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I familiari della Cacciola scelgono l`abbreviato

Hanno scelto tutti di essere giudicati con il rito abbreviato i familiari della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, morta suicida nell’agosto del 2011, accusati di violenza privata aggr…

Pubblicato il: 03/05/2014 – 15:46
I familiari della Cacciola scelgono l`abbreviato

Hanno scelto tutti di essere giudicati con il rito abbreviato i familiari della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, morta suicida nell’agosto del 2011, accusati di violenza privata aggravata dalle modalità mafiose per aver obbligato la donna a recedere dal percorso di collaborazione intrapreso. Medesima pesantissima accusa che pende sulla testa dei legali di Cetta, Vittorio Pisani e Gregorio Cacciola – accusati entrambi di aver curato la falsa confessione con cui la testimone di giustizia, pochi giorni prima di morire dopo aver ingerito una dose letale di acido muriatico, aveva smentito le dichiarazioni fatte ai magistrati contro il clan Bellocco – ma che i due avvocati affronteranno con strategie diverse. Se Pisani, la cui posizione era sembrata aggravarsi nel corso delle indagini, ha scelto di affrontare il rito abbreviato, Cacciola, che oggi è stato rinviato a giudizio dal gup Barbara Bennato, dovrà invece aspettare il prossimo 3 luglio per presentarsi di fronte ai giudici del Tribunale collegiale di Palmi.
Nel frattempo non si  fermano le indagini sulla tragica fine della testimone di giustizia. La Procura di Palmi, all’esito del processo di primo grado che ha visto alla sbarra i familiari di Cetta, ha infatti rinviato gli atti in Procura, segnalando una possibile e ben più grave nuova ipotesi di reato: omicidio. Per i giudici di primo grado infatti, la scelta del suicidio non troverebbe conferma negli «atti di indagine, letti unitamente alle acquisizioni dibattimentali ed agli accadimenti immediatamente successivi alla morte della collaboratrice», tanto meno sarebbe suffragata «dallo stato d`animo che la stessa Maria Concetta, nei giorni che ne hanno preceduto la scomparsa, manifestava alle persone con le quali si confidava e che riteneva a lei più vicine».
«Se la causa di morte strictu sensu intesa è innegabilmente quella cristallizzata nel capo di imputazione (più precisamente l`asfissia determinata dall`assunzione di una sostanza altamente tossica acorrosiva) – scrivevano i giudici nelle motivazioni –  gli esiti dell`istruttoria dibattimentale svolta – a giudizio della Corte – impongono di concludere che la donna non si sia inflitta autonomamente tale atroce morte ma che sia stata, al contrario, assassinata». (0040)

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