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La mediazione per salvare la vita al figlio coinvolto nel suicidio di Maria Concetta Cacciola

REGGIO CALABRIA Il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, accogliendo la proposta congiunta del procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, e del d…

Pubblicato il: 02/04/2014 – 10:13
La mediazione per salvare la vita al figlio coinvolto nel suicidio di Maria Concetta Cacciola

REGGIO CALABRIA Il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, accogliendo la proposta congiunta del procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, e del direttore della Dia, Arturo De Felice, ha emesso decreto di sequestro dei beni riconducibili a Sante Pisani, 65 anni, originario della Piana di Gioia Tauro, trasferitosi con il nucleo familiare a Poggio a Caiano (Prato), agli inizi degli anni `90 dove ha mantenuto la residenza fino al 2012, per poi fare ritorno nel Comune di origine. Secondo la Dia Pisani ha assunto un ruolo di primo piano diventando il referente economico-finanziario di vari esponenti della criminalità organizzata calabrese, alcuni dei quali ai vertici delle più pericolose matrici `ndranghetiste quali le famiglie Pesce e Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria). I beni sequestrati sono del valore di 3,5 milioni di euro.
Le somme investite in case, terreni ed attività commerciali dall`imprenditore sarebbero provenute da truffe su finanziamenti dell`Unione Europea. I finanziamenti erano chiesti per imprese del settore agroalimentare in Calabria e le domande venivano esaminate dalla Regione Calabria. Ma poi, secondo gli inquirenti, le somme ottenute tramite la Ue venivano `distratte` in investimenti in immobili e attività commerciali obiettivo del sequestro scattato oggi. All`imprenditore sono stati sequestrati, tra l`altro, un casale e terreni intestati a un cognato a Comacchio (Ferrara) ma gestiti di fatto da lui e dal figlio, l`avvocato Vittorio Pisani; una villetta e una lavanderia a Poggio a Caiano (Prato), comune dove ha avuto la residenza dall`inizio degli anni 90 fino al 2012; tre abitazioni, un negozio, agrumeti e vigneti a Rosarno; vari conti correnti e polizze assicurative. I beni sarebbero stati intestati anche ad affiliati delle cosche di riferimento della `ndrangheta di cui Pisani sarebbe – secondo gli inquirenti – il referente economico-finanziario. Per `tracciare` il patrimonio di Pisani, la Dia ha operato ricerche su varie banche dati: alcuni accertamenti avrebbero evidenziato un`eccessiva sproporzione tra i redditi dichiarati da Pisani e dalla moglie rispetto al patrimonio familiare effettivo, aspetto che ha convinto gli investigatori ad approfondire le indagini.
Dall`esame di altre indagini giudiziarie, delle frequentazioni, dei legami di parentela, degli interessi societari nonché della documentazione fiscale e bancaria, Pisani è indiziato di appartenere alle associazioni mafiose, con la “specializzazione” criminale di riciclare notevoli somme di denaro derivanti da truffe all`Unione Europea per contributi elargiti ad aziende e cooperative agricole della Calabria, ottenuti grazie a false documentazioni e collusioni con impiegati pubblici della Regione Calabria. Lo stesso decreto di sequestro ha riguardato anche il figlio di Sante Pisani, Vittorio Pisani, avvocato, di recente arrestato nell`operazione Onta, per aver favorito la `ndrina Bellocco. Quella vicenda processuale è legata alla morte di Maria Concetta Cacciola, la donna che aveva iniziato a collaborare con gli inquirenti prima di tornare a Rosarno e togliersi la vita ingerendo acido muriatico.

LA MEDIAZIONE PER SALVARE LA VITA AL FIGLIO
Proprio nelle indagini per quei fatti, gli inquirenti sono riusciti a individuare i presunti legami tra Sante Pisani e la cosca. In una intercettazione, infatti, uno degli avvocati arrestati nella stessa operazione, Gregorio Cacciola, riferiva al suo interlocutore (Giovanbattista Cacciola, fratello di Michele, padre della testimone di giustizia morta suicida) che Sante Pisani aveva affrontato Gregorio Cacciola (fratello di Michele e Giovanbattista) per lamentarsi del fatto che andava in giro a parlare male del figlio («il bello è che suo padre se n’è andato da tuo fratello, da Gregorio… a lamentarsi che lui gli insultava il figlio»).
Dalla stessa conversazione emerge che, successivamente, il padre di Pisani si era recato a parlare anche con l`avvocato Cacciola, il quale gli aveva evidenziato che il comportamento tenuto dal figlio era ingiustificabile, al punto che la famiglia Pisani, per recuperare l`onore perduto, aveva una sola scelta: ucciderlo («è venuto da me … gli ho detto… (ride)… e tu che vuoi fare ora? Un cazzo di quello… una cosa sola gli ho detto io puoi fare… prima gli ho detto io vieni con me dove ti dico io, poi prendi una “falcetta” (falce) e… inc… ma non voglio che arrivi nemmeno questo, sennò i “coppi”… (incomprensibile, abbassa il tono della voce, sussurra) … “figghisa e paisa”… (inc. abbassa il tono della voce, sussurra) … guardano le carte ci rendiamo conto chi ha detto e chi non ha detto, poi te la senti di prendere una “falcetta”… (inc. smorza le parole)… »).
Continuando, l’avvocato Gregorio Cacciola rilevava che sarebbe stato meglio non ammazzare Pisani, in quanto «non ne vale nemmeno la pena, non vale», mentre Giovanbattista Cacciola dava immediatamente la sua disponibilità, ove necessaria («se c`è… se c`è il bisogno si fa qualcosa»).
Gli inquirenti ipotizzano, dunque, per Sante Pisani un ruolo di “mediatore”, che sarebbe stato confermato da Vittorio Pisani nel corso dell`interrogatorio di garanzia.
Ad arricchire il quadro indiziario ci sono anche le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Salvatore Facchinetti. Ce n’è quanto basta, per i magistrati reggini, per definire Sante Pisani «il referente economico-finanziario di due tra le più pericolose famiglie di ‘ndrangheta, cioè i Pesce e i Bellocco di Rosarno.
Il sequestro ha riguardato abitazioni a uso civile, terreni, quote societarie, attività economiche, conti correnti, polizze assicurative e dossier titoli, nonché lo studio legale dell`avvocato Vittorio Pisani. Il provvedimento che ha interessato le province di Reggio Calabria, Cosenza, Roma, Prato e Ferrara, è stato eseguito dalla Direzione investigativa antimafia e dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Reggio Calabria. (0020)

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