REGGIO CALABRIA «Se solo uno di questi medici avesse fatto il proprio lavoro, niente di eccezionale, solo il proprio lavoro, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Ci sono sei medici che hanno agito con negligenza e imperizia; se solo uno di loro avesse interrotto questa catena di negligenza, Flavio si sarebbe salvato. Signori giudici, desidero leggere una sentenza di condanna nella quale si stigmatizzi la negligenza. Questo è un caso di colpa grave; è mancato il buon senso».
Non solo la conferma delle condanne di primo grado, ma anche la condanna di Francesco Turiano e Saverio Ciprì due dei medici assolti dal giudice di prima istanza. È un inasprimento parziale del giudizio emesso in primo grado quello chiesto dal sostituto procuratore generale Alberto Cianfarini, nei confronti del personale sanitario a vario titolo coinvolto nella tragica morte di Flavio Scutellà, il dodicenne rimasto vittima di una caduta, divenuta fatale per l’estremo ritardo con cui gli è stato prestato soccorso. Non dai familiari, che immediatamente ricollegano la caduta dalla giostra, agli strani svenimenti del figlio, e subito lo portano all’ospedale di Polistena. Ma di medici e infermieri che a vario titolo avrebbero dovuto prestare soccorso al ragazzino, le cui condizioni si sono aggravate via via che si accumulavano i ritardi. È a Polistena che a Flavio viene diagnosticato un ematoma sottodurale di 8 millimetri. In gergo tecnico, si tratta di un versamento non esteso ma serio, da rimuovere al più presto. Peccato che a Polistena non ci sia una neurochirurgia, dunque sia necessario trovare posto in uno dei sei ospedali del circondario. Tutti pieni, tutti al collasso, dicono dai reparti, mentre le ore passano e l’ematoma si estende. I genitori di Flavio arrivano a chiamare la Polizia per chiedere aiuto, e solo dopo da Reggio arriva finalmente luce verde. «Siamo di fronte a dei medici – tuona il sostituto pg Cianfarini – che non solo hanno agito in maniera tardiva, ma hanno agito anche male. Avrebbero dovuto trasferire Flavio subito, avrebbero dovuto portarlo immediatamente presso un altro ospedale più attrezzato di quello di Polistena. Avrebbero dovuto usare qualsiasi mezzo, anche la propria automobile considerata la gravità della situazione. Se il padre del ragazzo non avesse chiamato la polizia chissà quando sarebbe stato trasportato a Reggio Calabria». Ma anche l’ambulanza che dovrebbe trasportare il dodicenne in ospedale non c’è e quando finalmente appare è necessario attendere il cambio turno degli infermieri. Le ore passano ancora e ne sono trascorso otto dall’incidente e poco meno dalla diagnosi quando Flavio finalmente arriva sul tavolo operatorio di Neurochirurgia. Ne uscirà in coma, ma da quel sonno, dopo quattro giorni di battaglia, non si sveglierà mai più. A quattro anni dalla morte del ragazzino, l’11 luglio del 2012 il giudice monocratico, Angelina Bandiera, ha condannato per omicidio colposo i medici dell’ospedale di Polistena Antonio Leali e Pietro Tripodi a un anno e otto mesi di reclusione, Giovanni Plateroti a un anno e sei mesi e Francesca Leotta a un anno di carcere, assolvendo invece i neurochirurghi reggini Francesco Turiano e Saverio Cipri; Giovanni Triolo e Carmelo Alampi, infermieri del 118 di Reggio, Francesco Morosini, medico di Cosenza e Giuseppe Mauro, di Catanzaro. Una sentenza che la pubblica accusa ha chiesto in parte di riformare. (0030)
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