CROTONE Diciannove provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro sono stati eseguiti dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone a Petilia Policastro e in altri centri della provincia nei confronti di presunti capi e gregari delle cosche della ‘ndrangheta della zona. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, spaccio di droga, violazione in materia d’armi, estorsioni ad imprenditori e commercianti. Gli investigatori sono convinti di avere disarticolato le cosche e colpito gli interessi illegali e le ramificazioni nel settore economico, produttivo e sociale. Scoperte diverse estorsioni a imprenditori edili, agricoli e turistico alberghieri. Gli indagati, che disponevano anche di numerose armi, attraverso minacce, intimidazioni e violenze erano riusciti anche a imporre il monopolio nelle costruzioni, anche in ambito privato, nonché un vero e proprio racket delle castagne e dell’uva, di cui le cosche decidevano i prezzi all’ingrosso e al dettaglio, con guadagni di centinaia di migliaia di euro, imponendo anche la manodopera. A chi non si adeguava al racket venivano bruciati i camion e tagliati gli alberi e le viti. Scoperta anche una rete di favoreggiatori di latitanti e disarticolata un’articolata attività di spaccio di stupefacenti. La cocaina veniva venduta al dettaglio a giovani della provincia di Crotone.
I carabinieri hanno anche individuato gli autori di due rapine a uffici postali e una in abitazione, nel corso della quale un anziano era stato legato, imbavagliato e picchiato. All’esecuzione dei fermi hanno preso parte circa cento militari.
I provvedimenti di fermo sono stati emessi dal procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dall’aggiunto, Giovanni Bombardieri, e dai sostituti Salvatore Curcio e Domenico Guarascio. Dalle indagini è stata ricostruita l’evoluzione criminale di Vincenzo Manfreda, il presunto boss di Petilia Policastro ucciso in un agguato il 24 marzo 2012. Manfreda avrebbe preso il comando sostituito della locale cosca della ‘ndrangheta che precedentemente era diretta dai Comberiati. Secondo la Dda di Catanzaro Manfreda avrebbe controllato il mercato dell’uva e delle castagne. Tutti coloro che volevano acquistare l’uva oppure il mostro dovevano rivolgersi all’azienda di Manfreda e chi non lo faceva subiva intimidazioni e danneggiamenti. La cosca, inoltre, aveva imposto anche il prezzo che doveva essere pagato. Sul fronte delle castagne è emerso che la cosca acquistava dagli agricoltori a un prezzo tra i 50 e i 75 centesimi, inferiore a quello di mercato, e poi rivedeva ai commercianti al costo tra 80 centesimi e un euro. Gli agricoltori che si rifiutavano di vendere il loro prodotto venivano minacciati e subivano intimidazioni. (0040)
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