REGGIO CALABRIA All’indomani del blitz della finanza a Villa Betania, Aurelio Chizzoniti torna a occuparsi della questione. L’input alle indagini, che sembrerebbero concentrate sui libri contabili del centro di assistenza reggino, è arrivato proprio dalle sue denunce. Il presidente della Commissione di vigilanza del Consiglio accusa i vertici di Villa Betania di voler capovolgere la verità delle cose, trasformando la presunta malagestione dell’istituto «in delitti contro confessioni religiose commessi dagli infedeli come me, che osano rivolgersi alla giustizia»
Chizzoniti attacca, com’è suo stile, e torna a parlare della denuncia che avrebbe ricevuto: «Indifferibili impegni professionali e istituzionali non mi hanno consentito, cosi come avrei voluto, di chiudere immediatamente la partita con gli spregiudicati amministratori di Villa Betania che, querelandomi (posto che sia vero), hanno temerariamente inteso emulare il condottiero Annibale che, pur consapevole dell’imminente disfatta ad opera dei romani in quel di Zama, assunse atteggiamenti spavaldi tentando di accreditare l’ipotesi di un netta vittoria punica: «Medice, cura te ipsum». Anche perché una ripassatina alle regole procedurali che disciplinano l’individuazione della competenza per territorio appare quanto mai opportuna visto che sarei stato querelato presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, sebbene il mio indigesto comunicato sia stato diffuso da un giornale che si pubblica e si stampa a Messina. Per cui la competenza caso mai sarebbe stata della Procura peloritana. Da parte mia non posso che esprimere profonda gratitudine alla dottoressa Lazzaro per avermi concesso la gradita opportunità di autodenunciarmi alla Procura di Reggio per qualsivoglia reato a me attribuibile nell’esercizio delle mie funzioni istituzionali e quindi di querelarla contestualmente a Messina avendo la stessa a me addebitato con gelida reticenza «la turbativa per l’ordine pubblico (sic!) con l’aggravante dell’imminente campagna elettorale» (doppio sic!). Tutto sommato mi è andata bene perché mi è stata risparmiata la responsabilità del ratto delle sabine ancorché secolarmente prescritto. Sono diventato quindi un terrorista che attenta alla “pace pubblica”, per come sostiene chi si esalta, altresì, con il delirante richiamo all’imminente campagna elettorale” nel cui contesto resto un “clandestino a bordo” (non sono candidato) ivi spinto da chi ben farebbe a riflettere sulla deriva tutt’altro che luminosa nei cui marosi annaspa Villa Betania. I cui dirigenti trasformano l’indifferenza “betania” in stupore e meraviglia per la sottovalutazione di conclamate trasgressioni, eccessi e contraddizioni, evidentemente ritenute inconsistenti o marginali dettagli in un quadro strutturato all’insegna della insensibilità senza emozioni nella cui ottica non si sa dove vadano a finire le scelte che non si fanno».
«Ma il tempo – chiosa Chizzoniti – prima o poi fornirà risposte a tutti, anche a chi non ha alcuna voglia di porsi domande preferendo convivere con gli spettri che vagano nella penombra dei corridoi di Villa Betania. In questa prospettiva principi non negoziabili vengono letteralmente calpestati introducendo anche il perfido e ipocrita tentativo di trasformare strumentalmente la disinvolta “mala gestio” in delitti contro confessioni religiose commessi dagli infedeli come me che osano rivolgersi alla giustizia irriguardosi del volontariato di “ispirazione cristiana” strumentalmente citato per tentare di nobilitare e nascondere scandali e vergogne. Ragion per cui io che sono stato allevato al culto cristiano-cattolico da autentici giganti del sacerdozio quali don Domenico Cristiano e don Rocco Ieracitano in quel di Marina di Palazzi e a Pellaro da don Giuseppe Rogolino che mi ha anche voluto presidente dell’Azione Cattolica, quasi mi si confezionano i panni strettissimi di un feroce ottomano animato da incontenibile furore anticristiano per cui non escludo una nuova Lepanto. Riproposta dalla “Santa alleanza” Villa Betania-Casa Serena. Quindi nell’oasi felice disinteressatamente governata da encomiabili volontari tutto sarebbe in regola perché l’Asp avrebbe ispezionato la predetta struttura e avrebbe trovato tutto a posto (sic!) a conclusione di quelle che probabilmente sono state distratte visite di cortesia più che ispezioni. Quello che rattrista è che ormai la differenza tra la gestione di Villa Betania e le peggiori espressioni della politica è ormai minima e ciò nonostante anziché confrontarsi con una realtà che la pone fuori legge, con autentiche acrobazie sul baratro dell’assurdo, l’indomabile signora Lazzaro (quella che chiede di conferire con me privatamente raccomandandomi di non parlare con nessuno…) si arrampica sugli specchi sperando di cloroformizzare la legalità smarrita».
A questo punto – continua il presidente della Commissione di vigilanza – il “volontariato” di fede cristiana impudentemente ostentato dovrebbe coordinarsi con talune carte custodite dalla signora Fava che ove non “smarrite” potrebbero attestare il rimborso di spese che sarebbero state misticamente sostenute da “chi svolge il servizio volontariamente e gratuitamente” anche nel mese di agosto. Quando il centro riabilitativo è chiuso… Mi sarei quindi aspettato anche dal 13° apostolo, sulla scorta delle esperienze maturate a Reggio e a Cosenza sul terreno del volontariato cattolico, più cautela, maggiore prudenza ed equilibrata responsabilità. Esiste quindi qualche maggiordomo in più di vaticana e gattopardesca memoria. Quanto alla signora Lazzaro, probabile autorevole discendente dal celebre omonimo resuscitato (“Lazzaro alzati e cammina”) guarda caso si trattava proprio di “Lazzaro di… Betania”, la stessa, ove decidesse di imitarlo dovrebbe farlo al più presto camminando il più velocemente possibile perché soprattutto i volontari asettici (si fa per dire) possono rendersi utili in tanti modi: ad esempio andandosene. E qui, sempre cristianamente parlando, non può ignorarsi il ruolo storico del quotidianamente imitato signor Giuda (anche lui era un apostolo!), il pertinente messaggio di un passo del Vangelo secondo Matteo: «Nessuno può servire due padroni» e più prosaicamente anche il mandato di pagamento emesso il 15 maggio dall’Asp 5 pari ad oltre 267mila euro la cui somma sarà disponibile fra qualche giorno. Con l’auspicio, l’augurio e la speranza che vengano pagati gli stipendi arretrati ai dipendenti che non sono quattro bensì sette con il mese in corso. Concludendo, non resisto alla tentazione di parafrasare Gesù che, pur morente in Croce, non esitò a invocare l’Onnipotente esclamando: «Padre, pedona loro perché (non) sanno quel che fanno».
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