LAMEZIA TERME Aleggia l’ombra di incostituzionalità sulla nuova legge elettorale approvata ieri sera dal consiglio regionale calabrese. Nel mirino ci sono le nuove soglie di sbarramento introdotte dal testo normativo approvato con i soli voti della maggioranza di centrodestra. Dalla prossima legislatura rimarranno fuori da Palazzo Campanella le liste che non abbiano ottenuto almeno il 15% su scala regionale o almeno il 4% in caso di appartenenza a una coalizione e le coalizioni che non raggiungano il 15% dei consensi. Si capisce, insomma, come la legge privilegi la formazione di coalizioni composte da più partiti. E non è un caso che tra i primi ad alzare la voce contro la nuova legge ci siano i rappresentanti del Movimento 5 Stelle, che non faranno alleanze con altri partiti e che adesso preannunciano un ricorso contro le nuove regole scritte ieri dal consiglio regionale. «La Casta cambia le regole del gioco l’ultimo giorno utile – affermano i parlamentari Francesco Molinari e Sebastiano Barbanti –, con uno sprint finale che non si era mai visto tra i banchi dell’aula. E corre ai ripari rispetto al “pericolo” Movimento 5 Stelle con questo obbrobrio normativo approvato da un consiglio regionale decaduto, che avrebbe dovuto prendere atto della fine della consiliatura e ratificare le dimissioni di un presidente di Regione condannato a sei anni di reclusione per reati commessi quando era ancora sindaco di Reggio Calabria. Come Movimento 5 Stelle promuoveremo un ricorso di incostituzionalità al fine di ristabilire le regole del gioco democratico. Nonostante i loro maldestri tentativi siamo certi che i cittadini riusciranno comunque ad entrare a Palazzo Campanella». Ancora più duro il commento del resto dei parlamentari calabresi pentastellati: «La nuova legge elettorale – sostengono Parentela, Nesci, Dieni e Morra – favorisce gli accordi tra politica e ‘ndrangheta, che muove migliaia di consensi, dentro la regione e fuori».
Ma a pesare sulla validità della nuova legge elettorale è soprattutto il parere espresso dall’ufficio legislativo di Palazzo Campanella. Riguardo alle soglie di sbarramento, gli esperti del consiglio regionale fanno notare che per essere considerate legittime «dovrebbero garantire il contemperamento tra l’esigenza di stabilità di governo, evitando l’eccessiva frammentazione politica, e quella di escludere dalla rappresentanza una significativa quota di elettori». Analoghi dubbi vengono sollevati riguardo «all’innalzamento della percentuale dal 55% al 60% nell’ambito dell’assegnazione dei seggi con il criterio maggioritario». In buona sostanza, ci si riferisce ai 6 consiglieri – sui 30 che saranno eletti a partire dalla prossima legislatura – che saranno eletti con il cosiddetto premio di maggioranza. Il quadro di incertezza non muta nemmeno rispetto alla riduzione delle circoscrizioni da cinque a tre – Cosenza, Catanzaro-Crotone-Vibo, Reggio Calabria –, «che potrebbe porsi in contrasto – sempre secondo quanto scrivono i responsabili dell’ufficio legislativo di Palazzo Campanella – con i princìpi dettati dal complessivo quadro ordinamentale a mente del quale le circoscrizioni corrispondono alle rispettive province, che devono avere garantita la rappresentanza in Consiglio». La palla adesso passa al governo che dovrà esaminare la legge e decidere se sollevare ricorso per incostituzionalità davanti alla Consulta ovvero deliberare per la non impugnativa, ritenendo il testo conforme ai dettami della Costituzione.
LA DOPPIA PREFERENZA DI GENERE Tutti coloro che nel corso degli ultimi mesi si sono battuti per facilitare l’accesso delle donne nell’Astronave calabrese, possono mettersi l’anima in pace. Nemmeno nella nuova legge è stata introdotta la doppia preferenza di genere. Nella seduta di ieri sono cadute le resistenze di chi – vedi Gabriella Albano e Tilde Minasi – aveva presentato un emendamento che andava in questa direzione. Per la verità, non sono state le sole ad averci provato. Lo avevano fatto anche i rappresentanti del Pd (primo firmatario Naccari Carlizzi) e gli altri gruppi di minoranza con un emendamento – bocciato dall’Aula – che prevedeva la possibilità per l’elettore di esprimere due preferenze, di cui una da esprimere in favore di un candidato di genere maschile e l’altra a un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza. L’unico risultato ottenuto al termine della maratona di ieri è soltanto un’eredità della vecchia legge elettorale, che stabilisce l’obbligo di iscrivere candidati di entrambi i sessi nelle varie liste elettorali.
IL PERCORSO VERSO IL VOTO Ora che il consiglio regionale ha preso atto delle dimissioni volontarie del presidente della giunta, la legislatura può dirsi conclusa. E ciò nonostante l’assemblea di Palazzo Campanella tornerà nei prossimi giorni a riunirsi per l’approvazione dell’assestamento di Bilancio. Toccherà al prefetto di Catanzaro, Raffaele Cannizzaro, convocare entro 90 giorni dalla presa d’atto delle dimissioni di Scopelliti, i comizi elettorali e indire nuove elezioni. L’arco temporale entro cui la Calabria andrà al voto dovrebbe essere compreso tra il 26 ottobre e il 16 novembre. Si capisce bene, dunque, come nei partiti siano giorni di grosse fibrillazioni. A tenere banco è la possibilità per centrodestra e centrosinistra di arrivare a scegliere i rispettivi candidati a governatore attraverso le primarie. La Regione, nel 2009, ha approvato una legge per regolamentare l’utilizzo di questo strumento. Se c’è l’accordo tra le coalizioni, le primarie potrebbero essere celebrate nello stesso giorno. Sarebbero coinvolti tutti i Comuni, chiamati a garantire, così come avviene per gli turni elettorali, il supporto logistico e organizzativo. I costi sarebbero a carico della Regione, che ha stanziato un fondo ad hoc di 600mila euro. Le «elezioni primarie» sono indette con decreto del presidente della giunta – nel caso calabrese con decreto del vicepresidente facente funzioni Antonella Stasi –, pubblicato sul Bollettino ufficiale e possono essere celebrate non oltre il decimo giorno antecedente la scadenza del termine per la presentazione delle candidature.
GLI ASPIRANTI GOVERNATORI Col passare dei giorni cresce il numero di coloro che vorrebbero raccogliere il testimone lasciato da Peppe Scopelliti. Nel Pd ci sono già due candidati ufficiali: Mario Oliverio e Demetrio Naccari Carlizzi. Un terzo – Mario Maiolo – è pronto a gettarsi nella mischia. Senza dimenticare il vendoliano Gianni Speranza. Tuttavia ogni ragionamento fin qui portato avanti potrebbe essere spazzato via se Matteo Renzi decidesse di bypassare le primarie, favorendo la candidatura – per come spiegato da lui stesso nel corso della sua visita a Reggio Calabria – di una figura «autorevole e in grado di mettere tutti d’accordo».
Nel centrodestra, invece, si gioca a carte coperte ma si parla sempre più insistentemente di una discesa in campo di Gianpaolo Chiappetta (Ncd). In Forza Italia sono tanti i potenziali candidati. Wanda Ferro, in primis. Ma la scalata a Palazzo Alemanni potrebbero tentarla anche Giacomo Mancini, Pino Galati e Jole Santelli.
Antonio Ricchio
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