno

Per sua stessa ammissione c`è voluto il Financial Times per far conoscere a Bruno Vespa la storia di Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, che vive sotto scorta, e per capire che cosa significa «…

Pubblicato il: 04/02/2014 – 13:23
Porta a Porta (ri)scopre Rosarno

Per sua stessa ammissione c`è voluto il Financial Times per far conoscere a Bruno Vespa la storia di Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, che vive sotto scorta, e per capire che cosa significa «città videosorvegliata». La seconda parte della puntata di Porta a Porta di lunedì è stata dedicata ampiamente all`amministratrice calabrese, destinataria tempo fa di una lettera di minacce, inviata dal carcere e firmata dal boss Rocco Pesce. Dopo un breve riassunto del “caso Rosarno” – dalla rivolta degli immigrati del 2010, allo sgombero della casa dei Pesce fino all`intimidazione alla Tripodi – il salotto di Vespa ha ospitato una chiacchierata confidenziale tra la Tripodi – «sindaco antimafia» – e il “padrone di casa”. Il padrone di casa si è meravigliato del perché un giornale straniero come il Financial Times avesse dedicato una pagina a Elisabetta Tripodi.
Il primo cittadino di Rosarno – tornata in Calabria dopo anni vissuti al Nord – ha chiarito subito che l`attenzione dei media stranieri si è spesso soffermata sulla sua esperienza di primo cittadino, ma ha specificato di non «voler diventare prigioniera di un`etichetta perché – ha detto – è normale che tutti siamo contro la mafia e contro le regole». «Contro le regole», un lapsus certamente causato dall`emozione. Il racconto della sua storia si interrompe per alcuni minuti per dare spazio a una finestra sulla rivolta degli immigrati e, in particolare, sulle attuali condizioni della tendopoli. «Non c`è il rischio di una nuova rivolta», ha assicurato la Tripodi che ha aggiunto: «I problemi non sono stati risolti. Le istituzioni nazionali e regionali ci hanno un po` abbandonato».
Una situazione fotografata dal servizio di un inviato della trasmissione che ha incontrato gli immigrati della Piana, che continuano a vivere in condizioni disumane tra miseria e condizioni igieniche precarie. Ma i riflettori si sono subito puntati sulla storia di Elisabetta e sulla lettera inviatale da Rocco Pesce. «Io da quella lettera non mi sono mai sentita minacciata ma sporcata – ha detto la Tripodi –. Anche se il processo non lo ha dimostrato, la mia convinzione è che non sia stata scritta dall`autore ma condivisa». E la pratica relativa alla casa dei Pesce, che il primo cittadino ha fatto sgomberare («doveva essere fatto dal 2003»), «ora giace al Genio civile perché il bando di gara è andato deserto».
Bruno Vespa si è stupito più volte del potere economico raggiunto dalla `ndrangheta e si è chiesto come sia possibile convivere con i mafiosi. «Non c`è un paese di mafiosi – ha detto la Tripodi – ma è una minoranza che ha tenuto testa a una maggioranza». Il sindaco ha rivolto poi un pensiero al piccolo Cocò, ucciso e bruciato assieme al nonno e alla sua compagna: «Abbiamo il dovere di proteggere i bambini». Da qui l`esempio delle donne che si sono ribellate alle cosche, che «da boss in gonnella» hanno deciso di dire basta squarciando il velo di omertà: da Lea Garofalo a Maria Concetta Cacciola, (che hanno pagato con la vita il coraggio di dire no), a Giusy Pesce (che per i suoi figli ha deciso di non tapparsi più la bocca).
Nonostante a Rosarno la crisi attraversa tutti i campi, in particolare l`agricoltura, e la disoccupazione colpisce soprattutto i giovani, per la Tripodi si avverte comunque «una voglia di riscatto dalla `ndrangheta e di cambiamento».
Poi si è passati a uno spaccato familiare del sindaco. Elisabetta Tripodi ha due figli e non sa che cosa augurare loro per il futuro, «se rimanere o andare via». «Quello più grande – ha detto – si avvia alla maturità e ora dovrà scegliere. Non voglio condizionarlo. Ma in fondo in fondo preferirei che andasse via per allargare i suoi orizzonti e poi ritornare come ho fatto io. Non bisogna arrendersi né essere come don Chisciotte. Spesso ho momenti di scoramento, di stanchezza, non dati dalla `ndrangheta ma dalla difficoltà di amministrare e dalla cattiveria della politica. Ogni giorno è come essere su un ring, non sai mai da dove ti arrivano i colpi». (0050)

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