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La censura e gli inciuci inconfessabili

Ci aveva promesso una grande campagna pubblicitaria sulla Calabria, anche in questa occasione Peppe Scopelliti ha mantenuto la sua promessa. Grazie al ricatto che insieme ad Alfano hanno posto al r…

Pubblicato il: 02/03/2014 – 13:48
La censura e gli inciuci inconfessabili

Ci aveva promesso una grande campagna pubblicitaria sulla Calabria, anche in questa occasione Peppe Scopelliti ha mantenuto la sua promessa. Grazie al ricatto che insieme ad Alfano hanno posto al ricattabile Matteo Renzi siamo da due giorni sulle prime pagine di tutti i giornali, ci restiamo nonostante i venti di guerra che soffiano sull’Ucraina e otteniamo anche, caso quasi unico, che i cinque direttori delle maggiori testate giornalistiche del Paese convergano nel chiedere a Renzi di rimuovere dal suo governo l’ingombrante presenza del senatore Tonino Gentile.
Detto questo, però, va rilevato che il problema non è Scopelliti e non è Tonino Gentile, questi sono sempre gli stessi. Chi volete che si sorprenda più delle loro bravate? Scopelliti non può certo rimproverare a Gentile di manovrare sugli editori, lui lo fa da venti anni ed è vero che le rotative si rompono spesso ma guarda caso sempre quando in prima pagina hanno uno scoop o su Scopelliti o su Gentile.
Chi sorprende invece è il Partito democratico, che si ritrova con un Matteo Renzi ancora più ostaggio del suo predecessore rispetto alle indecenti proposte del duo Alfano-Scopelliti. Non lo testimonia solo il “caso Gentile”, lo evidenziano anche la vicenda della mancata nomina a ministro di Nicola Gratteri, l’inserimento di Reggio nel nuovo decreto “Salva Roma”, la permanenza di Angelino Alfano nella doppia veste di capo di un partito e ministro dell’Interno, cosa che persino la peggiore Dc non si è mai sognata di fare o di consentire.
Appiattiti sulla linea, infatti, oggi ci sono quelli che renziani sono diventati per intervenuta mutazione genetica, dal segretario regionale Ernesto Magorno alla presidente dell’Antimafia Rosy Bindi. Ci si aspettava la rottura rispetto a decenni di falsa opposizione e di disinvolta compartecipazione del Pd alle scelte più impresentabili del centrodestra, invece si continua nel solco di quella pessima tradizione.
Magorno non ha fatto mistero delle sue titubanze, ai parlamentari che proponevano un documento per chiedere a Renzi di non inserire nel suo governo Tonino Gentile, ha risposto con un secco divieto, anzi ha raccomandato di evitare qualsiasi dichiarazione potesse disturbare l’accordo. Rosy Bindi ha responsabilità anche maggiori perché se invece di secretare le relazioni delle commissioni d’accesso nei Comuni di Serra San Bruno e Rende e nell’Asp di Cosenza le avesse rese pubbliche, sicuramente molti nodi sarebbero arrivati al pettine e Renzi non poteva fare quello che oggi fa: la figura di quello che cade dal pero.
E sempre su Rosy Bindi c’è da chiedersi se l’averla catapultata in Calabria prima e averla imposta come presidente della Commissione antimafia dopo non risponda proprio a una logica di “normalizzazione”. Ci chiediamo, ad esempio, l’intransigente Rosy ha informato Renzi di quel che sta dietro i placcaggi, operati dal ministro Alfano, del lavoro svolto dalle Commissioni d’accesso in quel di Cosenza? Se non l`ha fatto, quali ragioni glielo hanno impedito? Calcolo politico o adesione alla linea del “nuovo” Pd calabrese che è quella di inciuciare con il potere scopellitiano?
Se qualcun preferisce continuare a guardare il dito (Tonino Gentile e la maldestra censura, peraltro in passato splendidamente riuscita anche a Calabria Ora…) si accomodi pure. Noi continuiamo a guardare la luna che vediamo avvolta in inciuci inconfessabili tra uomini di potere, vecchi e nuovi, calabresi e no, che da sempre hanno imposto sulla Calabria una coltre di illegalità diffusa al riparo della quale si consumano quotidianamente intrallazzi, ruberie e devastazioni.

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