REGGIO CALABRIA Una galassia di scatole cinesi legate agli investimenti più diversi, che coinvolgerebbero anche «il ministro Scajola, che avevo appreso essere interessato nella sua veste governativa». È questo l’abisso nascosto dietro la patinata esistenza monegasca dei Matacena in cui si stanno facendo strada, anche grazie alle rivelazioni di Maria Grazia Fiordelisi, il pm Giuseppe Lombardo e il sostituto della Dna, Francesco Curcio. Un universo composito, complesso, in cui società si intrecciano, si fagocitano, si comprano e rivendono con un unico intento: generare quindi occultare fiumi di denaro, nascosti grazie a raffinatissime operazioni finanziarie triangolate su diversi paradisi fiscali sparsi per il globo. Un universo in cui gli inquirenti iniziano a mettere ordine. A partire dalla vera e propria cassaforte dei Matacena.
LA SCORPIO TECHNOLOGIES «In relazione a Scorpio Technologies Inc (gestita dalla Cofimo) – mette a verbale di fronte agli inquirenti Maria Grazia Fiordelisi – intendo precisare che a mio parere è la reale capogruppo della galassia imprenditoriale facente capo a Rizzo Chiara: la stessa ha sede nell’Isola di Nevis, in cui è operante lo studio di consulenza Carabean Trust Management da me individuato tramite internet che si occupava delle relative vicende contabili». È nella Scorpio che vengono progressivamente trasferite quote e utili generate dall’universo di società aperte e chiuse dal gruppo Matacena, spesso – testimonia la documentazione sequestrata – per ordine della stessa Chiara Rizzo, divenuta nel tempo anche ufficialmente l’unico “director”. A confermarlo è la stessa Fiordelisi che spiega «la Scorpio in un primo momento era amministrata da George De Reuters, successivamente è stata amministrata direttamente da Rizzo Chiara». Attorno alla Scorpio nasce e muore una serie infinita di società, a vario titolo e in varia misura a loro volta presenti nella compagine sociale di quella che – almeno ufficialmente – sono la società madre dei Matacena, la Solemar e la Amadeus, come la Jujube o con questa in relazione come la lussemburghese Seafuture, il salvadenaio numero 1 dei coniugi, dove – secondo la Procura – venivano fatti confluire «gli utili provenienti dalle attività imprenditoriali svolte e dall’incremento di valore delle rispettive aziende per effetto del reinvestimento in diversificati ambiti imprenditoriali ad alta redditività di parte degli utili predetti». Altre società – su cui oggi le indagini sembrano puntare – sembrano, almeno allo stato, almeno formalmente estranee alla galassia della Solemar e della Amadeus, ma in parte relazionabili con la Ulisse shipping, ugualmente riconducibili al gruppo Matacena e ugualmente affette dalla medesima gestione creativa. È il caso della Seahorse, A&A e Morning Breeze , tutte società con sedi e ragioni sociali distinte che nel tempo si sono fagocitate l’un l’altra e avvicendate l’un l’altra nella gestione degli affari. «La Seahorse – spiega la Fiordelisi – deteneva tramite la società fiduciaria di Milano Sirefid le quote A&A S.r.l., la quale dopo la cessazione della Seahorse risultava detenuta da Morning Breeze in Lussemburgo e dalla Sirefid in Italia, per il mancato completamento della procedura di chiusura da parte di Sirefid».
LA CORTINA DI FUMO BANCARIA Per gli inquirenti «attraverso un collaudato modus operandi caratterizzato da molteplici trasformazioni societarie, cessione di quote, avvicendamenti negli incarichi sociali e contrazione di mutui senza specifiche causali» i Matacena sarebbero riusciti a far transitare milioni, la cui origine e natura è ancora tutta da definire. Sul punto, dice non a caso la Fiordelisi: «Sul conto corrente acceso presso una banca delle Seychelles vi erano nella disponibilità della Rizzo circa 1 milione di dollari: qualche mese fa è stata predisposta una dichiarazione, destinata alla Cmb di Montecarlo, al fine di giustificare la provenienza delle somme da trasferire sul conto presso tale ultima banca da destinare alle spese correnti della Rizzo. Tale dichiarazione era stata chiesta alla Rizzo al fine di giustificare, per quello che ho capito, la legittima provenienza di tali somme. Il referente della Rizzo in CMB è stato sempre Alessandro Oliveri». Una banca che risiede oltreconfine la Compagnie Monegasque de Banque, ma molto italiana. Nata nel 1976 su iniziativa della Banca Commerciale Italiana e di altri partner internazionali, a partire dal 1996 – anche a seguito del rilievo delle filiali monegasche della Comit– la Cmb è oggi interamente controllata da Mediobanca – controllata in larga parte da Mediolanum e Unicredit – che è entrata nella compagine azionaria nel 1989 e ne ha acquistato il controllo nel 2004 fino al salire al 100%. Ma questo non è l’unico istituto bancario con cui il gruppo Matacena fosse in rapporti. Molte delle operazioni sono state curate anche dalla Marfin Egnatia Bank, sussidiaria della Banca popolare di Cipro, paese attraverso il quale, curiosamente, erano transitati anche i fondi neri della Lega pizzicati nel filone madre dell’indagine Breakfast. E la banca cipriota, si mostrerà generosa con i Matacena. Non solo erogherà in favore della Amadeus un mutuo da 3,5 milioni di dollari, ma arriverà – rivela la segretaria – a proporre alla madre dell’ex parlamentare di Forza Italia e per la Fiordelisi vera finanziatrice del gruppo, Raffaella De Carolis «un terzo contratto di mutuo che doveva servire a risolvere la situazione di insolvenza relativa ai primi due. Tale terzo contratto non è poi stato stipulato». A cosa servissero tutti questi soldi – al momento – non è dato sapere. Ma di certo, dalle carte sequestrate iniziano ad emergere nuovi particolari sul network e gli affari dei Matacena. A partire da quei “finanziamenti internazionali” – così li definisce la segretaria – che avrebbero dovuto risollevare la holding dei coniugi quando ha iniziato a perdere colpi. A quanto pare, non solo per problemi strettamente finanziari: «La signora Rizzo non mi ha mai detto che i problemi con la Cmb fossero legati al permesso di soggiorno in scadenza: mi disse invece che i problemi erano legati alla situazione processuale del marito». Una condanna e un eventuale sequestro dei beni – lasciano intendere gli inquirenti – avrebbe fatto venir meno l’affidabilità di Matacena, probabilmente divenuto anche per la Cmb un creditore a rischio. Ed è probabilmente per questo che, nel rispondere a una domanda degli inquirenti la Fiordelisi spiega: «Quando la situazione patrimoniale stava precipitando in via definitiva, la Rizzo ed il Matacena pensarono di ricorrere a finanziamenti internazionali privati legati ad investimenti stranieri da effettuare nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in campo energetico». Un capitolo estremamente interessante, e non solo perché chiamerebbe in causa il ruolo governativo di Scajola. Ma soprattutto perché – si lascia sfuggire la segretaria – anche allo stesso Matacena sfuggivano forse i confini del network all’interno del quale operava. Non a caso, la Fiordelisi confessa: In relazione a tali investimenti posso precisare che quando parlai del ruolo del Ministro Scajola, che avevo appreso essere interessato nella sua veste governativa, registrai la reazione del Matacena che mi sembrò sorpreso: «Non posso essere certa che lo fosse, ma questa è stata la mia sensazione».
LE CENTRALI IN ALBANIA E su quegli investimenti – i più diversi e delle più diversa natura – molto sembrano avere da dire le carte sequestrate in casa della segretaria. Sono ad esempio le cartelle contenute in una semplice busta a svelare che sarebbe stata Maria Teresa Scajola a fornire a Matacena informazioni riguardo il G.S.E. – Gestore dei servizi energetici – e la posizione dei paesi membri Ue e dell’Italia per lo sviluppo de
lle Energie rinnovabili nei paesi Balcani, Ucraina e Moldavia. «Nel carteggio – si legge nella nota della Dia – (..) vengono riportate notizie ed informazioni, verosimilmente di fonte ministero dello Sviluppo economico, inerenti lo sviluppo delle energie rinnovabili nei paesi Balcani. Nello specifico, Maria Teresa Scajona si sofferma sul ruolo dell’Italia per quel che riguarda l’elettricità prodotta nei Balcani, con particolare riguardo alla strategia energetica dell’area, che sarebbe stata adottata dai Ministri il successivo ottobre 2012. E’ stata anche rinvenuta documentazione intestata al Gse, concernente progetti comuni con Paesi non Ue». Informazioni che sembrano essere propedeutiche alla realizzazione di un progetto concreto. Nella medesima busta è infatti presente «una missiva datata 17.11.2012 corredata da alcune e-mail, diretta all’ingegnere Schiavoni Sergio – Imesa Spa, sottoscritta da Amadeo Matacena con la quale quest’ultimo invia un dischetto contenente il progetto per la realizzazione di una Centrale idroelettrica in Albania». Ma a confermare che quello albanese era per il network un orizzonte concreto è quanto rinvenuto dagli investigatori nel faldone 84. È qui che gli inquirenti hanno rinvenuto una scrittura del 17 gennaio 2013 stipulata tra Amedeo Matacena, la Osj Knights Of Malta Foundation – I Cavalieri di Malta – e la Morning Breeze Sgps Lda – una delle società della galassia Matacena – concernente la realizzazione di una centrale idroelettrica in Albania della potenza di circa 20 MW da parte della società albanese concessionaria Hec Gomsiqe Sh.p.k. Dall’atto, si rileva che la Osj Knights Of Malta Foundation si impegnava a reperire il finanziamento necessario per la realizzazione del progetto , vincolando contestualmente Matacena a far sì che la concessionaria albanese cedesse il 35% delle azioni o quote del capitale sociale ai Cavalieri di Malta e il 44, 5% alla Morning Breeze. Un affare in cui, secondo la Fiordelisi, sarebbero stati coinvolti anche alcuni legali reggini. «La Rizzo e il Matacena – spiega infatti la donna -portavano avanti anche un progetto di centrali idroelettriche in Albania con l’avvozato Rossi, l’architetto Ettore Tarsitani, con il cugino di questi Gaetano Tarsitani e con Giulio Dall’Olio che si occupava dei finanziamenti. Ricordo di aver effettuato una serie di bonifici di basso importo per pagare lo studio Talin o Talis che aveva sede in Albania e si occupava di predisporre i business plan».
L’EOLICO IN LIGURIA Nella medesima busta gli investigatori hanno rinvenuto infatti i documenti relativi al progetto Freesun Per l’industria 2015 per la Liguria, concernente la realizzazione di impianti eolici, fotovoltaici e mini idroelettrico. A suscitare l’interesse dei segugi della Dia è stata in particolare una mail, inviata proprio mentre era in corso di definizione la graduatoria per i progetti presentati a Industria 2015 per la Liguria da Cesare Fera, presidente della Fabbriche Energie rinnovabili alternative srl a Alberto Acierno, che a sua volta la girerà a Matacena, il cui testo recita: «Hai più avuto feedback da scaio?».
E PREFABBRICATI PER L’EUROPA DELL’EST Ma quello delle centrali elettriche non è l’unico investimento che il gruppo stesse meditando. Nella medesima busta sono presenti infatti un appunto di cinque pagine, relativo al valore di perizia di 18 resort/hotel appartenenti alla catena “Una hotel”, come pure una nota sugli alloggi sociali in Costa D’Avorio ed informazioni varie sui vantaggi offerti dallo Stato Africano per i progetti immobiliari. Ma soprattutto c’è tutto il materiale che riguarda i rapporti con la Tecnofin e la Itacoprecast, in larga parte controllata da uno dei soci della prima. Due società note e soprattutto per quanto riguarda la Tecnofin, dai trascorsi chiacchierati se è vero che tra i soci figurano gli immobiliaristi Gabriele Sabatini, coinvolto nell’affaire della Cascinazza di Monza (indagati anche Paolo Romani e lo stesso Paolo Berlusconi) e nella storia della presunta tangente al leghista Davide Boni, ex presidente del Consiglio regionale lombardo, e Massimo Dal Lago, fratello di Alberto, ex amministratore delegato della Torno, immobiliare fallita dopo essere uscita malconcia dalla bufera Tangentopoli. Insieme nella Tecnofin, finiranno al centro di un nuovo discusso affare relativo alla realizzazione di due maxi- commesse per la costruzione di new town prefabbricate in Russia. Un affare che – almeno stando alle carte rinvenute nelle cartelle – potrebbe riguardare da vicino anche Matacena. «Nella medesima cartella – si legge nell’informativa della Dia – sono state rinvenute diverse missive (anno 2012 e 2013) a firma di Amedeo Matacena, dirette all’amministratore della Tecnofin srl, Gabriele Sabatini, con cui viene chiesto il rimborso delle spese e dei viaggi sostenuti in relazione allo sviluppo del progetto Itacoprecast. In merito si evidenzia che è stato rivenuto un contratto di consulenza professionale stipulato in data 01.08.2012 tra la Tecnofin srl e Matacena Amedeo con il quale la Tecnofin Srl affida a Matacena Amedeo l’incarico di consulenza professionale consistente nel rappresentare la Tecnofin srl nella gestione dei rapporti con le istituzioni pubbliche, gli enti e le aziende private, su tutto il territorio nazionale, cinese, brasiliano, libico, iracheno e indiano, per lo sviluppo e la realizzazione di impianti di produzione di strutture abitative prefabbricate secondo le indicazioni fornite dalla società». E con la medesima società – rivela la segretaria – anche la Rizzo avrebbe avuto un contratto di consulenza. Tutto da chiarire è infine il motivo per cui – secondo quanto annotano gli investigatori – «all’interno della stessa cartella è stato rinvenuto un appunto manoscritto riportante il nominativo di Vincenzo con i recapiti telefonici e l’indirizzo di posta elettronica».
OBIETTIVO BIELORUSSIA Ma stando alla documentazione rinvenuta i Matacena meditavano di investire anche in Bielorussia. Questo fanno pensare le carte relative all’impresa Franco Giuseppe srl rinvenute dai segugi della Dia nella medesima busta. Fra i documenti non ci sono solo un opuscolo illustrativo dell’impresa e un elenco dei lavori effettuati, insieme ad una lettera di referenze della Banca popolare del Mezzogiorno, ma soprattutto un documento di presentazione del Consorzio stabile grandi opere con sede a Roma nonché una lettera di referenze della Banca di sconto e conti correnti di Santa Maria Capua Vetere, a favore del citato Consorzio stabile grandi opere. Tutti nomi, contatti e relazioni su cui adesso i pm vogliono approfondire.
a.c.
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