REGGIO CALABRIA L’unica cosa certa è che non c’è niente di certo. La Calabria si avvia verso la fine della legislatura? Probabilmente sì, ma al momento nessuno può giurarci. L’ordine del giorno del consiglio regionale, convocato per domani alle 11, prevede in tutto quattro temi “caldi”: la modifica dello Statuto (con la riduzione a 30 del numero dei consiglieri), l’assestamento di bilancio, la nuova legge elettorale e la “presa d’atto” delle dimissioni del governatore Scopelliti. Affrontare quest’ultimo punto, a più di un mese dalla formalizzazione del dietrofront del presidente della giunta, farebbe calare il sipario su quattro anni di amministrazione di centrodestra. Il condizionale è d’obbligo, perché non è ancora chiaro se le dimissioni di Scopelliti saranno davvero discusse. Dai piani alti di Palazzo Campanella sono ancora in attesa dell’ultimo tra i pareri richiesti circa la corretta interpretazione delle norme: quello del ministero dell’Interno. Evidentemente il presidente Talarico – malgrado il dicastero per gli Affari regionali abbia riconosciuto senza alcun dubbio la facoltà del governatore di dimettersi (che rientra «tra gli atti volontari rientranti nella sfera personale del soggetto») nonostante la sospensione scattata per effetto della legge Severino – non è ancora del tutto convinto di far calare il sipario sulla legislatura. Resta da chiedersi se un eventuale differimento della presa d’atto sia un’azione legittima. Il Regolamento interno del Consiglio (articolo 60), a tal proposito, stabilisce che «nel caso di dimissioni del presidente della giunta, il presidente convoca il Consiglio entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione formale sulla quale ciascun consigliere può prendere la parola per non più di cinque minuti. Terminata la discussione, il presidente congeda definitivamente i consiglieri». Di tempo ne è passato parecchio, dato che le dimissioni di Scopelliti risalgono al 29 aprile scorso.
Ma se sul futuro politico e amministrativo della Regione non esistono punti fermi, lo stesso vale anche per le altre questioni che il Consiglio è chiamato ad affrontare. Fatta salva la modifica dello Statuto in seconda lettura – dalla quale deriverà il “taglio” di 20 consiglieri a partire dalla prossima legislatura – che dovrebbe essere approvata senza problemi, il cammino degli altri provvedimenti è cosparso di ombre e punti interrogativi. A Palazzo Campanella non è ancora arrivata la manovra economica approvata venerdì scorso dalla giunta regionale. Anche se l’assestamento di bilancio dovesse finire sul tavolo di Talarico domani, potrebbe prevalere l’intenzione di prendere più tempo per valutare con maggiore attenzione il contenuto della Finanziaria, che dovrebbe movimentare qualcosa come 119 milioni, gran parte dei quali ripartiti nel settore delle politiche sociali e delle infrastrutture. Almeno 15 milioni saranno destinati al settore dei trasporti, 26 agli stipendi dei forestali e 28 alle spese di funzionamento del Consiglio. L’assestamento – secondo quanto trapela tra le stanze dell’Astronave – potrebbe essere procrastinato a una seduta successiva del Consiglio anche nel caso di fine della legislatura, proprio perché rientra tra gli atti indifferibili e urgenti e quindi tra gli affari correnti che non hanno bisogno dell’indirizzo politico dell’esecutivo.
La legge elettorale è forse la questione più critica. La quadratura del cerchio, dopo mesi di discussioni e finti accordi, non è stata ancora trovata. La bozza che sta riscuotendo maggiori consensi è quella che prevede i tre collegi (Catanzaro-Crotone-Vibo; Cosenza; Reggio): l’ok in questo caso sarebbe trasversale ai partiti, bipartisan, ma probabilmente non ci sono ancora i numeri per farla passare in aula. Le resistenza maggiori arrivano dagli esponenti reggini di maggioranza e opposizione. Con la nuova legge il collegio meridionale perderebbe un consigliere e nessuno sembra disposto a fare un passo indietro. Tramonta definitivamente, invece, l’opzione del collegio unico regionale (la soluzione maggiormente gradita dall’ex governatore Scopelliti), mentre resta in piedi l’ipotesi di mantenere in vita le 5 circoscrizioni attuali. Ma c’è un’altra via: senza l’accordo finale, a rimanere in vita sarebbe la vecchia legge elettorale, con alcune modifiche di non poco conto. L’idea è di attenersi alle disposizione dell’Italicum, con la soglia di sbarramento fissata al 15% per le coalizioni e al 4% per le singole liste. È un’alternativa. Una delle tante in questa confusa notte della politica regionale.
Pietro Bellantoni
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