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Il killer venuto dall`Est

È il pomeriggio del 30 agosto 2009 quando al 113 arriva una telefonata. A parlare è un ragazzo straniero, dice che ha qualcosa di importante da raccontare. Pochi minuti dopo una “volante” lo accomp…

Pubblicato il: 21/04/2014 – 8:37
Il killer venuto dall`Est

È il pomeriggio del 30 agosto 2009 quando al 113 arriva una telefonata. A parlare è un ragazzo straniero, dice che ha qualcosa di importante da raccontare. Pochi minuti dopo una “volante” lo accompagna negli uffici della polizia di Tropea. Quando si trova davanti a un ufficiale il giovane infila una mano in tasca ed estrae una pistola: «Con questa – spiega – avrei dovuto fare un omicidio ieri sera, ma non l`ho fatto, pur avendo avuto l`occasione, perché non mi sono sentito di farlo». E poi aggiunge che non sarebbe stato il primo, che già di altri delitti si è macchiato «dei quali voglio parlare perché mi sono convinto a collaborare pienamente con la giustizia». È iniziata così la nuova vita, da “pentito”, di Peter Cacko giunto dalla Slovacchia in cerca di una vita migliore e diventato, invece, il braccio operativo della criminalità vibonese. Una “carriera” iniziata con i «lavori piccoli», gli incendi, poi le bombe, infine gli spari. Ha ucciso Cacko, ma in quell`assolato pomeriggio di fine estate ha deciso di fermare quella drammatica spirale di violenza. L`ultima missione non poteva portarla a termine: questa volta avrebbe dovuto premere il grilletto contro un suo amico. Racconta di aver pensato di uccidersi, ma i mandanti avrebbero trovato qualcun altro per portare a termine l`incarico. L`unico modo per salvare la vita del suo amico era consegnarsi alle forze dell`ordine e denunciare tutto.
E così la mattina del 31 agosto del 2009, davanti all`allora pm della Dda Marisa Manzini, il ragazzo con un forte accento dell`est Europa  inizia a raccontare i suoi dieci anni passati in Calabria. È il 1998, Cacko è da poco uscito di galera dove ha scontato una pena per furto e rapina, con 300mila lire paga un passaggio per l`Italia e la promessa di un lavoro. Arriva a San Ferdinando, vicino Gioia Tauro. Ma le speranza si infrangono davanti alla spietata realtà, finisce nei campi a raccogliere agrumi, mal pagato e vessato. Resiste poco il giovane che all`epoca ha 26 anni. Sempre a San Ferdinando inizia a lavorare come manovale e trova un posto in una ditta edile. La paga è regolare, ma viene «sfruttato oltremodo». Comunque Cacko impara l`italiano e si innamora, ricambiato, di una ragazza italiana. Ma il lieto fine non c`è: «Allorché il padre della ragazza ha scoperto la nostra relazione, dato che non voleva che la figlia stesse assieme a uno straniero, ha mandato degli uomini a picchiarmi». Il ragazzo viene letteralmente massacrato di botte tanto da procurargli la frattura della mandibola. Dopo una lunga convalescenza decide di cercare fortuna a Tropea. Dopo alcuni lavori saltuari, Cacko inizia a fare le pulizie in una nota discoteca della zona. È qui che conosce Pasquale Quaranta, 50 anni, di Santa Domenica di Ricadi, ritenuto dalla Dda di Catanzaro esponente del clan La Rosa. Lui adesso, grazie alle dichiarazioni dello slovacco, è a processo perché ritenuto il mandante  di un omicidio, due tentati omicidi e numerosissimi attentati compiuti da Cacko. Nell`estate del 2001 i rapporti tra i due si fanno sempre più stretti. Lo straniero ha bisogno di guadagnare di più e così «chiesi al Quaranta se per arrotondare lo stipendio potessi fare lavori extra. Dissi cioé di aver saputo che era collegato alla mafia del posto e che io nel mio Paese ero già stato in carcere e non avevo difficoltà a commettere reati». Il cittadino straniero viene subito messo alla prova: il primo incarico è l`incendio di una motopala in un cantiere di Tropea in cambio di 100 euro. I primi incarichi consistono o nei roghi o nel lasciare messaggi, bottiglie con liquido infiammabile, davanti alle attività di quegli imprenditori che non vogliono pagare. La modalità appare sempre la stessa, prima effettua un sopralluogo e poi di notte agisce. La tanica di benzina la trova sempre sul posto, gli viene lasciata dai complici nascosta poco distante dal luogo che deve essere dato alle fiamme. Cacko in breve diventa un “professionista”, impara a capire quale materiale è più facilmente infiammabile, usa sempre un passamontagna e imbottisce i vestiti per alterare la sua corporatura. Brucia tutto, auto, negozi, cantieri, villaggi turistici. Poi arrivano le armi. Lui stesso torna dalla Slovacchia con una mitraglietta, dinamite e tritolo. È lui stesso a confezionare le bombe che fa esplodere: «Già sapevo maneggiare l`esplosivo – spiegherà agli inquirenti – perché al mio Paese avevo frequentato una scuola militare». I danneggiamenti si susseguono a ritmo vertiginoso, anche tre per notte, Cacko non riesce neanche a ricordarli. «A questo punto della mia carriera – spiega in un verbale – i miei impegni criminali si erano infittiti tanto che gli stessi rientravano in una sorte di routine».
Ma a un certo punto è lo stesso Cacko a chiedere «un “lavoro” dove si guadagnasse di più, anche sparare a qualcuno». Il prezzo pattuito per ammazzare è tra i 10 e i 15mila euro, il primo obiettivo è Ivano Pizzarelli. Di lui Cacko conosce solo il nome, sa che è pelato e che frequenta un bar di Tropea. Non sa perché deve essere ammazzato, ma il killer venuto dall`Est esegue l`ordine: si nasconde vicino casa della vittima e attende. Ivano, per sua fortuna, ritarda e il sicario si addormenta: «Sono stato svegliato dal rumore di una macchina che era proprio quella di Ivano. Preso di soprassalto ho tentato di alzarmi ma sono caduto a terra per le gambe intorpidite. Nel frangente mi è caduta la pistola, recuperatala sono stato colto dal dubbio che l`arma fosse in sicura pertanto ho pensato di sparare prima un colpo di prova verso l`alto: Effettivamente il colpo è partito ma ha messo in allarme la vittima. Ivano si è messo a correre attorno alla sua macchina chiedendo aiuto e invocando l`intervento della polizia. L`ho rincorso tentando di sparargli addosso ma l`arma si era inceppata. Dopo qualche giro ho deciso di scappare via». Ma il battesimo del sangue per Cacko arriverà qualche tempo dopo, con l`omicidio di Saverio Carone che aveva un’impresa di costruzioni e movimento terra e non aveva precedenti penali. La mattina del 12 marzo 2004 il ragazzo venuto dall`Est si apposta sotto casa, con addosso una maschera di carnevale e lo uccide. Solo mesi dopo saprà che l`omicidio era stato deciso perché l`imprenditore si era rifiutato di «lasciare qualche lavoro anche ad altri». Sempre Cacko pochi mesi dopo attenterà alla vita di Pietro Carone (fratello di Saverio) colpito alla spalla da un colpo di mitraglietta Skorpion. Il collaboratore racconta di altri progetti omicidiari ma di cui non ricorda nemmeno i nomi delle vittime. In un caso, racconta agli inquirenti, mentre stava andando in macchina sul luogo di un agguato «ricordo di aver acceso la radio e in quel momento veniva trasmessa una canzone che, per ironia della sorte, recitava “pensa… prima di sparare pensa”». Cacko inizia a capire di essersi messo in un “gioco” molto pericoloso: «Sapevo che i calabresi non esitavano a uccidere gli stranieri con i quali andavano in contrasto. Ricordo la fine di un collega quando ero alle dipendenze di una ditta di Rosarno, il quale per il solo motivo di essere andato a lamentarsi contro il padrone di un bar che aveva molestato la sua ragazza per il quale lavorava, era stato trovato “suicida” nelle campagne di Rosarno. In quel caso il ragazzo era stato fatto apparire come debole di mente, cosa che in realtà non era». Così il collaboratore di giustizia decide di farsi una specie di “assicurazione” sulla vita. Registra un lungo colloquio con Pasquale Quaranta in cui vengono svelati tutti gli affari illeciti in cui è stato coinvolto. La cassetta viene poi inviata a un suo amico in Slovacchia «avvertendolo che se per sei mesi non avesse ricevuto più mie notizie avrebbe dovuto portare la cassetta a Bratislava presso l`ambasciata italiana e denunciare la mia sparizione in Calabria dicendo che nella cassetta vi erano notizie importanti che avrebbero svelato la motivazione della scomparsa». Quella registrazione ora è in mano agli inquirenti ed è entrata nel processo in cui Ca
cko e Quaranta rispondono di omicidio, dei tentati omicidi e degli innumerevoli episodi di danneggiamento alle attività commerciali della zona. Proprio poche settimane fa, lo slovacco ha preso la parola in aula per ribadire il suo pentimento e chiedere scusa a tutte le persone a cui ha fatto del male.

(L`articolo a firma di Gaetano Mazzuca è tratto dal numero 139 del Corriere della Calabria)

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