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Scopelliti e i suoi arringano la piazza di Reggio: «Basta commissari»

REGGIO CALABRIA Chi si aspettava osannanti ali di folla, unite nel grido “Ora basta” è destinato a rimanere deluso. In una piazza Italia piena per neanche metà, ad ascoltare il governatore ed ex si…

Pubblicato il: 07/02/2014 – 22:27
Scopelliti e i suoi arringano la piazza di Reggio: «Basta commissari»

REGGIO CALABRIA Chi si aspettava osannanti ali di folla, unite nel grido “Ora basta” è destinato a rimanere deluso. In una piazza Italia piena per neanche metà, ad ascoltare il governatore ed ex sindaco della città Giuseppe Scopelliti, l’ex sindaco “sciolto” per mafia e oggi assessore regionale, Demetrio Arena e il senatore e autocandidato sindaco in pectore – nonché avvocato di fiducia del governatore – Nico D’Ascola, c’erano più o meno noti rappresentanti del centrodestra locale, simpatizzanti e attivisti, ma anche – forse per la prima volta a Reggio città – contestatori. E i fischi di pezzi sparsi dell’area di Rivoluzione civile, dei pentastellati, come degli lsu-lpu finiti in Multiservizi si sono fatti sentire e hanno fatto innervosire non poco chi si era presentato in piazza «per dire basta alla stagione di odio» – ma senza rinunciare a insulti e toni più che bellicosi – e chiedere «che la città venga restituita alla politica».
Ad aprire le danze è l’ex sindaco Arena, per sua stessa ammissione «confuso» dallo scenario politico nazionale e non, ma soprattutto dalle sentenze che per due volte lo hanno definito incandidabile in seguito allo scioglimento del Comune. Eppure – afferma – oggi la terna – starebbe ripercorrendo i passi della sua breve amministrazione riguardo, ad esempio, i commercianti del mercato di Mortara o la creazione di una short list di avvocati «perché il Comune non può essere difeso da quattro impiegati dell’amministrazione». Forse dimenticando le «contiguità mafiose» che hanno spinto il Viminale a mettere un punto alla sua breve stagione alla guida di Palazzo San Giorgio, Arena tuona «sono queste le cause che hanno portato allo scioglimento del Comune». Ma a preoccupare l’ex sindaco, oggi assessore alle attività produttive, è anche quella dichiarazione di dissesto che dopo la bocciatura del piano di rientro della Corte dei conti sembra ormai dietro l’angolo. Ancora una volta forse dimenticando il parere al riguardo dell’autorevole organo della magistratura contabile, che non più tardi di un paio di giorni fa ha messo nero su bianco che Palazzo San Giorgio è di fatto già in default, Arena si scaglia contro il Pd. «Rispetto a questi signori che non hanno mai fatto nulla per la nostra città, in controtendenza con il partito nazionale, qui a Reggio Calabria – si fa scappare Arena – c’è qualche imbecille che continua a dire che il dissesto è l’unica strada per rilanciare la città». Toni che raggiungono l’acme quando l’ex sindaco chiama la piazza a «isolare gli sciacalli, gli avvelenatori di pozzi che sono disposti a vedere la nostra città distrutta per curare i propri interessi». Una battaglia da portare avanti – secondo l’ex inquilino di Palazzo San Giorgio – tanto in sedi politiche come giudiziarie «ricorreremo in Tribunale – promette – contro chi diffonde notizie false che possano mettere in pericolo la salute e la stabilità pubblica». Meno accesi, quasi garbati – almeno inizialmente – i toni di Nico D’Ascola, il senatore che oggi inizia a scaldare i motori in vista – forse, «dovrò valutare» dice – di una futura campagna elettorale per la conquista della campagna di sindaco. E si affida alla retorica propria della toga importante e di lungo corso – è anche l’avvocato di fiducia del governatore – per spiegare che «lo scioglimento del Comune – ed è una verità che deve essere chiara a tutti gli schieramenti – non è frutto di una legge equilibrata, perchè nella procedura non esiste la possibilità di contraddittorio rispetto a quello che la Commissione d’accesso scrive». Nel caso di Reggio, si tratterebbe addirittura di un provvedimento abnorme perché «non si può sciogliere il Comune per fatti episodici che coinvolgono solo alcuni amministratori e casi isolati».
Allo stesso modo, non si potrebbe imputare il pesante debito che grava sulle casse dell’Ente comunale alle sole amministrazioni del centrodestra. «Il debito pubblico è un problema collettivo, che si è formato nel tempo ma pagano solo le giunte che lo hanno ereditato», afferma il senatore mentre una salva di fischi copre le sue affermazioni, facendogli – almeno per un momento – perdere l’aplomb e quasi gridare contro «i cretini che mi contestano dagli angoli più bui della piazza. Vorrei vederli in faccia per poter constatare la loro pochezza».
E della piazza non sembra aver paura Peppe Scopelliti, che al contrario esordisce ricordando «noi la nostra battaglia l’abbiamo fatta con la gente in mezzo alla gente». Una «battaglia di civiltà» – afferma – contro un «commissariamento fatto per punire la città», o meglio chi come loro tanto bene e con tanto consenso – quel 70% rimediato alle amministrative – da far imbestialire avversari politici e non meglio identificati «poteri forti». «Noi quando abbiamo governato abbiamo regalato una certezza ai nostri giovani che oggi viene negata», rivendica il governatore che pur non attaccando direttamente i commissari afferma «qui ci sono finanziamenti importanti che noi abbiamo messo in campo come Regione e non sono stati utilizzati, non sono diventati opere, interventi, investimenti. Per questo sono qui per dire ora basta». L’elenco di finanziamenti è lungo e quello dei progetti pure – c’è fra gli altri l’arena Lido, il parcheggio del cedir, quello di via Possidonea, parte del teatro Comunale ,l’illuminazione di piazza Italia – e Scopelliti promette «se entro 60 giorni quelle risorse non verranno mobilitate, sarà la Regione nei limiti consentiti dalla legge ad intervenire direttamente». Anzi, la Regione già ha sopperito all’immobilismo della triade «salvando l’aeroporto» e nella gestione dei problemi relativi alle partecipate «garantendo la continuità lavorativa a quegli 800 lavoratori che hanno rischiato di essere lasciati a casa» afferma il governatore, sorvolando sull’origine dei problemi delle miste che proprio durante le amministrazioni di Scopelliti, stando alle risultanze investigative, sono state infettate e colonizzare dalle ndrine e hanno iniziato ad accumulare debiti su debiti. Ma con la magistratura reggina Scopelliti ha un conto aperto. Per quanto non osi scagliarsi apertamente contro i giudici che a breve dovranno decidere se condannarlo o meno per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico al processo Fallara, sembra non poter fare a meno di sottolineare «nelle piazze c’è odio verso i vecchi sindaci ma nessuno è a processo. La giustizia deve essere uniforme sul territorio nazionale». E già che c’è, non perde occasione per attaccare duramente il presidente di Confindustria, Andrea Cuzzocrea, “reo” di aver testimoniato senza peli sulla lingua proprio al processo Fallara, senza nascondere le difficoltà degli imprenditori nonostante i ripetuti appelli e incontri all’allora sindaco Scopelliti. Nonostante non lo nomini mai direttamente, sono durissime le parole che il governatore riserva a «quell’imprenditore che oggi si fa la campagna elettorale nella speranza che qualcuno lo candidi, a quello che con noi mangiava e oggi dice che la nostra amministrazione è stata fallimentare. Questa è stata la falsa testimonianza – tuona Scopelliti, che però pare non abbia mai presentato specifica denuncia nelle sedi competenti – e la gente deve sapere». Ovviamente, nell’elenco dei cattivi non può mancare «l’informazione che ha voluto dare in pasto ai cittadini un responsabile e alla fine siamo sempre io e Demetrio Arena”, così come l’ex compagno di partito, Peppe Raffa «Non capisco perché – dice – eravamo in tre, ma veniamo additati sempre in due». È questa la lunga premessa che al governatore – il quale a suo dire deve all’impegno profuso per la città le due intimidazioni subite negli ultimi mesi, ma che solo nell’ultima settimana ha reso pubbliche – serve per arrivare al nodo centrale dell’evento: «Noi non abbiamo necessità di andare al voto a maggio, al contrario per noi è meglio ottobre perché più il tempo passa, più il citta
dino si rende conto che qui a Reggio è accaduto qualcosa di unico e irrazionale contro una classe dirigente ma – sottolinea – Reggio deve riprendere il suo cammino, dire basta alla stagione di odio e ripartire. Non ci saranno papa stranieri a salvare la città – afferma il governatore – il futuro è nelle mani di noi calabresi, di noi reggini». Ma nonostante le apparenze, tale appello non è un messaggio rivolto al ministro dell’Interno Angelino Alfano che proprio domani sarà in visita in città. «Sono altri quelli che attraverso lettere anonime, attentati, intimidazioni, che cercano di convincere il ministro a dare la proroga al commissariamento». (0030)

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