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Confermato il sequestro dell’Alaco. La Procura: potabilizzazione non idonea

Le acque dell’Alaco non possono formalmente essere dichiarate in categoria A 3 e, di conseguenza, «i trattamenti di potabilizzazione potrebbero risultare non idonei». È una delle principali conclus…

Pubblicato il: 07/04/2014 – 13:16
Confermato il sequestro dell’Alaco. La Procura: potabilizzazione non idonea

Le acque dell’Alaco non possono formalmente essere dichiarate in categoria A 3 e, di conseguenza, «i trattamenti di potabilizzazione potrebbero risultare non idonei». È una delle principali conclusioni a cui è giunta la Procura di Vibo Valentia con la chiusura dell’inchiesta “Acqua Sporca”, che il 17 maggio di 2 anni fa aveva portato al sequestro preventivo dell’invaso idropotabile gestito da Sorical che eroga acqua a una larga fetta di popolazione della Calabria centro-meridionale. La Procura – le indagini, coordinate dal procuratore capo Mario Spagnuolo e dal pm Michele Sirgiovanni, e condotte sul campo dagli uomini del Nas di Catanzaro e del Corpo Forestale dello Stato di Vibo – ha confermato il sequestro del lago artificiale e del relativo impianto di potabilizzazione che si trova sul monte Lacina, nel territorio al confine tra i Comuni di Brognaturo (Vv) e San Sostene (Cz), ed è in corso di notifica l’avviso di conclusione indagini a carico di 36 persone – tra dirigenti e tecnici di Sorical, Arpacal e Asp e alcuni sindaci dei paesi collegati all’invaso – accusate, a vario titolo, di avvelenamento colposo di acque, inadempimento di contratti di pubbliche forniture, false attestazioni commesse da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, interruzione di servizio di pubblica necessità e omissioni in atti d’ufficio.
Alla conclusione della fase di indagini preliminari, dunque, il lavoro svolto da tecnici e consulenti della Procura ha portato a confermare il provvedimento e a intensificare i controlli previsti dalla legge. Stando a quanto rilevato dalla Procura vibonese, «la definizione dello stato di qualità ambientale delle acque dell’invaso è stato operato senza rispettare quanto previsto dal dettato del decreto legislativo 152/1999». Da qui la conclusione: il liquido erogato non può essere classificato neanche come A3 (acqua che necessita di trattamento fisico-chimico “spinto”), il grado più alto – il più difficile da potabilizzare – nella classificazione delle acque da destinare ad uso potabile. Dai monitoraggi effettuati, inoltre, emerge ancora una volta la mutevolezza dell’acqua del lago, che anche in un periodo breve cambia caratteristiche continuamente, e quindi l’impianto dovrebbe avere la capacità di adattare in tempi brevi il trattamento di potabilizzazione. Tra gli impianti dislocati nella rete di distribuzione dei singoli Comuni, sono stati invece dissequestrati solo quelli che attualmente non risultano essere utilizzati e per i quali, secondo la Procura, non si ravvisa la necessità di attività migliorative. Gli altri, invece, rimangono sotto sequestro, perché i sopralluoghi effettuati dai carabinieri del Nas guidati dal capitano Giovanni Trifirò hanno fatto emergere, «anche nei siti assistiti da un giudizio di conformità emesso dall’autorità sanitaria, la persistenza di situazioni di criticità visibile».

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