REGGIO CALABRIA Nessuno sconto di pena per gli assassini di Luigi Rende, la guardia giurata uccisa nel corso di un tentativo di rapina, avvenuto nell’agosto del 2007 in un ufficio postale della periferia sud di Reggio Calabria. La Cassazione ha infatti confermato l’ergastolo per Giovanbattista e Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e Marco Marino, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dai rispettivi legali, che nei mesi scorsi hanno chiesto ai supremi giudici di pronunciarsi riguardo la quantificazione della pena inflitta ai propri assistiti, tutti giudicati con rito abbreviato dunque non punibili con l’ergastolo. Un’interpretazione del codice non condivisa dalla Suprema Corte, che a carico dei quattro – condannati non solo per l’omicidio della guardia giurata, ma anche per rapina, detenzione illegale di armi e ricettazione delle stesse – ha confermato il carcere a vita. Dopo un iter travagliato, si conclude dunque definitivamente il procedimento a carico degli uomini del commando, che ha tentato l’assalto al furgone portavalori che la mattina del 1 agosto 2007 stava rifornendo di contante gli uffici postali della zona sud della città. Ed era carico. Quella di via Ecce Homo, dove i rapinatori sono entrati in azione, sarebbe stata infatti solo una delle prime tappe di un lungo giro che avrebbe portato gli uomini della Sicurtransport a rifornire di liquidi dagli uffici postali della periferia cittadina ai centri dell’hinterland jonico. Il commando lo sapeva, per settimane aveva studiato il colpo, il numero di uomini dell’equipaggio, i percorsi da seguire durante la fuga. Quello che non avevano previsto era la reazione delle guardie giurate, né lo scontro a fuoco che sarebbe seguito a quell’imprevista reazione. In quattro rimangono feriti, ma per Luigi Rende quella sparatoria si rivelerà fatale. Immediatamente individuati dalle forze dell’ordine, per Giovanbattista e Santo Familiari, Giuseppe Papalia, Francesco Gullì e Marco Marino scattano subito le manette, mentre devono passare alcuni mesi perché gli investigatori individuino e fermino altri due componenti della banda Carmine Macrì e Vincenzo Violi. Sebbene in procedimenti diversi, oggi per tutti c’è una sentenza definitiva che – fatta eccezione per Domenico Antonio Papalia, punito con vent’anni di carcere – li condanna al carcere a vita.
Alessia Candito
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